Dopo che l'estate scorsa la forte presenza di escursionisti svizzeri aveva in parte compensato i danni della pandemia, ora si guarda al futuro
Riparte il turismo e ricomincia anche la stagione delle capanne. La seconda sotto il segno – stavolta meno marcato, si spera – del coronavirus, che l’anno scorso ha indotto un calo tra il 20 e il 30% dei pernottamenti: non perché non vi fosse richiesta, ma perché le misure anti-Covid hanno significativamente ridotto i posti letto. «Per noi questo ha determinato un calo degli incassi nell’ordine del 20%», spiega Franco Demarchi, storico custode della capanna Campo Tencia, a 2’140 metri in alta Val Piumogna, sopra Dalpe: «A frenare il calo è stato il buon numero di coperti sul mezzogiorno, anche quelli comunque limitati dalle distanze di sicurezza. In questo senso, speriamo che ora Berna confermi l’intenzione di permettere il servizio a comitive più numerose sulle terrazze e a gruppi fino a sei persone all’interno». Resta il problema dei letti, «che qui da noi restano ridotti da 70 a 35. Un problema soprattutto per le strutture con grandi camerate, mentre quelle con stanze più piccole riescono in molti casi a contenere la contrazione della capienza».
L’anno scorso, comunque, la stagione non è stata da buttar via, complice anche la forte presenza di turisti ticinesi e più in generale svizzeri. Quanto all’estate in arrivo, «probabilmente la riapertura delle frontiere ci priverà di quegli ospiti che poco hanno a che fare con la montagna, ma che l’anno scorso per un motivo o per l’altro non erano andati al mare o altrove». Un turismo che pone anche i suoi problemi, come nota Demarchi, ‘capannaro’ da 31 anni che di gente lassù in cima ne ha vista passare: «Chiaramente è salito anche chi non aveva ben capito cosa significhi il soggiorno in alta quota, l’ospite che ti chiede magari il servizio lavanderia o la carta dei vini…». D’altronde il cambiamento è in corso da tempo, e tutto sommato non è sempre un male: «Negli anni le capanne sono diventate ambienti sempre più accoglienti e professionali, e questo ha permesso di attirare persone anche al di fuori della più ristretta cerchia alpinistica: penso in particolare alle famiglie. Una mano l’hanno data anche i nuovi percorsi mirati a valorizzare le cime e le capanne, nel nostro caso la Via Alta Idra. Nel frattempo la nostra passione è diventata sempre più una professione. L’importante è solo che si capisca cosa comporta salire in montagna, tanto in termini di comfort quanto di sicurezza e rispetto, della natura e del prossimo», conclude Demarchi.
In Ticino capanne e rifugi sono oltre 200, ma di essi solo 80 sono quelli che assicurano la stragrande maggioranza dei circa 50mila pernottamenti annuali: 40 hanno un custode e sono accessibili tutta l’estate, con servizio di ristorazione anche a mezzogiorno; nelle altre strutture occorre provvedere da soli a viveri e cucina. 130 sono i rifugi più piccoli – con meno di 10 posti letto – nelle zone più isolate. In generale il periodo di accessibilità va da metà giugno a metà ottobre, ma 15 possono essere frequentate anche in inverno per praticare sciescursionismo. Il Club alpino svizzero è proprietario di 11 capanne, la Federazione alpinistica ticinese di 31. Molte altre appartengono a comuni, patriziati e associazioni private.
Il costo della mezza pensione si aggira tra i 60 e gli 80 franchi per persona al giorno. Mentre le capanne di un tempo nascevano con camerate da 15 o 20 letti, quelle più nuove o recentemente ristrutturate preferiscono adottare soluzioni con camere da 4 o 6 letti, adatte anche alle famiglie. La capanna più antica del Ticino è quella di Campo Tencia, che ha oltre un secolo; la più recente è Piansecco, inaugurata nel 2020 e costata circa due milioni e mezzo di franchi. La maggioranza dei visitatori proviene da Svizzera tedesca e Germania; si contano anche molti romandi e italiani, ma non mancano ticinesi.
Un sottopiatto di carta per fare scoprire trenta capanne, con tanto di foto e informazioni fondamentali. L’iniziativa è della Federazione alpinistica ticinese (Fat), che quest’anno ha pensato anche ai bambini: sul retro del sottopiatto si trova infatti un classico ‘gioco dell’oca’ che parte dal punto più basso del Ticino (e della Svizzera: Ascona, a 196 metri sul livello del mare) per raggiungere quello più alto (la cima dell’Adula, 3’402 metri). Un viaggio che porta a conoscere le strutture alpine disseminate sul territorio ticinese, anche attraverso domande sul territorio e le stesse capanne (ad esempio: quali animali è più facile vedere dalla capanna Scaletta?). Il sottopiatto si trova in tutte le capanne Fat – associazione cappello che riunisce una quindicina di società alpinistiche locali –, ma anche in molti ritrovi pubblici del fondovalle.