Al Cpt di Bellinzona ha preso il via un progetto di sede per sensibilizzare gli studenti sul tema, che per l‘Associazione Armònia ‘ha tante sfaccettature’
La forza dei numeri, perché confrontarci con essi ci permette di prendere coscienza di fenomeni nascosti. «Noi giovani pensiamo che la violenza domestica non esista. E invece, a guardare le statistiche ci si accorge del contrario». La sintesi è nelle parole di Giacomo, allievo del Centro professionale tecnico di Bellinzona (Cpt), che ha avuto modo di partecipare alla giornata d’inaugurazione del progetto di sede sulla violenza domestica. Un progetto, partito l’altro ieri e che si concluderà il 14 aprile, organizzato dai docenti mediatori del Cpt in collaborazione con il Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs), la Divisione della giustizia (Dipartimento istituzioni), la Polizia cantonale e numerose associazioni attive nel settore della violenza domestica: s’inserisce nell’ottica della sensibilizzazione sul fenomeno voluta dal Consiglio di Stato.
«È lodevole che la scuola abbia scelto il tema della violenza domestica», dice Siva Steiner, capo dell’Ufficio dell’assistenza riabilitativa e relatore del progetto. Che aggiunge come «il tema sia oggetto di preoccupazione per tutti noi».
A testimonianza di ciò, la volontà dei docenti mediatori del Cpt di proporre una serie di conferenze, dibattiti e opere teatrali sul tema. Docenti che, spiega a ‘laRegione’ l’aggiunta alla direttrice della Divisione della giustizia Monica Bucci, «essendo al corrente del nostro ruolo istituzionale, ci hanno contattati per uno scambio di idee, un confronto sulle modalità del progetto. Dalla discussione sono nati degli spunti interessanti che hanno permesso di dargli una visione d’insieme. In tal senso – dice ancora Bucci –, abbiamo potuto fornire gli elementi mancanti, come la presa a carico degli autori di violenza domestica».
Sara Grignola, della Divisione della formazione professionale, dal canto suo ricorda che «è importante sottolineare come i docenti mediatori abbiano svolto il grosso del lavoro e stiamo valutando di esportare il progetto anche in altre sedi scolastiche. Sarà importante adattare il progetto alla realtà dei singoli istituti».
Durante la prima giornata gli allievi del Cpt hanno assistito a diverse conferenze, nelle quali sono stati introdotti alcuni concetti chiave. Una testimonianza viene da Giorgia, dell’associazione Armònia, secondo la quale «si tende a pensare che sia soltanto la violenza fisica a rappresentare un pericolo per l’individuo e la società. Ma non è così. Esistono molte forme di violenza domestica, le quali si intrecciano e coesistono spesso e volentieri tra di loro, creando un misto di atteggiamenti, azioni ed emozioni che portano inesorabilmente a situazioni violente».
Giorgia rileva anche che «la violenza psicologica, che consiste nell’instillare un sentimento di paura al fine di ridurre il sentimento di libertà e di potere delle vittime, può avere gravi ripercussioni. La violenza sociale e la violenza economica, che scaturiscono dalla violenza psicologica, sono altrettanto subdole». Perché «la prima comporta la limitazione della vita sociale e l’isolamento della persona; la seconda, quella delle risorse economiche, e quindi dell’autonomia personale della vittima». La violenza sessuale invece «implica l’imposizione di qualsiasi atto sessuale contro la volontà dell’altro. Tutte queste forme di violenza vengono categorizzate in quanto violenza domestica nel caso in cui si verificano all’interno del nucleo familiare e abitativo o tra partner attuali e del passato».
Nella seconda giornata, che ha avuto luogo ieri, il Servizio per l’aiuto alle vittime di reati ha proposto un’attività più interattiva, chiedendo agli allievi di dividersi in gruppi e di confrontarsi su domande quali "insultare il proprio partner può essere considerato violento?". Oppure: "Ho il diritto di esigere dal mio partner che usi un contraccettivo?" O ancora: "Ho il diritto di controllare il telefono del mio partner?". Domande che hanno portato a generare veri e propri dibattiti e confronti tra i ragazzi.
Alla fine di questi due primi giorni del progetto – che proseguirà fino al 14 – il bilancio può considerarsi buono, dal momento che molti allievi con cui abbiamo parlato ci hanno manifestato il loro interesse e l’importanza che danno al tema della violenza domestica. E di quanto sia fondamentale denunciare. Un ragazzo che ha partecipato a uno dei gruppi ha portato all’attenzione il fatto che molte vittime non trovino il coraggio di raccontare ad amici o alla polizia quando avvengono delle violenze: «Proprio per questo è importante discutere di questo genere di questioni per sensibilizzare le vittime».