Il Consiglio di Stato risponde a una mozione dei popolari democratici Imelli e Dadò, ritenendola evasa, che chiede l'adesione all'Appello di Berna. E agirà
“Il Consiglio di Stato intende lanciare una segnale inequivocabile contro ogni forma di punizione corporale, confermando la volontà di profilarsi come Cantone particolarmente attento alla tematica dei diritti del bambino e del pieno rispetto della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo”. Un impegno importante, messo nero su bianco dal governo in risposta a una mozione inoltrata nel dicembre scorso dai deputati del Ppd Sara Imelli e Fiorenzo Dadò. Un impegno che porterà lo stesso Consiglio di Stato “a comunicare la propria posizione al Consiglio federale e invitandolo a promulgare un messaggio che proponga alle Camere federali di iscrivere nel Codice civile svizzero il divieto delle punizioni corporali”.
Le richieste nella mozione Imelli-Dadò erano tre: inoltrare a Berna la richiesta da parte del Canton Ticino di adesione all'Appello di Berna, promosso dal Centre interfacultaire en droits de l'enfant (Cide), che ha lo scopo “di sensibilizzare le autorità federali e la società civile affinché il divieto delle punizioni corporali venga, appunto, iscritto nel Codice civile; creare un gruppo di lavoro interpartitico che possa aiutare il Ticino ad abolire le punizioni corporali su ogni bambino e a collaborare con una rete fitta di enti e associazioni; compiere concrete azioni sul territorio per sensibilizzare, promuovere e informare la popolazione per prevenire le punizioni corporali e ogni forma di educazione violenta contro i bambini. Il Consiglio di Stato, nel proprio messaggio in risposta a questa mozione, chiede di ritenere evaso l'atto poiché “ritiene di aver ottemperato alle richieste formulate”. Perché se si è pronti a chiedere al Consiglio federale dei passi decisi verso l'interruzioni delle punizioni corporali, sugli altri due punti della mozione c'è “un distinguo argomentato”. Ma non da poco.
Perché dopo aver informato della propria intenzione di attivarsi con forza a livello federale, il governo cantonale - si legge nel rapporto - “parimenti dimostra la sua volontà di agire anche sul territorio cantonale con l'istituzione del ‘Programma cantonale di promozione dei diritti dei bambini, di prevenzione della violenza e di protezione di infanzia e gioventù (0-25 anni) 2021-2024’”. L'elaborazione di questo Programma, spiega il Consiglio di Stato, “prevede il coinvolgimento propositivo degli enti attivi sul territorio nell'ambito delle politiche per le famiglie, l'infanzia e la gioventù, sia per fornire utili spunti (attraverso audizioni) sia per sviluppare progetti di prevenzione o di formazione”. In particolare, è previsto il coinvolgimento della Commissione cantonale per le colonie, della Commissione cantonale per la gioventù, del Forum genitorialità, della Piattaforma infanzia coordinata dalla Supsi, dell'Osservatorio cantonale della politica familiare, della Piattaforma politiche giovanili, del Forum per la promozione della salute nella scuola ed del Forum 20 novembre. Oltre questa ricca partecipazione, si specifica che “in tutte le sue fasi il Programma prevede anche il coinvolgimento dei giovani e delle famiglie”. La creazione di un gruppo interpartitico per affrontare il tema, quindi, per il governo non c'è.
Esattamente come viene ritenuto evaso perché superato dai fatti l'invito a compiere azioni concrete anche di sensibilizzazione sul territorio. Questo Programma cantonale, infatti, “avrà tra i suoi principi faro la sensibilizzazione all'educazione senza ricorso ad alcuna forma di violenza e impostata sul buon trattamento. Di conseguenza - continua il governo nel proprio messaggio - sul tema verranno promosse iniziative e misure a carattere informativo, formativo, educativo e preventivo”. Gli ambiti d'intervento saranno cinque: famiglie, scuola, spazio sociale, settore socio-sanitario e settore socio-educativo.
Tra le sfide principali che si pone il Programma 2021-2024 ci sono “il rafforzamento della partecipazione dei bambini e dei giovani alle decisioni che li riguardano, la promozione delle politiche giovanili, la prevenzione del disagio giovanile e la prevenzione della violenza che coinvolge i giovani”.
Il Consiglio di Stato, come detto, ritiene evaso l'atto parlamentare. Ma stando a nostre informazioni, l'orientamento dei mozionanti sarebbe quello di andare comunque sia in Commissione sia in Gran Consiglio per ribadire l'importanza del tema e chiedere ulteriori passi avanti.