Ticino

Costi salute, il Cantone non può ‘correggere’ le tariffe

Il Tribunale amministrativo federale ha annullato una decisione del Cds risalente al 2018 con la quale interveniva nei casi di emodialisi e dialisi peritoneale

Una vittoria per le casse malati
(Ti-Press)
28 settembre 2021
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La risoluzione dell’11 luglio 2018 del Consiglio di Stato ticinese con la quale stabiliva che la fatturazione al Cantone nella misura del 55% della tariffa prevista, delle prestazioni elencate nei ‘compensi supplementari’ dei gruppi di prestazioni Z39 e Z54 (trattamenti legati a disfunzioni renali: emodialisi e dialisi peritoneale), da parte degli istituti di cura istituti di cura era possibile soltanto a determinate condizioni, è nulla. Lo ha deciso il Tribunale amministrativo federale (Taf) che ha accolto in toto le ragioni di 43 casse malati che contestavano il provvedimento ticinese. Assicuratori rappresentati da Tarifsuisse Ag, una società dell’organizzazione mantello Santésuisse. La sentenza risale al 9 agosto ma è stata resa nota solo oggi.

Siamo nel campo dei costi della salute e dei tentativi di limitare, per quanto possibile, la loro evoluzione che direttamente (con i premi malattia) o indirettamente (attraverso la fiscalità generale) incidono sulle tasche di tutti i cittadini. A ogni modo, la decisione del Taf fa chiarezza su cosa è considerato una prestazione ospedaliera e cosa è invece una prestazione ambulatoriale. Discrimine importante in quanto nel primo caso fa cadere l’onere finanziario della cura prevalentemente nel campo dell’ente pubblico e un’altra – integralmente – in quella degli assicuratori.

Nel caso trattato dal Taf, il Dipartimento della sanità e socialità aveva elencato le condizioni per cui quei trattamenti (55% a carico del Cantone e 45% a carico delle casse malati, ndr) legati a disfunzioni renali erano possibili solo presso istituti di cura in possesso del mandato di nefrologia e in particolare che il ricovero era dovuto a problemi nefrologici e se non era il caso, questa patologia fosse insorta a seguito di complicanze durante la degenza. Ma quello che contestavano le 43 casse malati era il terzo punto della risoluzione dove il Consiglio di Stato stabiliva – nei confronti degli istituti di cura riconosciuti, di Tarifsuisse Ag, di Hsk Cooperativa di acquisti Sa e di Css management dei fornitori e delle cure – che le prestazioni per emodialisi e dialisi peritoneale erogate a un paziente dializzato, ricoverato per un motivo estraneo alla patologia nefrologica, “vanno considerate ambulatoriali e pertanto devono essere fatturate direttamente e integralmente all’assicuratore malattia”.

L’esecutivo cantonale aveva messo in vigore il provvedimento con effetto 1° luglio 2018 indicando come rimedio giuridico il ricorso al Tribunale amministrativo cantonale. Ricorso che puntualmente è arrivato il 13 agosto 2018 ma all’indirizzo del Tribunale amministrativo federale. I ricorrenti – chiedendo in via principale lo stralcio del terzo punto – hanno giustificato la scelta di un foro differente rispetto a quello menzionato nei rimedi di diritto, in quanto la vertenza riguardava aspetti tariffali di competenza del Taf.

All’invito rivolto dal Taf alle 12 controparti, ossia ai fornitori di prestazioni attivi sul territorio cantonale, a presentare osservazioni hanno dato seguito unicamente la Fondazione Cardiocentro Ticino, che ha rinunciato a esprimersi e la Clinica Santa Chiara che, pur rifiutando il coinvolgimento nella vertenza, ha ritenuto la risoluzione del Consiglio di Stato incompatibile con il diritto vigente.

Il governo cantonale ha invece ribadito che la competenza a decidere era del Tram, “non trattandosi di una vertenza di diritto tariffale”. Nel merito il Consiglio di Stato ha esposto le ragioni per cui ha ritenuto opportuno, limitare, a determinate condizioni, il contributo cantonale relativo ai trattamenti riconducibili a disfunzioni renali.

Per gli assicuratori malattia, la decisione impugnata incide nel diritto tariffale in quanto “tenta indirettamente di gravarli, contrariamente alle disposizioni tariffali di cui alla SwissDrg (forfait ospedalieri, ndr) rispettivamente alla Tarpsy (prestazioni psichiatriche, ndr), al fine di scaricare il Cantone Ticino quale cofinanziatore secondo l’art. 49a LaMal”. A togliere ogni dubbio sul fatto che la competenza a dirimere la vertenza sia il Taf ci pensa lo stesso Tram che nel frattempo aveva dichiarato irricevibili per incompetenza due distinti ricorsi sul tema di due casse malati.

È prevalente la tariffa SwissDrg

In definitiva per il Taf la struttura tariffaria SwissDrg (il forfait per caso, ndr) “ha predisposto una regolamentazione molto precisa ed esaustiva riguardo alle modalità di fatturazione”. Le prestazioni fornite da un ospedale o di una casa per partorienti sono tacitate in linea di principio secondo lo SwissDrg, non essendo contemplata la coesistenza di una remunerazione separata. Tale regola trova fondamento nella protezione tariffale prevista sempre dalla LaMal, stante la quale i fornitori di prestazioni devono attenersi alle tariffe e ai prezzi stabiliti e non possono esigere remunerazioni superiori per prestazioni fornite nel quadro dell’Aoms (Assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie). Questo vuol dire che anche per i ricoveri nei reparti somatico-acuti vige il principio secondo cui la prestazione fornita o acquistata al di fuori dell’istituto di degenza rientra nel forfait per caso. E questo indipendentemente dal mandato di prestazione. L’esigenza medica è una di queste condizioni, precisano i giudici federali. Ciò vuol dire che “fintanto che un paziente necessita di un trattamento e di cure in ambito ospedaliero, le prestazioni saranno rimborsate secondo il forfait per caso al quale si aggiungono gli eventuali ‘compensi supplementari’. Solo se l’indicazione medica non è più soddisfatta per la degenza ospedaliera è applicabile quella prevista in caso di cura ambulatoriale.

Per i giudici federali essendo la questione oggetto del contendere esaustivamente regolata da SwissDrg, l’autorità inferiore (in questo caso il CdS del Cantone Ticino) non dispone quindi di alcun margine di manovra per disciplinare ulteriormente le modalità di fatturazione. Anzi, è il Tribunale arbitrale a dirimere litigi tra assicuratori malattia e fornitori di prestazione. “Prescrivendo a priori quali siano le modalità di fatturazione (e quindi la tariffa applicabile) che un fornitore di prestazioni debba applicare in concreto, il Consiglio di Stato ha usurpato la competenza del Tribunale arbitrale, in quanto dirime in via generale un’eventuale futura controversia concreta che, se dovesse insorgere, dovrebbe essere risolta dal Tribunale arbitrale su richiesta di un singolo assicuratore”.