L’MpS invita a tornare in piazza per il Primo maggio. Altrove, la costituzionalità del limite di 15 persone è contestata da sinistra.
“Dopo la pausa forzata dello scorso anno, è ora di tornare a manifestare in occasione del Primo maggio”. È l’appello del Movimento per il socialismo a tornare in piazza lanciato negli scorsi giorni. Naturalmente tutte le misure di protezione e di distanziamento sociale verranno osservate, si precisa. In tempi di pandemia suona però strano chiamare a raccolta potenzialmente centinaia di persone quando i limiti legali attuali permettono assembramenti al massimo di 15 persone. «Come MpS confermiamo l’invito a tornare in piazza, ma rispettando tutte le misure di protezione: distanziamento e mascherine. Non intendiamo mettere in pericolo la salute di nessuno e né mettere sotto pressione il sistema sanitario», ci conferma Matteo Pronzini, deputato in Gran Consiglio. «È anche un modo per ribadire il sostegno a tutti coloro che in questo anno di pandemia sono stati in prima linea nel garantire la continuità della società. Ci riferiamo ai lavoratori del settore sanitario, a quelli del commercio, del trasporto e della scuola», continua Pronzini che precisa che «i diritti costituzionali non sono stati aboliti. Riunirsi collettivamente per ragioni politiche, rispettando le norme igieniche e per di più all’aperto, non dovrebbe essere più pericoloso del mercato del sabato a Bellinzona». «La piazza scelta è quella del Sole, sufficientemente ampia da permettere il distanziamento», commenta ancora Pronzini. Il Movimento per il Socialismo non si è ancora preoccupato di chiedere eventuali autorizzazioni alla Città di Bellinzona. Proprio oggi il Consiglio federale dovrebbe mettere in consultazione la proposta di ordinanza Covid. «Non è detto che le attuali restrizioni siano ancora in vigore», aggiunge il deputato dell’MpS. Per il momento non sono note altre manifestazioni per il Primo maggio organizzati dalle sigle del mondo del lavoro.
In altri cantoni contro le restrizioni anti-pandemiche imposte o prolungate dalle autorità sono stati inoltrati ricorsi. Come nel Canton Zurigo dove, riferiva nei giorni scorsi l’Ats, diversi partiti e movimenti di sinistra si sono opposti al divieto di manifestazioni per più di quindici persone: in un reclamo al Tribunale amministrativo affermano che l’articolo dell’ordinanza cantonale Covid-19 è anticostituzionale. L’estensione del divieto di manifestazioni senza modifiche sino a fine di aprile, il Consiglio di Stato zurighese non è disposto a porre fine a “questo stato di cose incostituzionale”, scrivono i ricorrenti. In una città come Zurigo, si legge ancora nel dispaccio dell’Agenzia telegrafica svizzera, la misura ha ripercussioni soprattutto sulle attività delle organizzazioni e dei movimenti politici.
Pochissimi in Ticino - non si contano neppure sulle dita di una mano - i ricorsi inoltrati finora al Tribunale cantonale amministrativo contro le restrizioni anti-Covid contemplate dalle risoluzioni del Consiglio di Stato succedutesi nel tempo. Ricorsi che, come abbiamo potuto appurare, risalgono peraltro allo scorso anno. Nessun partito figura tra coloro che si sono rivolti al Tram. Non solo. I giudici non hanno deliberato nel merito di nessuno dei citati ricorsi, o perché divenuti nel frattempo privi di oggetto in seguito ad allentamenti decisi dal governo o perché ritirati. Un ricorso era stato inoltrato da una donna residente nel Sopraceneri: contestava il (controverso) divieto per gli over 65 di andare a fare la spesa. In questo caso una decisione del Tribunale amministrativo c’è stata, ma non era quella di merito: il Tram non aveva infatti accordato l’effetto sospensivo al ricorso, per cui il provvedimento governativo era rimasto in vigore. I giudici avevano ritenuto preponderante l’interesse della salute pubblica, considerato le persone anziane quelle maggiormente a rischio, valutato non arbitrario il limite posto a 65 anni e stabilito che non vi fossero delle evidenze di incompatibilità della disposizione ticinese con il diritto federale. Alla luce della mancata concessione dell’effetto sospensivo e in seguito all'allentamento della misura, la donna aveva ritirato il ricorso. L’associazione ticinese di fedeli ’Santa Messa cattolica in rito antico San Salvatore’ era invece insorta contro la risoluzione di quasi un anno fa con la quale il Consiglio di Stato aveva prolungato, fino a domenica 10 maggio, la sospensione delle funzioni nei luoghi di culto. Anche in questo caso il ricorso era divenuto privo di oggetto dopo gli allentamenti decisi dall’Esecutivo cantonale. Avevano fatto capo al Tribunale amministrativo anche otto locali erotici, quasi tutti del Sottoceneri. Era l’ottobre scorso. Chiedevano l’annullamento della chiusura dei postriboli disposta dal Consiglio di Stato. Lamentavano una disparità di trattamento, dato che gli appartamenti nei quali si pratica la prostituzione non venivano toccati dall’ordine di chiusura. La vertenza era però rientrata nel giro di pochi giorni: adeguandosi alle nuove decisioni del Consiglio federale, il governo cantonale autorizzava i locali erotici a riaprire, con tuttavia delle limitazioni orarie. Arrivava dal Sopraceneri, firmato da una signora, il ricorso al Tram contro l’obbligo per gli allievi delle medie di indossare la mascherina a scuola. Ma il ricorso, dal sapore negazionista, è stato ritirato in breve tempo.
Al Tram sono invece pendenti un paio di ricorsi inoltrati da cliniche private contro determinate misure di riorganizzazione ospedaliera attuate per far fronte alla pandemia. Ma questa è un’altra storia.