Dopo l'operazione messa in campo da tre industrie del Distretto in vista dell'attuazione della legge, si medita lo stralcio della clausola sul Ccl
Cosa sta accadendo nella realtà imprenditoriale del Mendrisiotto? Oggi sono in molti a domandarselo. I commenti del giorno dopo, in effetti, non fanno sconti a nessuno. Nel mondo politico ticinese si parla di «situazioni insostenibili» e di «scandalo» oltre che di volontà di aggirare la legge. Le operazioni messe in campo da tre industrie della regione - Plastifil a Mendrisio, Ligo Electric a Ligornetto e Cebi Micromotors (l'ex Mes-Dea) a Stabio -, portate alla luce da 'laRegione', hanno scosso la quotidianità del cantone. Da una parte, ci sono centinaia di lavoratori che si sono visti costretti, di fatto, a scegliere fra un Contratto collettivo di lavoro che blocca lo stipendio orario per i prossimi i cinque anni - tenendolo ben al di sotto dei 19 franchi fissati dalla nuova normativa - e il rischio di un licenziamento. Dall'altra, si è scoperto che a dar man forte ai datori di lavoro c'è un'associazione, TiSin, fondata un anno e mezzo fa e sostenuta da esponenti della Lega dei ticinesi, che i sindacati storici, Ocst e Unia, hanno già bollato come "pseudo-organizzazione sindacale". Insomma, una faccia della faccenda che apre altri interrogativi, per ora senza risposta. Per il secondo giorno abbiamo tentato, invano, di raggiungere il presidente di TiSin Nando Ceruso ed esponenti della Lega vicini all'associazione, ma nulla.
Chi mastica la materia e conosce la lunga strada percorsa per tradurre in realtà l'iniziativa popolare costituzionale lanciata dai Verdi - 'Salviamo il lavoro in Ticino!' - non si è sorpreso nel leggere i nomi delle tre aziende. C'erano anche loro, infatti, nell'elenco di una decina di ditte che nel 2020 si sono opposte alla Legge cantonale e appellate al Tribunale federale. E ciò getta un'ulteriore ombra su quanto sta accadendo dentro quegli stabilimenti. Nessuna delle tre industrie, infatti, ha atteso di conoscere il verdetto dell'Alta Corte prima di reagire e si è attivata per 'sfuggire' in tutti i modi alla scadenza di fine anno, facendo però pagare il prezzo alle maestranze, come lamentano gli operai sentiti da 'laRegione'. Anche se, va detto, una eccezione, ancorata peraltro all'articolo costituzionale, consente alle imprese che hanno sottoscritto un Ccl di derogare da disposizioni nate, però, per contrastare il dumping salariale.
Sta di fatto che, dopo il lavoro, ci si ritrova a dover salvare lo stesso salario minimo. I sindacati Ocst e Unia non ci hanno pensato due volte e giovedì, di primo pomeriggio, saranno davanti alla Cebi a Stabio per protestare, fanno sapere, contro le "grandi manovre" per eludere la legge. Quanto alle forze politiche? Una parte (almeno) di esse sembra pronta a salire sulle barricate a difesa di ciò che parlamento e popolo hanno promulgato. L'obiettivo sin dal principio? Salvaguardare i lavoratori e il diritto a una busta paga dignitosa. Un traguardo disatteso, a quanto pare, ancor prima di veder applicati, a dicembre, gli articoli della legislazione cantonale. Il gruppo Mps-Pop-Ind. è partito in quarta. Autore in Gran consiglio di un emendamento determinato a cancellare la possibilità di deroga in presenza di un Ccl - cassando la lettera 'i' dell'articolo 3 della Legge -, ora torna alla carica e cerca di andare a meta attraverso un'iniziativa parlamentare elaborata; chiedendo altresì al Consiglio di Stato in un'interpellanza se il governo intende intervenire. Quell'eccezione, del resto, si motiva nell'iniziativa, "indebolisce fortemente il pur debole impianto della Legge, mettendo in pericolo persino quei minimi miglioramenti che la sua applicazione potrebbe comportare".
Questo atto parlamentare, ci fa capire dal canto suo Maurizio Agustoni, capogruppo Ppd in parlamento, non è destinato a rimanere il solo. «In questo momento il quadro giuridico non ancora consolidato complica un po' le cose - spiega -. Premesso che l'obiettivo da cui partire è la volontà popolare espressa in votazione, il tema va posto. Insomma, a questo punto occorre riflettere su come fare per evitare che un Ccl diventi uno strumento per legalizzare salari contrari alla dignità dei lavoratori. Non c'è dubbio - ammette ancora -, per il Gran consiglio sarà una sfida non indifferente». Mps-Pop-Ind. hanno indicato una strada: è percorribile? «A mio parere non è la migliore idea per salvaguardare il principio. Togliere in modo netto l'eccezione - annota il capogruppo Ppd - entrerebbe in diretto contrasto con l’articolo costituzionale e potrebbe creare problemi o ulteriori ricorsi e allontanare ancora di più l'obiettivo».
A Sinistra Ivo Durisch, capogruppo del Ps, non esita a definire «scandaloso l'escamotage utilizzato per eludere ciò che è stato deciso a livello parlamentare e popolare. Ed è scandaloso - rincara - che in questo modo si dia la possibilità di perpetuare, di fatto, il dumping salariale. Non si fa che contribuire a sdoganare salari e posti di lavoro che vanno bene solo per i frontalieri. Favorendo dunque chi in Ticino assume solo frontalieri».
