La raccolta di oggetti è un mondo variegato nel quale si intrecciano passioni diverse e si fanno incontri inaspettati. Tre negozi ticinesi lo sanno bene
«Tu lo sai cos’è la scripofilia?». «No, ma sarà una roba brutta», risponde perplesso un collega. Invece la scripofilia non va confusa con la coprofilia o con qualche malaccio: è semplicemente “lo studio e il collezionismo delle documentazioni finanziarie originali d’epoca, in particolare dei certificati azionari e obbligazionari” (Wikipedia docet). Lo scopriamo durante una breve ricerca sulle innumeri facce del collezionismo, che in Ticino fa vivere alcuni piccoli commerci a cavallo tra la vecchia bottega e la vendita online.
A Morcote ad esempio, da Collezionissimo, insieme a una miriade di vecchi oggetti d’ogni tipo – lampade, monili, monete, francobolli, icone, orologi, abiti – lo scripofilo troverà un’azione della Banca Siculo-Svizzera del 1910, una polizza di assicurazione per gli ufficiali combattenti del Regio esercito italiano del 1918, un’obbligazione della Ferrovia del Monte Generoso risalente al 1890. Ora, quello che uno potrebbe giustamente chiedersi è: chi mai si spinge in un villaggetto discosto dai grandi centri urbani per trovare questo genere di cose? Lo spiega la proprietaria e gerente Simona Negri Ambiveri: «Arrivano persone di tutte le età, turisti e svizzeri tedeschi, sì, ma anche un numero crescente di ticinesi. Proprio l’altro giorno ho visto la gioia negli occhi di una signora che ha trovato una moneta da 20 centesimi per completare la sua collezione. Arrivano e tornano, perché cercano qualcosa che non trovano altrove». Simona, nata anche lei collezionista – «mio padre era un numismatico» – prova anche a raccontare la passione che anima le persone come lei: «Si colleziona per emozionarsi. Oggi possiamo permetterci di tutto, ma pochi oggetti hanno una storia che li sottrae al ciclo dell’usa-e-getta, poche cose ti fanno pensare ‘ah, chissà quante ne racconterebbero se potessero parlare’. Guardi anche azioni e obbligazioni: oggi si tratta di transazioni puramente digitali, mentre un tempo erano anche espressioni dello stile dell’epoca, con le loro decorazioni liberty o le linee più austere preferite dalle banche tedesche». A volte si comincia con un oggetto solo per il gusto del vintage e poi si va avanti, «come è capitato a me coi macinacaffè», altre volte chi passa «viene anche a far parte di una comunità alla quale piace uscire dall’anonimato dei grandi centri commerciali». Il sito web serve ad ampliare a livello internazionale il giro dei clienti, generando ulteriori entrate, ma «in termini quantitativi vince ancora il negozio fisico, anche perché è quello al quale mi piace di più dedicare il mio tempo, sebbene veda chiaramente che l’online e perfino i social mostrano un ottimo potenziale».
Sul web ‘vive’ quasi la metà dei clienti di Tondo Music: il più grande negozio svizzero di vinili sta poco lontano da Morcote, a Maroggia. «L’online è fondamentale per intercettare le esigenze più variegate. Ma anche il negozio fisico sta crescendo sempre di più. I giovani, ad esempio, non guardano la tivù e preferiscono collezionare e ascoltare musica come si deve», ci spiega il titolare Sandro Bassanini. In effetti, ogni volta che gli si fa visita è tutto un viavai di “ce l’hai un near mint di Aqualung?” e “a quanto lo metti il primo pressing di Folsom Prison?”, gergo per iniziati che si aggirano tra gli scaffali con un misto di attenzione meticolosa e occhi sognanti, un po’ Rain Man un po’ ‘Pittori della domenica’ di Paolo Conte (“Eccoli lì, con gli occhi attenti / a radunare di sé mille frammenti”. Per la cronaca: ‘near mint’ significa ‘quasi come nuovo’ e ‘primo pressing’ è la prima serie di un album, quella più preziosa e teoricamente più vicina alla registrazione originale). Ma cosa cercano i veri collezionisti? «Di tutto», chiarisce subito Sandro: «Il bello del collezionismo è che non lo definisci tu venditore. Al contrario, devi imparare a conoscere e riconoscere i bisogni di ciascuno. C’è quello che compra solo Vasco Rossi, oppure solo musica cubana o cori russi. O ancora chi vuole solo copertine con immagini fetish, a prescindere dal genere. Ho un cliente giapponese che prende esclusivamente dischi con foto ‘cheesecake’» (ovvero sexy e suggestive, ma senza erotismo smaccato o evidenti nudità: ‘You Get More Bounce With Curtis Counce!’, per fare un celebre esempio jazz, o addirittura certi vecchi 45 giri di Raffaella Carrà). C’è «il presidente di una delle maggiori label di New York che ordina solo primi pressing», ma anche «uno di Milano che sceglie solo le prime stampe jazz Blue Note monofoniche: per riconoscerle devo mettergli i dischi al buio, e lui ne indovina anche l’anno toccando la parte interna del vinile».
