Il Tribunale federale conferma una sentenza del Tram ticinese sulla revoca dell’esercizio a un professionista condannato in Italia per frode fiscale
Una sentenza estera passata in giudicato può essere un motivo valido per ritirare l’autorizzazione a esercitare la professione di fiduciario commercialista e immobiliare in quanto non adempiva più ai requisiti dell’ottima reputazione e della garanzia di un’attività irreprensibile. Lo ha stabilito la seconda Corte di diritto pubblico del Tribunale federale. La sentenza risale allo scorso primo novembre e riguarda un ex fiduciario luganese condannato in Italia per frode fiscale. Ma andiamo con ordine.
Il professionista in questione ha ottenuto l’autorizzazione a esercitare la professione di fiduciario commercialista e immobiliare nel 1994. Appreso dalla stampa estera di un procedimento penale a suo carico per il reato di frode fiscale, il 17 giugno del 2015 l’autorità cantonale di vigilanza sull’esercizio delle professioni di fiduciario ha aperto nei confronti dello stesso un procedimento amministrativo, invitandolo a esprimersi.
L’uomo aveva spiegato che il procedimento in questione si era concluso anni prima, il 6 ottobre 2007, con “la pronuncia di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti”: il termine giuridico italiano per indicare il cosiddetto ‘patteggiamento’. La pena inflittagli ammontava a un anno e sei mesi di reclusione sospesi condizionalmente.
In base alle informazioni ricevute, il 21 ottobre 2015 l’autorità di vigilanza revocava al fiduciario l’autorizzazione a suo tempo rilasciatagli, ordinandogli di cessare subito ogni attività in questo campo. Sul sito della fiduciaria luganese in questione l’uomo risulta ancora attivo in qualità di fiduciario commercialista e immobiliare. A suo tempo l’autorità di vigilanza, giustificando la revoca, rilevava che “egli non rispettava più le condizioni legali per esercitare la professione”. In particolare, “non adempiva più ai requisiti dell’ottima reputazione e della garanzia di un’attività irreprensibile”. Requisiti previsti dall’articolo 8 della legge ticinese del 1° dicembre 2009 sull’esercizio delle professioni di fiduciario”. Normativa cantonale che è stata sì adeguata alle recenti disposizioni federali, ma confermata nello spirito – per quanto riguarda il regime autorizzativo – ancora recentemente dal Gran Consiglio: lo scorso 18 ottobre.
Su ricorso del fiduciario luganese (16 novembre 2015), la decisione di revoca pronunciata dall’autorità cantonale di vigilanza è stata confermata anche dal Tribunale cantonale amministrativo (Tram) espressosi con sentenza del 7 maggio 2021. L’ex professionista ha impugnato anche quest’ultimo giudizio appellandosi il 9 giugno 2021 al Tribunale federale. In sostanza, sosteneva l’uomo, il patteggiamento concluso con le autorità italiane non avrebbe permesso la pronuncia di una revoca e domandava anche la concessione dell’effetto sospensivo. Il Tram si è invece riferito alle motivazioni e alle conclusioni del proprio giudizio; la conferma dello stesso è stata postulata anche dall’autorità di vigilanza sull’esercizio delle professioni di fiduciario. Dato che il ricorrente aveva continuato a esercitare durante l’intera procedura e la prima istanza non adduceva elementi che dovessero far decidere un cambiamento di questo assetto, fino a quel momento tollerato, con decreto del 28 giugno 2021 la richiesta di concessione dell’effetto sospensivo è stata quindi accolta.
La seconda Corte di diritto pubblico del Tribunale federale, motivando la sua sentenza, ha ricordato che secondo la LFid ticinese “non gode di ottima reputazione, rispettivamente non garantisce un’attività irreprensibile, in particolare che è stato condannato in Svizzera per reati intenzionali contrari alla dignità professionale, negli ultimi dieci anni, a una pena pecuniaria superiore a 180 aliquote giornaliere oppure a una pena detentiva superiore a sei mesi”. Questo vale per analogia nel caso di condanne subite all’estero, per reati contemplati dal diritto svizzero.
Nel ricorso del fiduciario – a questo punto ‘ex’ – si parlava di “errata interpretazione del patteggiamento ex articolo 444 del codice di procedura penale italiano” e di “errato accertamento dei fatti oggetto di causa” e di “errata individuazione dei fatti e dei reati oggetto del patteggiamento”.
Aspetti ritenuti non congrui dal Tribunale federale che ritiene sufficiente il riferimento al diritto estero da parte dell’articolo 8 della LFid ticinese che è ritenuta dalla Corte conforme al diritto federale e al diritto costituzionale e la stessa cosa vale per il diritto italiano richiamato nel ricorso.
A presiedere l’Autorità di vigilanza sui fiduciari, organo introdotto dalla legge cantonale (la LFid) e indipendente dall’Amministrazione cantonale, è Marco Bertoli. Afferma, interpellato dalla ‘Regione’, l’avvocato ed ex procuratore pubblico: «L’autorità di vigilanza è un filtro importante per cercare di contenere il più possibile i casi di coloro che esercitano abusivamente, dunque senza la necessaria autorizzazione, la professione di fiduciario in Ticino. Casi che danneggiano i clienti e la piazza finanziaria, ma anche la concorrenza. Basti dire che la maggior parte delle segnalazioni che riceviamo arrivano da fiduciari autorizzati ai quali si sono rivolti ex clienti di abusivi».