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Il traffico di armi si è quasi azzerato tra Ticino e Lombardia

È quanto emerge da un’analisi della Questura di Como sui reati a cavallo della frontiera. Una volta il centro lariano era snodo importante per le varie mafie

(archivio Ti-Press)
6 aprile 2021
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C’è un reato che sembra essere definitivamente uscito dai radar delle forze dell’ordine comasche: il commercio clandestino di armi dal Canton Ticino, pistole, mitragliette e soprattutto Kalashnikov impugnate nel corso degli anni dai killer della criminalità organizzata. Anche il traffico internazionale di droga lungo la dorsale ferroviaria del Gottardo è quasi sparito. Sono, infatti, scomparsi i corrieri di stupefacenti che viaggiavano sui treni in transito dalla stazione di Chiasso con decine ovuli in pancia.

È quanto emerge da una indagine della Questura di Como sull’evoluzione dei reati nella provincia lariana negli ultimi vent’anni. «I dati stanno a dimostrare che per quanto riguarda i delitti rispetto a venti anni fa si sta decisamente meglio – commenta Giuseppe De Angelis, questore di Como –. Incominciando dai reati legati alla frontiera. Non c’è dubbio che essendo il capoluogo lariano città di frontiera è stato chiamato a fare i conti con pericolosi traffici internazionali, come sono stati per lunghi anni quelli di armi e droga».

Per capire cosa ha significato per Como il traffico di armi dal Canton Ticino è sufficiente consultare gli archivi dei giornali. O, a maggior regione, i resoconti delle audizioni davanti alla ‘Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari’. Come quella del 4 dicembre 1992, protagonista Leonardo Messina, il primo pentito di mafia a nominare mafioso Giulio Andreotti. Dalle confessioni di ‘Narduzzo’, raccolte da Paolo Borsellino, scaturì il 17 settembre 1992 l’operazione ‘Leopardo’ (oltre duecento arresti, numerosi dei quali a Como e Varese), considerata fra le più importanti inchieste antimafia in Italia. Nel corso della lunga audizione Messina dedicò un capitolo importante alle armi. A una domanda di Luciano Violante, presidente della Commissione antimafia, il collaboratore di giustizia rispose: “Sono tutte fesserie gli articoli giornalistici che parlano di navi che arrivano a Palermo carichi di armi. Anche per le armi, come per la droga, la mafia di avvale di mille strade: quando non può disporne le ruba oppure le compra al nord, in Svizzera, nelle armerie del Canton Ticino. Negli anni in cui ero al confine obbligato a Bulgarograsso, nel comasco, ho acquistato in Ticino armi per centinaia di milioni di lire. A Lugano era come andare a comperare le caramelle. In Ticino se si conosceva l’armiere, si otteneva tutto ciò che si voleva. Un Kalashnikov costava un milione e mezzo, due milioni e trecento mila lire con due caricatori con trecento colpi”. 

In quegli anni, una volta fatto il pieno di armi in Ticino, il problema era attraversare la frontiera, anche perché allora c’erano serrati controlli. La droga ha scelto altre via. Incominciando da quella dei balcani. L’indagine della Questura lariana si è focalizzata su un ampio ventaglio di reati, fra cui alcuni abitualmente considerati minori, ma che minori non lo sono, come ben sanno coloro che li hanno subiti, in cominciando dai furti in abitazioni. Un reato odioso che nell’ultimo quinquennio si è quasi dimezzato. Stessa tendenza per le rapine. In crescita le truffe e le violenze sessuali. In calo anche le denunce per stupefacenti. In questo ambito negli ultimi anni si è registrato una attività di spaccio nelle zone boschive con il Canton Ticino. E ciò lo si deve alla clientela ticinese.