Ticino

Salario minimo, padronato e sindacati: ‘Ccl, la deroga resta’

All’incontro convocato dal Dfe, Associazione industrie, Camera di commercio, Ocst e Unia concordi: in attesa delle sentenze del Tf, no a modifiche legislative

Ti-Press
23 settembre 2021
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Due ore d’incontro per un documento condiviso che fissa stringenti conclusioni. La bufera sollevata sull’applicazione della Legge sul salario minimo prevista per il 1° dicembre dal caso delle tre ditte del Mendrisiotto, con l’incursione del neonato sindacato TiSin e il suo Contratto collettivo di lavoro (Ccl) proposto con salari a 15 franchi orari, ben al di sotto di quanto prevede il salario minimo, porta Associazione industrie ticinesi (Aiti), Camera di commercio, Unia e Ocst a mettere nero su bianco che “la deroga prevista per i Ccl è volta a valorizzare il partenariato sociale, dando tempo alle parti di progressivamente adattarsi ai nuovi parametri salariali previsti dalla legge”. Tradotto: la deroga dal salario minimo resta in piedi, ma i Ccl si adattino al salario minimo anche se non subito. Il secondo punto principale, invece, riconosce che “per alcune attività economiche il nuovo salario minimo può comportare un pericolo per la sopravvivenza stessa dell’azienda. È stato quindi ribadito che uno degli obiettivi delle parti è quello di trovare soluzioni che permettono anche la salvaguardia dei posti di lavoro nel rispetto dell’obiettivo posto dalla legge”.

A stretto giro di posta dalla pubblicazione del comunicato da parte del Dipartimento finanze ed economia, che ha indetto l’incontro, arriva la presa di posizione dell’Mps: “Il mondo all’incontrario”, è la sentenza. L’opposizione è ferma sia per quanto la deroga – “serve solo a non far fare troppe brutte figuracce alle organizzazioni sindacali” –, sia per il riconoscere che alcune aziende possono faticare ad adeguarsi al salario minimo: “Dopo aver fatto, giustamente, fuoco e fiamme contro le aziende e TiSin, coinvolti negli accordi fasulli e deroganti, ecco ora inspiegabilmente le organizzazioni sindacali sostenere la stessa tesi che ha ispirato questi accordi e che è pure quella che Aiti ha sostenuto”.

Ricciardi: ‘L’obiettivo è salvaguardare i posti di lavoro’

«Respingo assolutamente le accuse dell’Mps», tuona il segretario dell’Ocst Renato Ricciardi da noi raggiunto: «L’obiettivo di salvaguardare i posti di lavoro per un sindacato è una preoccupazione continua, noi abbiamo sempre alta l’attenzione affinché in Ticino non si perdano». Una difesa «strenua», ribadisce Ricciardi, «perché sono coinvolte delle persone con le loro famiglie, e il nostro sindacato ha a cuore la loro difesa». Ma difendere i posti di lavoro vuol dire farlo a qualsiasi cifra, sdoganando il ‘metodo TiSin’? «Evidentemente difendere il lavoro non vuol dire accettare certi livelli salariali. Noi come Ocst abbiamo più e più volte denunciato situazioni vergognose».

Ciò detto, sempre in casa cristiano sociale, il responsabile industria Marcello Specchietti, anche lui presente all’incontro, assicura la propria soddisfazione perché «questa condivisione di tutti gli attori coinvolti era essenziale per capire le regole d’ingaggio che devono essere comuni e perché non devono esistere zone grigie di applicazione». Di più: «Dopo le note vicende degli ultimi giorni era d’obbligo mettere nero su bianco questi chiarimenti: le deroghe ai Ccl non devono essere considerate come un bypassare ad arte la volontà popolare sui salari minimi. Poi è chiaro – continua Specchietti –, ci sono Ccl creati in periodi non sospetti, alcuni risalgono anche a quarant’anni fa, che andranno corretti e magari gradualmente: ma in questo non siamo messi male. Affronteremo tutto, caso per caso, senza abbassare la guardia e giudicando gravi manovre come quella di TiSin».

Modenini: ‘Un errore procedere oggi con modifiche normative’

