Rocco Zullino, Alfonso Mattei ed Eduardo Tartaglia guardano al secondo grado di giudizio. La decisione dopo aver letto le motivazioni scritte del verdetto
Hanno tutti e tre annunciato appello. I tre sono Rocco Zullino, Alfonso Mattei ed Eduardo Tartaglia, condannati lo scorso mese al Tribunale penale federale per ripetuta amministrazione infedele qualificata, ripetuta truffa e ripetuta falsità in documenti. A Zullino la Corte penale presieduta dalla giudice Fiorenza Bergomi (a latere le colleghe Miriam Forni e Nathalie Zufferey) ha inflitto tre anni di detenzione, di cui uno da scontare; a Mattei 18 mesi sospesi con la condizionale (periodo di prova di due anni) e a una pena pecuniaria di 180 aliquote da 30 franchi l’una; a Tartaglia una pena pecuniaria di 240 aliquote giornaliere da 30 franchi l’uno, anche in questo caso sospesa per un periodo di prova di due anni. Per Tartaglia, un promotore finanziario napoletano giudicato in contumacia, l’unico capo d’imputazione era quello della ripetuta falsità in documenti. Il procuratore federale Stefano Herold aveva invece chiesto quattro anni di detenzione per Zullino, due anni e nove mesi per Mattei e un anno e otto mesi per Tartaglia. Le difese sollecitavano massicce riduzioni di pena: due anni al massimo, e al beneficio della sospensione condizionale, per Zullino; pena sospesa per Mattei; proscioglimento per Tartaglia.
Gli imputati si sono dunque riservati il diritto di impugnare il verdetto, una volta lette le motivazioni dello stesso, con l’inoltro di una dichiarazione scritta d’appello. Afferma, da noi interpellato l’avvocato Carlo Borradori, difensore di Zullino: «Siamo in attesa delle motivazioni scritte della sentenza, ma vista l’ampiezza e l’importanza della pena cui è stato condannato in primo grado il mio cliente, molto probabilmente confermeremo il ricorso in appello», ovvero alla Corte d’appello del Tribunale penale federale. Sono in attesa delle motivazioni, nero su bianco, del verdetto pronunciato dalla Corte penale del Tp anche Mattei e Tartaglia, patrocinati rispettivamente dagli avvocati Matteo Galante e Nadir Guglielmoni.
Sullo sfondo del verdetto di prima istanza emesso il 4 febbraio, fatti risalenti a un decennio fa. Quando nel febbraio del 2012, su segnalazione della Divisione investigativa antimafia (Dia) di Roma, il Ministero pubblico della Confederazione aprì un’inchiesta per riciclaggio di denaro nei confronti di Rocco Zullino all’epoca direttore, amministratore e azionista unico della RZ & Associés Sa, società che aveva ripreso all’inizio del 2011 le attività di Hottinger & Associés Sa. Quest’ultima entità era legata alla Bank Hottinger, nel frattempo fallita. Nel corso della lunga inchiesta emersero ipotesi di reati finanziari a carico dei tre, in particolare di Zullino e Alfonso Mattei, uno direttore della RZ Sa e l’altro dipendente di quest’ultima e a sua volta titolare di una società di gestione patrimoniale. Il procedimento svizzero aveva pure approfondito possibili legami con la criminalità organizzata in Italia, tuttavia successivamente scartati mediante abbandono del procedimento. I reati addebitati andavano dalla ripetuta amministrazione infedele qualificata, ripetuta truffa e ripetuta falsità in documenti.
I fatti contestati (alcuni intanto prescritti), come detto, risalgono a una decina di anni fa (tra il 2011 e il 2014). Dai giudici di primo grado, Zullino, all’epoca gestore patrimoniale esterno presso una società finanziaria, è stato riconosciuto colpevole di aver commesso diversi atti di amministrazione infedele in danno di suoi clienti, titolari di relazioni bancarie alla Banca Hottiger & Cie, nonché della stessa società presso la quale operava. In pratica, stando alla sentenza, avrebbe effettuato degli investimenti "contrari al mandato conferitogli dai clienti" e "sottaciuto loro l’incasso di retrocessioni". Mattei, sempre secondo la Corte presieduta dalla giudice Bergomi, avrebbe, in qualità di titolare di una società di gestione patrimoniale, abusato del proprio potere di rappresentanza nell’ambito di investimenti effettuati per conto di clienti di due istituti bancari, al fine di incassare delle retrocessioni pari a oltre 450 mila euro. Zullino e Mattei sono anche accusati di avere, "agendo singolarmente o in correità tra di loro, nel periodo tra ottobre 2010 e febbraio 2013, al fine di procacciare a sé e ad altri un indebito profitto, ingannato con astuzia i funzionari della banca Hottinger, inducendoli a eseguire ordini indebiti di bonifico dai conti di alcuni clienti per oltre 1,7 milioni di euro". A Tartaglia e Zullino, infine, viene rimproverato di avere, in correità tra di loro, "fatto uso di documenti falsi, al fine di mascherare delle malversazioni oggetto di un procedimento a loro carico in Italia".
Tra i clienti truffati (dieci i milioni di euro spariti) c’è anche il Fondo edifici di culto (Fec), ente dotato di personalità giuridica autonoma ma legalmente rappresentato dal ministro dell’Interno pro tempore. Il Ministero italiano dell’interno è patrocinato dall’avvocato Ivan Paparelli. Quest’ultima vicenda ha già visto celebrare due processi in Italia: uno a Roma e l’altro a Napoli che si sono conclusi entrambi con la condanna in primo grado di Zullino e Tartaglia per il reato di truffa. Proprio queste due sentenze risalenti al 21 giugno 2017 (Roma) e al 18 dicembre 2019 (Napoli) sono state usate dal Ministero pubblico della Confederazione come mezzi di prova per dimostrare il reato di truffa in Svizzera. Tartaglia e Zullino per queste vicende hanno patito carcerazione preventiva in Italia.