Lo mostra uno studio della Supsi, che fa un confronto con alcuni comuni italiani di confine
In alcuni periodo dell’anno sembra impossibile stare all’aperto o aprire le finestre senza una bomboletta di spray antizanzare a portata di mano. Viene spesso ricordato di non lasciare acqua stagnante nei vasi e di mettere le ‘pastigliette’ nei tombini. Ma serve? Sì, secondo i risultati pubblicati sulla rivista ‘Parasites & Vectors’ da alcuni ricercatori dell’Istituto di microbiologia della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi). «La zanzara tigre non è debellabile, però si può tenere a bada», ci spiega la dottoressa Damiana Ravasi, coautrice dello studio. «Le misure funzionano nel senso che, rispetto ai posti dove non vengono implementate, aiutano a evitare un proliferare incontrollato». Infatti lo studio – effettuato nel 2019 durante la stagione di riproduzione della zanzara, cioè da maggio a settembre –, ha scelto come gruppo di controllo alcuni comuni italiani appena oltre confine. In queste zone, simili ai comuni ticinesi “per storia, clima, dimensioni e demografia”, le misure contro le zanzare tigre non vengono implementate. “Nei comuni di controllo italiani l’insetto compare in giugno, ha un picco in agosto e poi decresce tra settembre e ottobre, seguendo la classica stagionalità riproduttiva. Mentre in Ticino, pur comparendo nello stesso periodo, non c‘è alcun picco e il numero rimane stabile. Nei nostri comuni il numero di uova di zanzara tigre in ambiente urbano era quasi quattro volte inferiore a quello in Italia, e un andamento analogo si riscontra per le femmine”, si legge nel comunicato.
Dunque “svuotare i vasi, chiudere i bidoni, aggiungere nelle acque stagnanti i prodotti anti–zanzara serve”. Oltre alle azioni di ognuno, alcune misure vengono implementate a livello comunale: «Vi è il trattamento delle aree pubbliche, principalmente di tombini, con i larvicidi. Di questo se ne occupano gli operai comunali con l’aiuto della Protezione civile. A seconda del larvicida utilizzato, l’operazione viene ripetuta – nel periodo sensibile – ogni settimana o mese», dice Ravasi.
Oltre a punzecchiare e creare prurito, la zanzara tigre è potenzialmente un pericolo sanitario per l’uomo: «Essa può essere vettore di virus come dengue e chikungunya. La trasmissione, però, avviene solo in determinate condizioni: l’animale deve prima pungere una persona malata, il virus deve riuscire a riprodursi nella zanzara, passare nelle sue ghiandole salivari ed essere iniettato alla persona che viene punta», illustra la dottoressa. «Inoltre tutto ciò deve avvenire nella stagione calda. Abbiamo anche scritto un articolo nel quale è stato valutato il rischio di trasmissione, tramite la zanzara tigre, di queste malattie. Sono stati studiati un paio di comuni ticinesi ed effettivamente in agosto il rischio di avvio di un’epidemia di questi virus c’è».
La zanzara tigre è “una presenza abituale nelle zone urbane e semiurbane e viene costantemente monitorata dal settore Ecologia dei vettori dell’Istituto di microbiologia della Supsi, sotto la supervisione del Gruppo cantonale di lavoro zanzare”. In Ticino come sta evolvendo la situazione? «Benché sia già presente nel fondovalle, la zanzara tigre non ha finito di colonizzare tutte le zone del canton Ticino. Ora si sta addentrando nelle valli e salendo in altitudine», riferisce la dottoressa Eleonora Flacio, coautrice dello studio.
Ma dunque la zanzara tigre sta sostituendo quella autoctona? «Per il momento sono presenti tutte e due, anche se in ambito urbano la prima è più forte», dice Flacio. In generale però, «hanno due nicchie ecologiche diverse – spiega Ravasi –. La zanzara tigre preferisce deporre le uova in contenitori con poca acqua, mentre la seconda predilige stagni e zone paludose».