Giudizio lapidario della Commissione parlamentare di sorveglianza nel Rapporto d’attività 2021/2022: ‘La Sezione femminile alla Stampa arrivi presto’
"Sette mesi sono stati come dieci anni, davvero difficili". "Le donne in Ticino non hanno niente". E ancora: "Alla Farera con un bambino piccolo, è un disastro; anche nell’ora d’aria con il passeggino nello spazio all’ultimo piano si hanno le sbarre sopra la testa". Come se non bastasse: "Deprimente alla Farera, anche per il passeggio esci ma vedi solo muri grigi e sbarre e non ti riprendi; stavo impazzendo". Sono testimonianze pesanti quelle raccolte dalla Commissione parlamentare di sorveglianza sulle condizioni di detenzione dopo aver incontrato alcune detenute alla Farera, a dimostrazione "di quanto la detenzione per periodi prolungati risulti traumatizzante".
È un rapporto di attività (maggio 2021-2022) che ha al centro la questione femminile nelle carceri quello della commissione competente. Un rapporto nel quale si legge che "negli scorsi anni la presenza femminile alla Farera è divenuta sempre più numerosa. Nell’ultimo anno sono state in media 15-16, con una punta di 26 detenute toccata nelle ultime settimane, senza contare quelle che hanno dovuto trasferirsi in penitenziari d’Oltre Gottardo (a La Tuilière, Vaud, e a Hindelbank, Berna).
Al di là dei numeri, per la commissione presieduta da Luca Pagani (Ppd) il punto centrale è uno: "In Ticino, come ripetutamente evidenziato in precedenti Rapporti commissionali, le detenute donne risultano discriminate rispetto ai detenuti uomini per quanto riguarda l’esecuzione della pena. È noto – viene messo nero su bianco ancora una volta – che a causa della mancanza di una Sezione femminile alla Stampa, le donne sono detenute nel Carcere giudiziario della Farera, anche quando sono sottoposte a regime ordinario di esecuzione pena, che tuttavia di ordinario ha ben poco".
E i problemi non sono pochi. A partire dal fatto che "anziché poter uscire dalle celle durante il giorno per il lavoro o per trascorrere tempo all’aria aperta o in spazi comuni, le detenute sono spesso costrette a rimanere chiuse in cella 22 ore al giorno, a eccezione dei casi in cui viene loro offerta la possibilità di seguire dei corsi per qualche ora alla settimana, cosa che si traduce anche in minori possibilità di risocializzazione e in percorsi di recupero più difficili". Addirittura, scrive la Commissione, "anche durante l’ora d’aria il cielo può essere da loro visto solo attraverso le sbarre, mancando uno spazio veramente aperto verso l’alto e con un minimo di verde, come è invece il caso alla Stampa o in altre carceri di esecuzione pena". Il giudizio è lapidario: "Si tratta di una situazione che la Commissione ritiene inaccettabile".
Una speranza viene dal futuro, perché "abbiamo preso atto con favore della volontà del Dipartimento istituzioni di riaprire una Sezione femminile alla Stampa, all’interno della quale sarà prevista anche una speciale cella madre-bambino, con le medesime possibilità per le detenute di lavoro, formazione e tempo libero come per i detenuti". L’auspicio "è che la nuova Sezione possa essere resa operativa nei tempi più brevi possibile". A ogni modo, nell’attesa, "devono essere adottate senza indugio misure per mitigare la durezza della detenzione femminile alla Farera (...) valutando la possibilità di tenere le celle aperte per periodi prolungati durante la giornata e organizzando il passeggio anche al di fuori dello spazio attualmente utilizzato all’ultimo piano, peraltro munito di sbarre anche verso il cielo". Inoltre, la speranza della Commissione è che "vengano adottati provvedimenti organizzativi affinché le due ore d’aria giornaliere non debbano essere necessariamente usufruite in un’unica soluzione, ma possano essere spezzettate ad esempio la mattina e il pomeriggio".
Il rapporto sarà discusso nella seduta di Gran Consiglio che si inaugurerà lunedì 20 giugno.
Era il 25 gennaio quando il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, in Gran Consiglio, comunicò che l’apertura della Sezione femminile alla Stampa era prevista "per l’autunno 2023". Un orizzonte temporale «confermato», dice il direttore delle Strutture carcerarie cantonali Stefano Laffranchini, interpellato dalla ‘Regione’. In Gran Consiglio Gobbi aveva stimato fra gli 800mila e i 900mila franchi i costi logistici, aggiungendo che i costi supplementari "verranno in gran parte assorbiti dal risparmio ottenuto dal non dover più pagare i posti cella oltre Gottardo" per le donne condannate a pene detentive di lunga durata. «Si sta allestendo il progetto di messaggio governativo con la richiesta di credito - riprende Laffranchini -. Una volta iniziati, i lavori dovrebbero concludersi nell’arco di sei mesi». Il nuovo ‘carcere’ femminile verrà ricavato nella Sezione D del Penitenziario cantonale. «Si calcola - spiega il direttore dell’apparato carcerario - dalle dieci alle quindici celle singole, compresa una per mamma e bambino». Prossimamente intanto verrà pubblicato il bando di concorso per l’assunzione di nuovi agenti di custodia per le strutture detentive.