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Referendum finanziario, favorevoli e contrari

Il 26 settembre si dovrà scegliere tra l’iniziativa che chiede di votare obbligatoriamente su alcune spese del Cantone, il controprogetto e lo status quo

(Ti-Press)
6 settembre 2021
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Tra gli altri oggetti federali e cantonali, i ticinesi il prossimo 26 settembre si esprimeranno anche sull’iniziativa ‘Basta tasse e basta spese…’ promossa dall’Udc e sottoscritta da oltre 12 mila cittadini e il relativo controprogetto proposto dal Gran Consiglio. L’Iniziativa chiede d'introdurre anche in Ticino (esiste già in altri 18 cantoni, ndr) il referendum finanziario obbligatorio. In pratica accanto all’istituto del referendum facoltativo, nella Costituzione cantonale verrebbe ancorato il principio di far passare al vaglio popolare obbligatorio, dopo che sono state approvate dal Gran Consiglio, tutti gli atti legislativi che generano spese sopra un determinato limite, sia per le spese ricorrenti sia per quelle d’investimento. Il testo fissa per le spese uniche un limite superiore ai 20 milioni di franchi e per quelle ricorrenti superiori ai 5 milioni di franchi (cumulati su 4 anni).

La maggioranza del Gran Consiglio, per contro, ha accolto lo scorso 23 febbraio un controprogetto all’iniziativa al fine d'istituire un referendum finanziario obbligatorio ‘filtrato dal Parlamento e d'innalzare i limiti di spesa. In particolare, il controprogetto stabilisce che il Gran Consiglio, con un terzo favorevole dei presenti e con un minimo di 25 deputati, vota la referendabilità obbligatoria degli atti che comportano una spesa unica superiore ai 30 milioni di franchi o una spesa annua superiore a 6 milioni di franchi per almeno quattro anni.

Entrambe le modifiche costituzionali sono sottoposte a votazione popolare tanto che sulla scheda oltre alle classiche opzioni tra ‘Sì’ e ‘No’ alle due domande, ce n’è anche una terza: “Nel caso in cui sia l’iniziativa popolare sia il controprogetto vengano accettati dal popolo: quale testo deve entrare in vigore?”.

Sindacati e sinistra: due volte No

Sul fronte del doppio ‘No’ troviamo la sinistra e i sindacati. Negli scorsi giorni il comitato Sos sanità, socialità e scuola ha preso pubblicamente posizione. “L’iniziativa – sostengono i contrari – è molto strabica in quanto non prevede il referendum obbligatorio in caso di sgravi fiscali”. “Questa iniziativa ha il chiaro scopo di frenare il già difficile processo decisionale per il varo d'investimenti e per il finanziamento dei miglioramenti dell’intervento sociale, sanitario e formativo del Cantone”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il sindacato dei servizi pubblici Vpod e l’Ocst. “Le modifiche costituzionali non aumentano la democrazia in Ticino e non sono nell’interesse dei ceti popolari. Esse hanno come scopo di bloccare le decisioni progressiste prese dal Parlamento a favore di una maggiore redistribuzione tra ricchi e poveri, per di più in un periodo storico drammatico dove le diseguaglianze aumentano”, afferma la Vpod. Infine si fa notare che il fronte del No potrà invocare il referendum senza nemmeno dover raccogliere una firma. Secondo l’Ocst, invece, il meccanismo democratico è garantito con il sistema attuale che prevede un referendum facoltativo. “In caso di dissenso è possibile già oggi organizzare una raccolta firme e bloccare una spesa controversa decisa dal Gran Consiglio”.

Le ragioni dei promotori

Gli iniziativisti fanno notare che le finanze cantonali presentano per i prossimi anni dei deficit di oltre 200 milioni di franchi l’anno e un debito pubblico di quasi tre miliardi. “La soluzione di aumentare imposte, tasse balzelli alle persone del ceto medio e alle piccole e medie imprese, per far quadrare i conti, non è più accettabile”. “Lo Stato – sostengono – prima di chiedere nuovi soldi ai cittadini deve mantenere sotto controllo la sua spesa”. Questo non vuol dire spendere meno ma “di sicuro spendere meglio le molte risorse che già preleva e incassa”. Gli iniziativisti propongono uno strumento molto ‘svizzero’ e collaudato in 18 Cantoni per evitare aumenti di imposte e tasse e mantenere in equilibrio le finanze: il referendum finanziario obbligatorio. Tale istituto, precisano, non si applicherà a tutti gli aumenti di spesa, ma solo a quelli che necessitano di un cambiamento di base legale o di un nuovo decreto legislativo.

La mediazione del Gran Consiglio

Il controprogetto è frutto di una lunga mediazione in seno alla Commissione della gestione, recepisce il principio del controllo democratico, ma attenua il meccanismo del voto popolare e dà la responsabilità al Gran Consiglio, tenendo conto di un quorum minimo (⅓ dei deputati presenti ma almeno 25) e aumentando i limiti di spesa (30 milioni una tantum o 6 milioni le spese cumulate su quattro anni), di indire o no un referendum finanziario. Per il resto le motivazioni che spingono a votare Sì al controprogetto sono le stesse degli iniziativisti: maggiore controllo democratico; non ci sarà un’esplosione del numero delle consultazioni popolari.