All’incontro come detto erano presenti anche i vertici dell’Aiti. Che in una lettera inviata lunedì alle imprese associate aveva fra l’altro ricordato che “il salario minimo è stato approvato dal popolo ticinese ed è diventato legge dello Stato. Bisogna prenderne atto e adeguarsi di conseguenza”. E sottolineato che i contratti collettivi di lavoro “non devono essere utilizzati per aggirare” la volontà popolare. Ovvero il sì dei cittadini ticinesi, nel giugno 2015, all’iniziativa popolare dei Verdi ‘Salviamo il lavoro in Ticino’, con conseguente introduzione nella Costituzione ticinese del principio del salario minimo che “assicuri un tenore di vita dignitoso”. Principio tradotto nella Legge sul salario minimo approvata dal Gran Consiglio nel dicembre 2019, nella quale è pure stato precisato che la normativa non si applica ai Ccl, così come stabilito dall’articolo costituzionale. Quanto scritto lunedì i vertici dell’Aiti lo hanno ribadito nella riunione di stamane, fa sapere il direttore Stefano Modenini. «Ci sono delle aziende in difficoltà, parliamo di casi specifici, e vanno aiutate, ma questo non deve diventare un escamotage per eludere la legge, e meglio la volontà popolare: quest’ultima – rileva Modenini – è stata chiara e dunque va rispettata». Tuttavia ci sono un paio di ricorsi di ditte soprattutto del Mendrisiotto – fra cui le tre all’origine delle polemiche per contratti firmati con il sindacato TiSin presieduto dall’ex Ocst Nando Ceruso che contemplano paghe al di sotto del salario minimo – che nei mesi scorsi hanno impugnato la normativa cantonale davanti al Tribunale federale. Si è ancora in attesa del verdetto di Mon Repos. «Stamattina – riprende Modenini – mi è sembrato di capire che tutte le parti ritengano un errore procedere oggi con modifiche normative quando la legge è ancora sub judice al Tribunale federale, un passo che potrebbe rivelarsi controproducente. Nel senso che il Tf potrebbe sospendere l’esame dei ricorsi e della legge, qualora quest’ultima tornasse in Gran Consiglio per eventuali cambiamenti, e attendere l’esito dei lavori parlamentari prima di pronunciarsi. Insomma, l’applicazione del salario minimo legale verrebbe rinviata, magari anche di anni». E comunque l’Aiti mette le mani avanti. Modenini: «Sia nella comunicazione di lunedì alle aziende a noi associate sia nell’incontro odierno abbiamo ribadito la nostra contrarietà all’assoggettamento dei Ccl alle leggi».

Cicero: ‘Chi non si adegua al salario minimo riconsideri la sua presenza in Ticino’

Tornando sul versante sindacale, meno entusiasmo si registra da Unia. «Evidentemente il problema non è stato risolto con l’incontro di stamattina – afferma Vincenzo Cicero –. Come sindacato siamo soddisfatti solo di un aspetto di quelli discussi e che anche la parte padronale ha riconosciuto. E cioè che gli articoli della Costituzione cantonale e della legge che prevedono la deroga per i Ccl non devono essere utilizzati per aggirare il salario minimo legale: a quest’ultimo le aziende dovranno comunque adeguarsi. In altre parole, l’obiettivo delle norme non è di avere dei Ccl con paghe inferiori a quella sancita dalla legge sul salario minimo, ma esattamente il contrario». E a chi sostiene che l’applicazione del salario minimo legale compromette l’esistenza di alcune ditte, cosa replica? «La posizione di Unia è chiara al riguardo – indica Cicero –. Se ci sono realtà produttive che non intendono adeguarsi al salario minimo legale, minacciando la chiusura o la delocalizzazione, queste realtà devono riconsiderare la loro presenza in Ticino, perché per noi la salvaguardia dei posti di lavoro non può andare a scapito di condizioni di lavoro dignitose. Di certo da parte nostra non si faranno accordi al ribasso per favorire la presenza di queste aziende in Ticino». Una volta adeguati i contratti collettivi al salario minimo legale, le loro condizioni aggiuntive (bonus, indennità…) non rischiano di saltare? «Assolutamente no, secondo noi – aggiunge il sindacalista di Unia – l’adeguamento salariale non deve incidere sull’esistenza di condizioni aggiuntive, che dovranno quindi far parte ancora dei contratti collettivi».

Vitta: ‘Circoscrivere il problema alla sua reale portata’

«La consapevolezza e l’intento delle parti sociali incontrate oggi sono rivolti a fare in modo che l’entrata in vigore di questa legge il 1° dicembre rispecchi quello che è lo spirito stesso della legge e la volontà popolare», commenta alla ‘Regione’ il direttore del Dfe Christian Vitta. Dall’incontro, prosegue, «è emerso che se da un lato viene riconosciuta la necessità di avere una valorizzazione del partenariato sociale che permetta di disegnare un percorso di adattamento progressivo al salario minimo dove sono in vigore i Ccl, dall’altro si riconosce che per certe attività economiche questo è evidentemente difficile: sia per gli strascichi della pandemia, sia per il costo di un aumento di molte materie prime. Il partenariato sociale ha lo scopo ultimo di far rispettare la legge e, allo stesso tempo, di salvaguardare i posti di lavoro». Per Vitta è importante ad ogni modo «circoscrivere il problema alla portata che è quella attuale, e non vederlo almeno al momento come sistemico».