Dalla Gestione sì unanime al rapporto della Sottocommissione finanze: ‘Quanto accaduto deve venire definitivamente chiarito’. Parola al Gran Consiglio
“Quanto accaduto deve venire definitivamente chiarito. Si tratta di un atto dovuto nei confronti delle persone coinvolte, importante anche e soprattutto in un’ottica di prevenzione. Infatti, oltre che a fare chiarezza sul caso specifico (guardando a ritroso), l’audit dovrà occuparsi anche di analizzare l’attuale sistema in ottica futura, e quindi di apportare correttivi affinché oggi e domani situazioni simili non si possano verificare”. A dirlo nero su bianco, mettendo auspicabilmente la parola fine a un percorso piuttosto tortuoso, è all’unanimità la Commissione parlamentare della gestione, che nella riunione di stamattina ha fatto proprio il rapporto stilato dalla Sottocommissione finanze e dato quindi via libera alla proposta di audit esterno sulla vicenda dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità condannato, anni dopo aver compiuto i fatti, per coazione sessuale e violenza carnale con sentenza (aprile 2021) divenuta definitiva, della Corte d’appello e di revisione penale. Proposta sulla quale il Gran Consiglio si esprimerà nella sessione che comincerà lunedì 24 gennaio. Insomma, quello arrivato oggi è un semaforo verde al lavoro della sottocommissione firmato dal coordinatore Michele Guerra (Lega), Samantha Bourgoin (Verdi), Fiorenzo Dadò (Ppd), Ivo Durisch (Ps), Alessandra Gianella (Plr) e Paolo Pamini (Udc).
Sarà un audit “dai poteri accresciuti” che, si legge nel disegno di Decreto legislativo annesso, “deve essere svolto da un ente e/o da persone senza alcun legame con le autorità amministrative e politiche del Canton Ticino, preferibilmente fuori Cantone”. La Commissione dovrà ricevere un rapporto “indicativamente entro fine autunno 2022”. Questo anche per evitare che l’audit sia ancora in corso l’anno successivo, il 2023, quello delle prossime elezioni cantonali. E per scongiurare di conseguenza eventuali strumentalizzazioni politiche.
Il mandato, a più riprese promesso come incisivo ed esauriente nelle fasi della sua lunga gestazione, non sembra aver tradito le intenzioni. Infatti, andrà svolta una “verifica di eventuali azioni od omissioni non conformi alle prescrizioni legali cantonali, federali e internazionali in vigore pro tempore in Svizzera, nell’ambito dell’Amministrazione cantonale, concernente la gestione della procedura amministrativa e operativa dei fatti che hanno riguardato il funzionario dalla sua assunzione fino al momento del suo licenziamento compreso”. Così, per iniziare. Poi, a cascata, tutto il resto. Vale a dire “la verifica di eventuali azioni od omissioni non conformi alle responsabilità professionali e deontologiche inerenti ai compiti dell’Amministrazione cantonale e dei servizi sociali in particolare; verifica della procedura che ha portato al licenziamento del funzionario; valutazione della completezza e dell’attinenza alle leggi delle direttive interne, nonché della prassi e del rigore applicativo delle direttive stesse in vigore dall’assunzione del funzionario a oggi; verifica, coerentemente con quanto precede, della conformità o meno delle direttive interne all’Amministrazione cantonale rispetto alle prescrizioni legali cantonali, federali e internazionali in vigore in Svizzera dall’assunzione del funzionario a oggi; verifica della prassi seguita dall’Amministrazione cantonale nell’applicazione di queste direttive dall’assunzione del funzionario a oggi; verifica della conformità, sia delle direttive che delle prassi, alle campagne nazionali specifiche in materia di prevenzione delle molestie sul posto di lavoro; valutazione generale delle direttive e prassi attualmente in vigore e di eventuali proposte di adeguamento per rafforzare la tutela sia preventiva che di intervento in caso di abusi e molestie”.
