Il Consiglio della magistratura stila l'annuale rapporto. E ribadisce: permangono alcune situazioni critiche derivanti dalla mancanza di sufficienti risorse
Durante lo scorso anno la magistratura ticinese - civile, penale, amministrativa... - ha evaso “ben 47'379" incarti (48'935 nel 2019). Nonostante le misure anti-pandemia che hanno condizionato l’attività anche delle autorità giudiziarie, quest’ultime sono riuscite a garantire “nel complesso” il funzionamento della giustizia. Tuttavia "permangono" alcune situazioni “anche critiche” che richiedono “interventi sia a breve scadenza, sia in prospettiva”. È quanto scrive il Cdm, il Consiglio della magistratura nel rapporto 2020 appena pubblicato, ribadendo in parte concetti espressi in precedenti rendiconti.
Interventi dunque, che dovrebbero tradursi, si auspica, nella dotazione da parte della politica, cioè governo e Gran Consiglio, anche delle necessarie risorse “umane e materiali”. Ricorda il Cdm presieduto dal giudice d’Appello Werner Walser: “Il diritto alla via giudiziaria è di rango costituzionale e la magistratura ticinese è composta in massima parte di unità di piccole dimensioni, in cui l’assenza o la non immediata sostituzione anche di una sola persona (magistrato o funzionario) non deve, ma può avere, e spesso ha, nell’immediato importanti ricadute negative in termini di quantità e qualità produttiva e di tempistica di evasione da parte degli uffici giudiziari". Pertanto, aggiunge il Consiglio, "resta da affrontare la fragilità delle strutture e degli effettivi della magistratura, non più al passo con i tempi, chiamata ad attuare esigenti standard procedurali federali, in continua evoluzione, con cui pure il Cantone Ticino è chiamato a confrontarsi”.
Fra le situazioni critiche, riconducibili alla mancanza di sufficienti risorse, cosa che provoca l'incremento delle giacenze, l’organo che vigila sull’operato della magistratura cita quella del Tram. Il Tribunale cantonale amministrativo, si afferma nel rapporto, “ha riportato al 2021 1'118 incarti: la situazione continua a essere molto preoccupante, poiché le pendenze rappresentano ben il 162 per cento delle entrate e degli incarti chiusi, che equivalgono ancora a circa un anno e otto mesi di lavoro o circa seicento giorni di lavoro”. Il Cdm menziona altresì l’Ufficio dei gpc, i giudici dei provvedimenti coercitivi tenuti fra l’altro a confermare o meno gli arresti ordinati dal Ministero pubblico. L’Ufficio “continua a lavorare con un organico di magistrati insufficiente (anche con competenze nel frattempo aumentate)". Il che è "fonte di grande preoccupazione per il futuro”. Rincara il Consiglio: “In queste condizioni di operatività - critiche - il rischio di conseguenze derivanti da uno scadimento del livello di tutela giurisdizionale è concreto”. Il Consiglio della magistratura non ha dubbi: “Occorre intervenire in modo serio, finalmente, migliorando la dotazione di personale e/o togliendo competenze all’Ufficio" dei gpc. Insomma “la politica dei ’cerotti’ ha esaurito da tempo ogni e qualsiasi eventuale potenziale”. Il tema è comunque sotto la lente del parlamento, e meglio della commissione ’Giustizia e diritti’, intenzionata a dar seguito - un passo condiviso dal governo - all’iniziativa inoltrata nel dicembre 2018 dal socialista Raoul Ghisletta, insieme con l’allora deputato (indipendente) Jacques Ducry, che chiede di ripristinare il quarto giudice dei provvedimenti coercitivi, rimosso nel 2016 da Consiglio di Stato e Gran Consiglio con la grande manovra di risparmio per risanare le finanze cantonali. Restando in ambito penale ma passando alla Procura, il Cdm osserva che “il solco scavato negli anni precedenti dalla mancata produttività a causa di insufficienti risorse, rende sempre più difficile riorientare la rotta del Ministero pubblico verso acque meno agitate”. In marzo il parlamento, sottoscrivendo la proposta dell’Esecutivo, ha dato l'ok al potenziamento: due procuratori in più. Il relativo bando di concorso non è però ancora uscito... Nel rapporto 2020 il Consiglio della magistratura accenna anche alla Pretura penale: “La situazione delle pendenze a fine periodo non è adeguata alla luce del principio di celerità che informa la procedura penale”. Considerato pure il “gravoso carico di lavoro (e di arretrati)", la Pretura penale andrebbe potenziata con “almeno un magistrato a tempo pieno”. Non è tutto: “Per il sesto anno di fila - indica il Cdm - il Tribunale penale cantonale è stato confrontato con un carico di lavoro notevolmente aumentato (...). Il consolidamento a cinque giudici potrebbe non bastare. Occorrerà tenere conto anche degli effetti di ulteriori potenziamenti presso il Ministero pubblico”.
Sostiene il Cdm: “I tempi tecnici necessari per poter disporre, se del caso, di adeguati rinforzi in personale negli uffici (giudiziari ndr.) interessati restano inspiegabilmente biblici, nonostante il Dipartimento delle istituzioni in primis disponga da anni di tutti i riscontri necessari, anche - ma non solo - da parte del Consiglio della magistratura”. Interpellato dalla ’Regione’, il Dipartimento evita la polemica. «Proprio stamane (ieri mattina ndr.) - annota - si è tenuto un incontro tra la presidenza del Consiglio della magistratura e la Divisione della giustizia per discutere del rapporto 2020 in maniera costruttiva. Abbiamo informato il presidente del Cdm dei passi intrapresi per affrontare le criticità sollevate anche dal rendiconto e delle riflessioni che si stanno facendo a livello di riorganizzazione giudiziaria. Riguardo alla magistratura penale, l’effetto dell’aumento del numero dei giudici del Tribunale penale potrà essere valutato solo dopo un congruo periodo di attività dei cinque magistrati. Stesso discorso per il Ministero pubblico potenziato di recente con due ulteriori procuratori pubblici e le relative ‘colonne’ (segretario e segretario giudiziario). Ulteriori misure a supporto della giustizia penale - continua il Dipartimento - sono in corso di elaborazione da parte della Divisione giustizia, come il messaggio per il potenziamento dell’Ufficio del gpc. Ma l’efficacia dei potenziamenti dipende anche dal fattore umano, ovvero dalle capacità dei singoli magistrati e ciò vale in ogni ambito professionale».