A livello politico, quindi, c’è chi non vuole fungere da semplice spettatore. «Per evitare il ripetersi di simili situazioni, stasera (ieri per chi legge, ndr), in occasione del Comitato cantonale, proporrò al partito di metter mano a due iniziative - afferma il copresidente del Ps e granconsigliere Fabrizio Sirica -. Una per modificare l'articolo della Costituzione ticinese introdotto a suo tempo dalle cittadine e dai cittadini con l'approvazione dell'iniziativa popolare dei Verdi, affinché venga eliminata la deroga per i contratti collettivi di lavoro, ai quali, secondo la vigente disposizione costituzionale, non si applica la legge cantonale sul salario minimo. E una per aumentare il salario minimo legale a 21/21,50 franchi, importo che rientrerebbe comunque nelle soglie indicate dal Tribunale federale. Nei prossimi giorni affineremo le proposte».
I primi, d'altro canto, a rimanere «molto perplessi» per quanto sta accadendo nel Mendrisiotto sono i Verdi, che al salario minimo e alla sua valenza sociale ci credono fino in fondo. Il nodo, però, è la clausola sul Ccl (peraltro, come detto, costituzionale)? «In effetti, non volevamo esautorare le parti sociali, i sindacati dal loro ruolo - ci spiega Samantha Bourgoin. Certo un sindacato - sottolinea - dovrebbe proteggere il personale». E qui per l'esponente del gruppo si fa largo un grosso punto di domanda sulla presenza e la funzione di TiSin e sui suoi legami con la Lega. Quella Lega, fa presente l'esponente dei Verdi, «che ha sostenuto il salario minimo. «Tenuto conto - si interroga - che l'associazione è nata dopo l'istituzione della nuova norma, a essere maliziosi, verrebbe da pensare che si voglia eludere il salario minimo?». Bourgoin va oltre: «Sembra paradossale, in effetti, che prima si è a favore di buste paga più dignitose e poi si fa in modo di favorire l'assunzione dei frontalieri. La Lega dove vuole andare a parare?». E qui la domanda rimane di nuovo in sospeso.
Ad Alessandra Gianella, capogruppo del Plr, sfugge un «ma l'avevamo detto». La posizione del partito, a suo tempo, era stata chiara: aveva dichiarato il suo 'no' al principio del salario minimo. «Certo dispiace leggere di certe cose - ci dice -. Con questa eccezione inserita nella legge si è trovato il modo di creare situazioni insostenibili. E non va assolutamente bene. I Contratti collettivi di lavoro vanno bene, ma non per permettere paghe al ribasso. Fa strano - commenta ancora Gianella - che venga proposto da un sindacato». A sorprendere la capogruppo è altresì il fatto che, ancor prima dell'entrata in vigore effettiva dell'obbligo del salario minimo, si siano già palesati dei problemi. «In parlamento, non a caso, avevamo chiesto di monitorare costantemente la situazione, così da poter intervenire subito. Ma i nostri emendamenti non sono stati accolti». E sull'iniziativa di Mps-Pop-Ind., cosa ne pensate? «Ne discuteremo in gruppo. A titolo personale, pensa che solo cambiando un articolo non è che si migliorano le cose. Sono scettica. Semmai servirebbe un monitoraggio attento».
«Nei contratti aziendali non siamo mai, come associazione, parte attiva: le ditte sono infatti libere di trovare con i sindacati un accordo, nel rispetto ovviamente della legge. Poi capisco anche quelle aziende in difficoltà che cercano di ottenere qualcosa dalla contrattazione pur di salvare i posti di lavoro», afferma il direttore dell’Associazione industrie ticinesi (Aiti) Stefano Modenini. Il quale a proposito della normativa ticinese sul salario minimo ricorda: «L’iniziativa dei Verdi ha proposto a suo tempo un articolo costituzionale, accolto in votazione popolare, che esclude dall’applicazione del salario minimo i contratti collettivi, perché si era detto di preferire che siano le parti sociali a mettersi d’accordo. E allora, se si mettono d’accordo su un salario inferiore a quello, minimo, previsto dalla legge cantonale, non si può formalmente biasimarle e nessuno può rimproverare alle parti di aver violato la legge; ciò proprio alla luce dell’articolo della Costituzione ticinese. Peraltro già oggi – prosegue il direttore dell’Aiti – esistono anche contratti collettivi con salari inferiori. Tuttavia accanto al salario minimo bisogna considerare che vi sono spesso condizioni aggiuntive: il datore di lavoro, per esempio, paga un po’ meno i propri dipendenti ma si impegna a pagar loro il premio o parte del premio mensile di cassa malati. Solo così in fondo le parti sociali hanno modo di mettersi d’accordo».
Stefano Rizzi, alla direzione della Divisione dell'economia del Dipartimento finanze ed economia, non prende posizione sulle scelte operate dalle tre aziende del Mendrisiotto. «Non ci esprimiamo su casi specifici e oggetto di trattative gestite fra le parti - annota a 'laRegione' --. D'altro canto, il contratto collettivo di lavoro è un accordo prettamente di natura privata». Ciò che è successo facendo leva sull'eccezione relativa al Ccl nell'ambito della legge sul salario minimo, comunque, dà da pensare. «Quell'eccezione è prevista nell'articolo 13 della Costituzione cantonale; insomma un ancoraggio forte», ribadisce il direttore della Divisione economia. Come si intende verificare il rispetto della nuova normativa? «È chiaro che con l'introduzione effettiva del salario minimo in dicembre - ci risponde Rizzi -, nell'ambito dei controlli potrebbe emergere la questione a sapere se si è in presenza di un Ccl validamente sottoscritto. D'altra parte, in caso di divergenze, sia in campo privato che pubblico, in ultima analisi sarà se del caso un tribunale a doversi esprimere».