Questo mandato dovrà quindi approfondire e chiarire dalla A alla Z quanto successo, e il profilo di chi sarà referente per l’audit è anch’esso tracciato con precisione: “L’audit verrà affidato a una persona, più persone o a un ente fuori Cantone (“preferibilmente”, si afferma nel Decreto, ndr)”, in seguito l’auditor, “riconosciuti per le loro competenze ed esperienze a livello nazionale, con certificate competenze scientifiche e giuridiche e contemporaneamente con esperienza di gestione di simili problematiche. Per la natura delicata dell’approfondimento e le necessità di indipendenza e imparzialità, l’auditor non dovrà avere nessun legame con l’Amministrazione pubblica ticinese né con la politica ticinese”. Questo auditor “potrà avvalersi di eventuali collaborazioni terze da lui designate, le quali saranno sottoposte agli stessi vincoli di confidenzialità dell’auditor”. Una simile indagine, infine, “per sua natura prevede approfondimenti sia dal profilo giuridico, sia della corretta applicazione delle norme in vigore nell’ambito della gestione del personale e delle procedure in essa previste, sia in ambito sociologico”.
La Commissione della gestione formula anche delle proposte concrete per lo svolgimento dei lavori, beninteso modificabili a discrezione di chi svolgerà l’audit. Nel dettaglio, si tratta di: “Richiesta ai detentori degli atti e della documentazione già raccolta e ritenuta rilevante per la gestione del caso dal profilo amministrativo, rispettando i limiti di acquisizione e trasmissione degli atti che fanno parte del procedimento penale sfociato in sentenza definitiva; richiesta alle parti coinvolte di un’indicazione sulle persone da incontrare e intervistare; incontri informativi con tutte le parti che si riterrà opportuno coinvolgere da parte dell’auditor; incontri con tutte le persone coinvolte; analisi dei fatti e della gestione del caso sulla base degli obbiettivi prefissati; redazione di un rapporto comprendente i punti elencati quali obiettivi da raggiungere; presentazione degli esiti alla Commissione della Gestione; eventuali approfondimenti, se l’esito del rapporto li rendesse necessari, con l’auditor al fine di migliorare la prevenzione e la gestione delle molestie all’interno dell’Amministrazione cantonale; restituzione di quanto emerso dall’audit al Gran Consiglio nelle forme dovute”.
Torniamo ai poteri accresciuti che si propone di attribuire alla Gestione tramite il Decreto legislativo. Poteri aumentati ma solo per il mandato e per la durata di questo, come si precisa nell’iniziativa parlamentare elaborata. In pratica si suggerisce di conferire temporaneamente alla commissione parlamentare "alcune delle competenze inquisitorie” che la Legge sul Gran Consiglio attribuisce alla Cpi, la Commissione parlamentare d’inchiesta. Sei gli articoli di cui consta il Decreto. Il secondo è quello sull’obbligo di collaborare: “1) Chiunque è coinvolto dall’audit ha l’obbligo di collaborare analogamente a quanto previsto dall’articolo 42 della Legge sul Gran Consiglio per la Commissione parlamentare di inchiesta. 2) I membri della Commissione gestione e finanze sono tenuti al riserbo più assoluto e restano vincolati al segreto d’ufficio anche dopo il termine dei lavori commissionali, per tutti quei fatti alla stessa sottoposti e non portati a conoscenza del Gran Consiglio“.
Articolo 3 ("Procedura”): "1) Qualora una persona chiamata a riferire, nell’ambito degli accertamenti proposti dall’audit esterno, rifiuti di rispondere o di consegnare documenti all’ente e/o alle persone incaricate dell’audit stesso, questi ultimi danno avviso alla Commissione gestione e finanze affinché proceda formalmente applicando la comminatoria penale dell’articolo 292 del Codice penale svizzero e richiamando l’articolo 307 del Codice penale svizzero. 2) La Commissione gestione e finanze può delegare le competenze o farsi rappresentare nei suoi suddetti compiti da una sua delegazione o dalla sua Sottocommissione finanze”.