Sia online che in negozio, nascono amicizie perfino tra chi si contende le stesse copie: «Tre amanti dei Depeche Mode, ad esempio. Li avviso su WhatsApp contemporaneamente all’arrivo di un album, così chi prima arriva è servito. Siccome però uno di loro è disabile, gli danno mezz’ora di vantaggio». L’importante per Sandro è «sapere cosa vogliono, come il macellaio di una volta che si ricordava che al mercoledì mia mamma faceva il brasato. C’è proprio la gioia di comprare una collezione con in mente questo o quel cliente, sapendo che lo farò felice a mia volta».
E poi c’è l’aspetto personale: «Mi metterebbe troppa tristezza vendere agli sconosciuti. Anche quando spedisco i dischi venduti online allego un piccolo report sulla vita a Maroggia: la ragazza dell’ufficio postale ha cambiato taglio di capelli, ci sono due nuovi anatroccoli… Una cosa scherzosa per conoscersi un po’, che aiuta a non sentirsi un numero. Pensa che una volta ho parlato di un furto, e un cliente in Germania che non ho mai visto si è offerto di aiutare la vittima».
A volte al collezionismo e al riuso – cifre di una mentalità che torna a staccarsi dai paradigmi del consumo ‘fast food’ – si aggiunge l’impegno sociale, come dimostra tra gli altri il caso dell’Arsenale di Bellinzona: un enorme, spettacolare spazio (post)industriale che accoglie oggetti di ogni tipo e dimensione. L’operatrice Giulia Mozzini ci spiega che «l’attività di vendita si intreccia a quella di reinserimento e sostegno sociale: i laboratori nei quali puliamo, testiamo e ove possibile restauriamo e aggiustiamo gli oggetti sono gestiti da persone escluse dal mercato del lavoro».
Gli oggetti provengono infatti dagli sgomberi effettuati da Area, la cooperativa che gestisce l’Arsenale, «oppure da persone che ci portano qui e ci regalano ogni tipo di oggetto, che hanno magari trovato nella soffitta dei nonni. Due volte a settimana, poi, andiamo alla discarica a esaminare gli ingombranti: è incredibile vedere quanta merce ancora perfettamente utilizzabile venga gettata via».
Merce che spesso ha una seconda vita, una rinascita che può stupire: «I collezionisti che passano di qui cercano le cose più disparate, di quelle che si vendono chiedendosi ‘ma cosa se ne faranno?’», dice sorridendo Giulia. «Poco tempo fa uno ha acquistato vecchie attrezzature mediche, siringhe e stetoscopi. Una volta abbiamo venduto un’enorme comoda, cioè un vecchio bagno in legno. Ma c’è pure chi cerca vecchi elettrodomestici anche rotti, ad esempio i tostapane».
Nel Luganese Area gestisce un altro spazio dedicato a oggetti d’antiquariato, vintage e da collezione, anche di grandi dimensioni: si chiama L’in-utile e lo trovate a Noranco. In entrambi i casi l’acquisto dei prodotti serve per finanziare le attività della cooperativa, oltre che per portarsi a casa il primo o l’ennesimo oggetto di chissà quale collezione.