Dopo il caso del Club pattinaggio Lugano, gli strumenti per prevenire i maltrattamenti. ‘Un vademecum anche per i genitori’
Quattro principi cardine, per un ambiente sicuro e relazioni positive. Sono quelli contenuti nella Carta etica cantonale contro gli abusi nei settori a contatto con bambini e adolescenti: rispetto dei limiti della sfera privata dei giovani; nessuna tolleranza e complicità verso molestie o abusi sessuali; assistenza a chi è confrontato con situazioni di maltrattamento; impegno a informare responsabili o autorità competenti. Una Carta stilata poco meno di una decina di anni fa, che torna ora di attualità alla luce del caso di mobbing emerso all’interno del Club pattinaggio di Lugano.
A coordinare il gruppo di lavoro interdipartimentale che allora aveva redatto il documento c’era Cristiana Finzi, delegata cantonale del Servizio per l’aiuto alle vittime di reato. «Quello degli abusi e maltrattamenti sui minori è ancora un tema all’ordine del giorno che rientra nelle priorità del Dipartimento sanità e socialità – afferma Finzi –. Ciò che abbiamo rilevato è la necessità sia di consulenza per gli organi associativi, ricreativi e sportivi, sia di formazione per le persone che vi lavorano, come i monitori, i coach e i volontari». Oltre alla Carta che ogni collaboratore di questi settori è invitato a sottoscrivere, nel tempo la diversità di strumenti di prevenzione ideati dal Cantone si è ampliata. «Per quanto riguarda l’aspetto informativo, abbiamo ad esempio creato una guida per gli adulti con compiti educativi nello sport, nelle attività ricreative e associative che si intitola ‘Conoscere riconoscere prevenire reagire’, rivolta e inviata ai club sportivi e ai monitori – illustra la delegata cantonale –. L’opuscolo spiega che cos’è l’abuso sessuale su un fanciullo, cosa sono le molestie con o senza contatto fisico, a quali comportamenti e segnali prestare attenzione, le conseguenze sulle persone colpite, e presenta un indirizzario utile». A fine 2019 è stato anche proposto lo spettacolo teatrale “Abbracci speciali” su situazioni che riguardano comportamenti inadeguati e molestie. «La pièce è stata al centro di alcune serate regionali di sensibilizzazione organizzate dalla Federazione ticinese di calcio con il supporto dell’Ufficio dello sport». Ci sono poi dei corsi specifici tenuti da Gioventù+Sport: «Nella formazione di ogni nuovo monitore, che dura una settimana, c’è una serata in cui trattiamo il tema degli abusi – spiega Patrick Bignasca, caposettore G+S –. Ma diamo anche la possibilità a chi vuole approfondire l’argomento di partecipare a una giornata che organizziamo una volta all’anno in cui intervengono Cristiana Finzi, la polizia, e vari altri attori». Sono quindi molteplici i mezzi messi in campo per combattere il fenomeno, anche se – riprende Finzi – non sempre è facile intercettare tutti gli interessati dato il panorama molto vasto e variegato che nell’ambito sportivo va da strutture come le grandi federazioni ad altre più informali che possono sfuggire dai radar.
«Il programma cantonale ‘Relazioni sane e prevenzione degli abusi sessuali nello sport, nelle attività ricreative e associative’, che ha portato fra l’altro alla stesura della ‘Carta etica’, ha rappresentato l’intervento principale sul tema realizzato negli ultimi anni – ricorda dal Dipartimento dell’educazione cultura e sport (Decs) Claudio Biffi, aggiunto al direttore della Divisione della scuola –. Restando in tema di prevenzione, ma in un’ottica più ampia, segnalo anche un’iniziativa recente e cioè la piattaforma sportinforma.ch, attivata nel settembre dello scorso anno». Promossa dall’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani del Dipartimento della sanità e della socialità e dall’Ufficio dello sport del Decs, la piattaforma, spiega Biffi, «si rivolge a tutte le persone attive in una società sportiva e offre formazioni per coloro che sono in contatto con i giovani in ambito sportivo, consulenze nel campo della prevenzione, accompagnamenti per monitori e allenatori nella necessità di un intervento mirato». La piattaforma, continua l’aggiunto al direttore della Divisione della scuola, «vuole rispondere ai bisogni di monitori, allenatori, coach proponendo a scelta un pacchetto formativo composto di più moduli, che toccano le problematiche principali che caratterizzano la vita di bambini e giovani». E sul funzionamento della piattaforma, Giada Tironi, tra le ideatrici del progetto e membro dell’Ufficio dello sport, specifica: «Siamo a disposizione delle società che vogliono approfondire queste tematiche per creare un programma ad hoc in base alle loro esigenze. Siamo partiti in autunno con una società di inline skating e una di scoutismo ed è andata molto bene. Ora, in seguito alla vicenda del Club di pattinaggio, stiamo pensando di allestire un vademecum rivolto ai genitori sulle procedure da seguire in caso di abusi». C’è di più. Annota Biffi: «Fra i compiti dell’Ufficio dello sport c’è anche quello di garantire ai propri utenti e partner l’accesso a tutti i servizi, pubblici e non, che offrono consulenza in ambito di prevenzione. Per questo l’Ufficio mette a disposizione un opuscolo – #SoCosaFare! – che riporta tutte le informazioni utili a monitori, società sportive e organizzatori di eventi sportivi che sono interessati a svolgere attività di prevenzione con il proprio gruppo o nella propria società oppure durante una manifestazione sportiva».
Lo Stato può o deve fare di più perché certe situazioni non accadano o perlomeno non si ripetano? «Innanzitutto è senz’altro positivo che la prevenzione continui a essere fatta e che se ne continui a parlare, nel mondo della politica e nella società civile in generale – osserva il presidente del governo e direttore del Dipartimento educazione cultura e sport Manuele Bertoli –. È positivo perché è grazie al dibattito sempre aperto che si possono affinare proposte e strumenti, migliorando gli interventi. Tuttavia è purtroppo illusorio pensare che la sola prevenzione basti ad azzerare maltrattamenti o abusi. La prevenzione funziona, riduce il fenomeno, ma purtroppo non potrà mai garantire che a volte non accadano ancora cose che non devono accadere. Prevenzione vuol dire prima di tutto sensibilizzare, affinché vi sia una presa di coscienza collettiva. E oggi il muro dell’omertà è in generale molto meno spesso di dieci, venti anni fa. Bisogna quindi continuare a informare e sensibilizzare, per abbattere completamente quel muro e far sì che le persone parlino, pur sapendo che purtroppo l’obiettivo zero maltrattamenti è estremamente alto». Non meno importanti ai fini della prevenzione sono la formazione e il reclutamento di monitori e allenatori. «Queste persone devono certamente essere preparate dal profilo tecnico, ma se lavorano con bambini e ragazzi devono essere soprattutto degli educatori – afferma Bertoli –. Devono essere insomma delle persone che non abbiano in testa soltanto l’obiettivo della prestazione a tutti i costi. Credo infatti che determinate situazioni negative siano anche da ricondurre all’esasperazione dell’aspetto agonistico: quando si pone troppo l’accento sulla dimensione competitiva dell’attività sportiva, la richiesta di un impegno accresciuto da parte dei giovani atleti può sfociare in veri e propri maltrattamenti. Una simile confusione tra pretesa di impegno e abuso dal mio punto di vista è intollerabile».