Il 292 punisce la “disobbedienza a decisioni dell’autorità”. Secondo questo articolo del Codice penale “Chiunque non ottempera a una decisione a lui intimata da una autorità competente o da un funzionario competente sotto comminatoria della pena prevista nel presente articolo, è punito con la multa”. L’articolo 307 del Codice tratta invece della “falsa testimonianza, falsa perizia, falsa traduzione o interpretazione”. E stabilisce che “Chiunque come testimonio, perito, traduttore o interprete in un procedimento giudiziario, fa sui fatti della causa una falsa deposizione, una falsa constatazione o fornisce una falsa perizia o traduce falsamente, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria. Se il dichiarante ha prestato giuramento o ha promesso solennemente di dire la verità, la pena è una pena detentiva da sei mesi a cinque anni. Se la falsità concerne fatti non influenti sulla decisione del giudice, la pena è una pena pecuniaria”.
Passiamo all’articolo 4 del Decreto legislativo. Quello sulle sanzioni. “1) Chiunque è citato a comparire dinanzi all’autore dell’audit: a) è punito in conformità dell’articolo 292 del Codice penale svizzero se, senza causa legale rifiuta di presenziare, fare una dichiarazione o di produrre dei documenti; b) è punito in conformità dell’articolo 307 del Codice penale svizzero se, come testimone, rende falsa deposizione o, come perito, rende falso accertamento o fornisce falsa perizia. 2) Alla Commissione gestione e finanze non può inoltre essere opposto il segreto d’ufficio. Le competenze elencate nei capoversi 1) e 2) sono limitate esclusivamente al contesto del citato mandato di audit esterno e al tempo necessario per la sua esecuzione”. L’articolo 5 tratta del “Rapporto finale”. La commissione Gestione “presenta un rapporto che riassuma i fatti accertati all’indirizzo del Gran Consiglio per discussione. Al rapporto sono annesse, per voto del Gran Consiglio, le raccomandazioni formulate dall’auditor all’attenzione delle autorità competenti, nel rispetto della sfera intima e personale delle persone coinvolte”.
Il costo dell‘intera operazione non è stato ancora stabilito. Ma la Gestione, spiega la sua presidente, la socialista Anna Biscossa, contattata dalla ’Regione’, «ha già un elenco di possibili auditor, fra persone ed enti, riconosciuti a livello nazionale sia per le loro competenze sia per aver già svolto compiti di questa natura per amministrazioni cantonali e federali, per enti pubblici e privati». Ottenuta luce verde dal plenum del Gran Consiglio, i potenziali auditor verranno contattati «per un preventivo». L’intenzione della Gestione è di procedere celermente.
La richiesta di un audit esterno è stata presentata con una mozione dal presidente del Ppd Fiorenzo Dadò all’indomani del rifiuto del Gran Consiglio di procedere all’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta. Era il 26 settembre 2020 quando ‘laRegione’ ne anticipò i contenuti. A più di un anno dalla richiesta, da noi interpellato Dadò dichiara che il compromesso raggiunto stamane in Gestione «dimostra che la temperanza è ancora un valore che conviene tenere presente, perché è dal 2018 che diciamo quanto sia doveroso e importante verificare nel dettaglio quello che è successo in questa vicenda. Ora finalmente sembrerebbe che questa esigenza non sia solo di due o tre deputati, ma generale: con la consapevolezza che serve ridare credibilità alle istituzioni». Per Dadò, quindi, «si tratta di un primo passo positivo, poi gli esiti dovranno essere analizzati con molta attenzione».
Un primo passo compiuto però dopo lungo tempo. «Cosa che ritengo inaccettabile: di questo lungo tempo trascorso sono più che dispiaciuta, sono costernata - riprende Biscossa -. Un ritardo che attribuisco in primis al Consiglio di Stato, che doveva rendersi conto subito della necessità di un audit esterno per fare chiarezza su cosa era successo. Ciò a tutela prima di tutto delle vittime, ma a tutela pure dell’Amministrazione cantonale. Un ritardo da ricondurre anche a un fattore culturale, e questo concerne pure fatti molto meno gravi. Ovvero il modo di concepire i rapporti tra uomini e donne».