Violenza domestica, sì della commissione all’uso in Ticino del bracciale elettronico. Auspica però l’introduzione in futuro della sorveglianza attiva
Sì alla sorveglianza elettronica passiva, ma in prospettiva quella attiva è preferibile. La commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ dà luce verde alla modifica della legge cantonale proposta dal Consiglio di Stato affinché anche in Ticino sia possibile applicare il braccialetto elettronico allo stalker per verificare - ma a posteriori - se ha rispettato il divieto impostogli dall’autorità di accedere per esempio a una data area. Si tratta appunto della sorveglianza cosiddetta passiva o differita. Guardando al futuro (prossimo), la ‘Giustizia e diritti’ ritiene però che la sorveglianza elettronica attiva, in tempo reale, sia "molto più efficace" ai fini della sicurezza e della protezione di chi è bersaglio di minacce o molestie e soprattutto delle potenziali vittime di violenza domestica. Visto che il tema della sorveglianza attiva è anche oggetto di "approfondimento" sul piano cantonale da parte dei "servizi preposti" e su quello federale da parte della "Conferenza delle direttrice e dei direttori dei Dipartimenti cantonali di giustizia e polizia", la commissione invita quindi "caldamente" il Consiglio di Stato ad adoperarsi perché venga introdotta in Ticino, "così come richiesto anche dalla mozione" inoltrata nel novembre scorso dalla leghista Sabrina Aldi e dal popolare democratico Fiorenzo Dadò. È quanto si afferma nel rapporto stilato da Giorgio Galusero (Plr) e dallo stesso Fiorenzo Dadò.
Rapporto, firmato stamattina dalla commissione, con cui la ‘Giustizia e diritti’ chiede al plenum del parlamento di approvare il nuovo articolo, confezionato dal Consiglio di Stato, della legge cantonale di attuazione del Codice civile svizzero per consentire il ricorso alla sorveglianza passiva con bracciale elettronico/cavigliera elettronica nell’azione di contrasto allo stalking e alla violenza tra le pareti di casa, di cui bersaglio sono nella stragrande maggioranza dei casi le donne. L’impiego del bracciale/cavigliera a tale scopo è possibile in tutta la Svizzera dal 1. gennaio di quest’anno, con l’entrata in vigore della relativa disposizione del Codice civile (che è legge federale). «Il Consiglio di Stato - spiega, contattata dalla ‘Regione’, la responsabile della Divisione giustizia (Dipartimento istituzioni) Frida Andreotti - ha varato e messo in vigore temporaneamente, in attesa della decisione del Gran Consiglio, un decreto per implementare in Ticino la sorveglianza elettronica passiva. Sino ad oggi tuttavia ci risulta che nessun pretore abbia ordinato l’uso della speciale cavigliera. Ripeto, fino ad oggi». Attualmente, si ricorda nel messaggio licenziato dal governo nel novembre 2021 e al centro del rapporto di Dadò e Galusero, dietro istanza della vittima il giudice civile, nella fattispecie il pretore, "per evitare o far cessare una lesione illecita della personalità" può imporre alla persona potenzialmente pericolosa dei divieti, come quello "di avvicinarsi alla vittima" o "di mettersi in contatto con la stessa", oppure "di trattenersi in determinati luoghi". Da gennaio e sempre su richiesta della vittima il pretore o il pretore aggiunto può, qualora i divieti si rivelino inefficaci, ordinare allo stalker l’impiego del braccialetto elettronico, fornito dal Dipartimento istituzioni attraverso l’Ufficio dell’assistenza riabilitativa. L’impiego cioè "di un dispositivo di sorveglianza elettronica geolocalizzato" che rende possibile "la registrazione" degli spostamenti della persona che lo indossa e la verifica, a posteriori, del rispetto del o dei divieti. Coloro che trasgrediscono vengono sanzionati con una multa inflitta dal magistrato penale.
Registrazione dei movimenti e verifica a posteriori: ciò significa che in caso di grave e imminente pericolo la vittima deve, anche ora, allertare la polizia telefonando al 117. Secondo la commissione parlamentare, la sorveglianza elettronica attiva garantirebbe invece una tutela accresciuta delle potenziali vittime. Insomma, quella passiva non sarebbe sufficiente. Così la pensano fra gli altri i granconsiglieri Aldi e Dadò. I quali con una mozione depositata lo scorso autunno avanzano una duplice richiesta al Consiglio di Stato. La prima: compiere "tutti i passi necessari affinché si proceda il prima possibile con l’introduzione anche della sorveglianza attiva e in tempo reale tramite braccialetto elettronico". La seconda richiesta: "Indipendentemente dalla sorveglianza attiva dell’autore, avviare subito e senza attendere oltre, un progetto pilota per mettere a disposizione delle vittime un pulsante di allarme con dispositivo di tracciamento in tempo reale". Un pulsante per avvertire le forze dell’ordine non appena la vittima si accorge che l’aggressore ha violato il divieto di avvicinamento. A invocare la sorveglianza attiva è stato anche Galusero, con una mozione presentata per il gruppo Plr in Gran Consiglio nel settembre del 2017. Annotava Galusero: "Il nuovo braccialetto elettronico, già utilizzato in Ticino per le pene detentive da gennaio 2017, è uno strumento decisamente performante permettendo oltre all’assegnazione a domicilio con la radio frequenza anche la geolocalizzazione continua del soggetto. Grazie a questa possibilità si potrebbero fissare dei perimetri di protezione della vittima, ad esempio intorno al domicilio e al luogo di lavoro, all’interno dei quali se il soggetto dovesse entrare vi sarebbe un immediato avviso alla Centrale di polizia permettendo quindi di agire in tempi rapidi e con maggiore efficacia". Dice oggi il deputato liberale radicale, già ufficiale della Polcantonale: «Il mio auspicio è che il Consiglio di Stato suggerisca una soluzione legislativa a livello cantonale per introdurre in tempi ragionevolmente brevi la sorveglianza attiva in Ticino».
Si comincia intanto con la sorveglianza elettronica passiva. Del resto, sottolineano Galusero e Dadò nel rapporto, la tutela delle vittime di violenza domestica e di stalking "è una questione prioritaria". I dati statistici, aggiungono, "sono impressionanti, se pensiamo che la sola Polizia cantonale, nel 2020, ha compiuto 1’105 interventi per arginare episodi di violenza domestica e proteggere le vittime: purtroppo le cifre ufficiali fotografano solo una parte del fenomeno a causa della difficoltà e resistenza da parte delle vittime a segnalare e denunciare gli episodi".