Ticino

Appalti, il Tribunale federale dà ragione alle agenzie interinali

La massima istanza giudiziaria ha accolto parzialmente le ragioni di chi contestava l’equiparazione del prestito di manodopera al subappalto

6 aprile 2021
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L’applicazione del divieto di principio del subappalto previsto dall’articolo 24 della legge ticinese sulle commesse pubbliche (LcPubb) alle agenzie interinali “è contraria all’Accordo sulla libera circolazione”. La norma contestata “va dunque parzialmente annullata nella misura in cui assimila l’impiego di personale fornito da terzi al subappalto”. Pertanto il ricorso “va parzialmente accolto” e “la frase ‘e/o l’impiego di personale fornito da terzi’ di cui all’articolo 24 capoverso 1 della LcPubb va annullata”. Stanno nelle pagine 14 e 15 delle diciotto della sentenza i motivi per i quali il Tribunale federale ha di fatto emendato la Legge ticinese sulle commesse pubbliche approvata dal Gran Consiglio il 10 aprile del 2017 e non ancora entrata integralmente in vigore, almeno per l’aspetto del capoverso 1 dell’articolo 24 che considera subappalto il prestito di manodopera. Nell’agosto del 2019 il Tf, infatti, aveva concesso l’effetto sospensivo su richiesta di Swissstaffing di Dübendorf - organizzazione mantello delle agenzie interinali - e di sei imprese attive in Ticino nel prestito di personale. Patrocinate tutte e sette dagli avvocati Urs Saxer e Florence Mathier di Zurigo, si sono ora viste, nel merito, accogliere parzialmente da Mon Repos il loro ricorso: la sentenza, datata 17 marzo, è stata intimata in questi giorni.

La frase da rimuovere dalla legge era frutto di un emendamento proposto dai granconsiglieri popolari democratici, nonché sindacalisti dell’Ocst, Giorgio Fonio e Lorenzo Jelmini. Emendamento accolto dagli altri gruppi, a eccezione del Plr, mentre la Lega si era astenuta. Secondo la nuova disposizione, la ditta che avesse avuto bisogno di forze in più per eseguire il lavoro assegnatole dall’ente pubblico avrebbe potuto ricorrere alle agenzie interinali solo se non fosse stato possibile reperire la manodopera necessaria attraverso gli Uffici regionali di collocamento. Il primo passo, obbligatorio, sarebbe stato quello di rivolgersi agli Urc. Insomma, come ricorda il Tf, il parlamento cantonale aveva stabilito che il prestito di personale (’l’impiego di personale fornito da terzi’) “è considerato una forma di subappalto. Che è di principio vietato ed è ammesso, in via eccezionale, soltanto a delle condizioni restrittive”.

Per come è stato concepito, annotano i giudici della seconda Corte di diritto pubblico del Tf, “questo sistema normativo significa che il prestito di personale è quindi, di fatto, di principio vietato e può essere ammesso solo eccezionalmente. Come correttamente rilevato dalle ricorrenti, un tale divieto è però di principio problematico. Esso rende infatti sensibilmente più difficile l’accesso dei lavoratori temporanei al mercato delle commesse pubbliche ticinesi". Aggiunge Mon Repos: "Ora, nel contesto particolare del mercato del lavoro temporaneo ticinese, dove – come sostenuto dalle ricorrenti e confermato dal Consiglio di Stato – la maggior parte dei lavoratori temporanei attivi sono frontalieri", il citato sistema "implica una potenziale discriminazione indiretta nei confronti di questi ultimi, la quale non è compatibile con gli articoli 2 dell’Accordo sulla libera circolazione e 9, capoverso 1, allegato I Alc. Del resto la protezione del mercato ticinese delle commesse pubbliche da un eccessivo afflusso di manodopera estera (proveniente in particolare dalla vicina Penisola) coincide con lo scopo principale perseguito dal legislatore con l’adozione dell’articolo 24 LcPubb, ossia garantire l’applicazione della ’clausola nazionale’ ".

È bene ricordare che l’articolo 24 non è stato snaturato dal Tribunale federale. Il principio del divieto di subappalto rimane ed è possibile a un solo livello (nessun subappalto del subappalto, per intenderci) e soltanto a determinate condizioni previste dal terzo capoverso dello stesso articolo. La stessa legge, infine, si applica solo sotto determinate soglie del valore di appalto definite dal Concordato intercantonale sugli appalti pubblici: 8,7 milioni di franchi per i contratti di costruzione; 350 mila franchi per le prestazioni di servizio generali; 700 mila franchi per prestazioni di servizio nel campo di acqua, energia e trasporti. Sopra questi valori soglia si parla di ’commesse internazionali’ su cui le norme cantonali non possono incidere in nessun modo.

I suggerimenti della Corte per gare d’appalto ‘sociali’

Ma il Tf si spinge oltre. ”L’accoglimento parziale del ricorso non significa che il legislatore cantonale non abbia nessuna possibilità di limitare l’impiego di personale interinale nell’ambito delle commesse pubbliche”, si legge nel recente verdetto. Delle limitazioni in tal senso, seppure indirettamente discriminatorie, restano possibili, “a condizione però di rispettare il diritto nazionale e internazionale e la relativa giurisprudenza”, si precisa. In relazione all’Accordo sulla libera circolazione, per esempio, ciò significa che “esse devono essere fondate su ragioni imperative d’interesse generale e proporzionate all’obiettivo perseguito. Nell’ambito dell’appalto pubblico questi interessi possono essere fondati su criteri di idoneità o essere di natura sociale. E si fa un esempio. “Allo scopo di garantire una prestazione lavorativa di qualità, la legge può prevedere che il committente possa esigere che la ditta offerente sia stabile sotto il profilo del personale e che svolga la commessa impiegando personale dirigente che dispone di esperienza nel campo ed è alle sue dipendenze già da tempo”. Allo stesso modo, continuano i giudici di Mon Repos, “può essere preteso dalla ditta aggiudicataria che la maggior parte dei lavoratori impiegati per portare a termine la commessa – anche in funzioni subordinate – siano già alle dipendenze della ditta e che non siano invece assunti appositamente a tal fine”.

Insomma, i modi legali per applicare la cosiddetta ‘clausola nazionale’ perseguita dalla LcPubb ci sono. Non si possono violare però norme (superiori) del diritto nazionale e internazionale.