Ticino

Eoc, i conti tornano. E pure il sogno di Ospedale universitario

Presentato il rapporto annuale 2021 dell’Ente ospedaliero cantonale, uscito dalle cifre rosse. Sguardo rivolto al futuro con ottimismo e progettualità

(Ti-Press)
9 maggio 2022
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«Dopo due anni che hanno portato una grande stanchezza tra la popolazione e il personale, ora il nostro ruolo di timonieri dell’azienda è anche quello di dare una spinta nuova e provare a realizzare per la Città Ticino un grande sogno». Guarda con fiducia al futuro il presidente del Consiglio di amministrazione dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) Paolo Sanvido, e lo fa con gli occhi puntati verso un ambizioso obiettivo: la realizzazione di un Ospedale universitario cantonale multisito. Nel presentare il rapporto annuale del 2021, Sanvido ha ripercorso le tappe che hanno contraddistinto la gestione della pandemia adeguata in corso d’opera: «Siamo partiti da una risposta centralizzata in un solo ospedale a Locarno per poi passare nella seconda ondata a una gestione suddivisa tra ospedali regionali. Nell’eventualità di una ripresa del virus è previsto un ulteriore cambiamento, con una risposta per reparti. Speriamo non serva, ma siamo comunque pronti». Come detto, al futuro si guarda però soprattutto con progettualità, in modo da «dare sempre più al paziente le risposte e le cure di cui necessita». I presupposti per Sanvido sono tutti dati: «Abbiamo le capacità cliniche che sono la risorsa principale della nostra azione di presa a carico, e che sommate in maniera sinergica alla tecnologia e al rapporto con l’università ci fanno ben sperare che nei prossimi anni questo cantiere potrà iniziare a lavorare seriamente per realizzare un progetto innovativo». Progetto da affrontare comunque «con umiltà e con i passi e i tempi giusti», ma anche trainati da una forte motivazione: «La creazione della Facoltà di scienze biomediche ci sta dando grandissime soddisfazioni e una spinta interna molto forte per andare avanti». E questo sempre nel solco di «rispetto, fiducia e responsabilità, che sono le tre parole chiave della nostra azione quotidiana».

Ricadute positive anche per l’economia ticinese

Il 2021 è stato contraddistinto dalla nuova impronta conferita a partire dal mese di luglio dal direttore generale Glauco Martinetti, il quale ha deciso che a coadiuvarlo sono anche i direttori degli ospedali. «Quanto realizzato è il frutto di un grande lavoro di condivisione» ha detto Martinetti, mettendo poi l’accento su alcuni aspetti che caratterizzano la forza della sanità pubblica: «Come Eoc siamo presenti su tutto il territorio cantonale, da Faido a Mendrisio, grazie a 11 siti. Questo però non vuol dire fare tutto dappertutto. Il nostro modello è sempre più orientato verso una medicina acuta di tipo capillare e una medicina altamente specialistica concentrata in un solo punto, come ad esempio il Cardiocentro o lo Iosi». Il tutto in favore di un’accresciuta qualità, ha spiegato Martinetti, toccando anche l’aspetto dell’adeguamento ai bisogni dei pazienti che mutano: «Abbiamo appena inaugurato a Mendrisio la nuova ala con i Reparti acuti di minore intensità (Rami), e aperto dei servizi trasversali, come quello di Ortopedia e traumatologia». Una messa in rete e dei progetti che comportano importanti investimenti, con ricadute dirette all’interno del territorio: «Nel solo 2021 abbiamo ridato al Ticino oltre 600 milioni di franchi tra salari, acquisti, investimenti (72 centesimi rimessi nell’economia per ogni franco di ricavo). Senza contare che siamo il secondo datore di lavoro più importante del cantone per numero di contratti».

E sull’esercizio 2021 «nuovamente nelle cifre nere» ha fatto una panoramica Doris Giulieri, responsabile delle finanze Eoc. Alla voce ricavi si contano 845 milioni di franchi, cresciuti di oltre il 16% rispetto al 2020. L’utile è invece stato di 2,7 milioni, a fronte di un 2020 chiuso con una perdita di 55 milioni. «Questo utile è stato generato dopo lo scioglimento del nostro fondo di ammortamento e dopo aver ricevuto dal Cantone 12 milioni per il rimborso dei costi Covid del 2020 – ha illustrato Giulieri –. Ancora in discussione per contro è la questione della copertura dei mancati ricavi». Tra i dati significativi annunciati anche i 39mila pazienti stazionari curati (+10% rispetto all’anno precedente) e i 622mila consulti ambulatoriali (+19%).

Mantenere la persona al centro

Sono invece circa 6’500 le persone impiegate presso l’Eoc, come ha voluto mettere in luce Monica Ghielmetti Gianazza, capoarea risorse umane. «Anche nel 2021 abbiamo cercato con forza di realizzare il nostro credo e mettere le persone al centro». Come? In particolare con il rinnovo del Contratto collettivo Roc per tutto il personale non medico. «Per valorizzare maggiormente l’opera dei nostri collaboratori sono stati rivisti i livelli salariali e abbiamo ulteriormente investito sulla conciliabilità vita-lavoro agendo sui congedi maternità e paternità e aumentando le vacanze», ha osservato Ghielmetti Gianazza, spiegando che è pure in fase di elaborazione un Piano di azione sulla parità tra i sessi, «fondamentale in particolare in un’organizzazione come la nostra composta da quasi il 70% di personale femminile». Dal canto suo la responsabile area infermieristica Annette Biegger ha messo in evidenza l’importanza della formazione: «In futuro avremo bisogno di sempre più curanti perché la popolazione sta invecchiando. Come Eoc abbiamo formato 657 allievi e studenti e 81 apprendisti». Non è però solo con la formazione che si assicura il futuro del settore e della popolazione, per Biegger è necessario anche trattenere il personale curante nella propria funzione: «Sappiamo che nell’infermieristico quasi il 40% lascia precocemente la professione. Un primo passo lo abbiamo fatto introducendo le nuove misure di conciliazione tra vita privata e lavoro». Luca Merlini, direttore dell’Ospedale regionale di Locarno, ha voluto dedicare il proprio intervento a come l’Eoc negli anni abbia imparato a essere «permeabile, lavorando con i medici di famiglia, i farmacisti, i centri di fisioterapia e altri istituti a valle. In particolar modo il dramma della pandemia ci ha insegnato a costruire una comunità e a creare un’osmosi che non vogliamo perdere, pena il rischio di diventare una fabbrica che cura solo patologie e organi anziché le persone».