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'A questo punto meglio l'elezione popolare dei magistrati'

Il presidente del Ppd Dadò: 'In commissione Giustizia non si riesce più a lavorare, in parlamento manca la fiducia tra i partiti. Inaccettabili interferenze esterne'

Fiorenzo Dadò (Ti-Press)
27 febbraio 2021
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«In quella commissione oggi non si riesce più a lavorare!», afferma perentorio Fiorenzo Dadò, reduce dalla riunione del Comitato cantonale del suo partito durante la quale ha accennato all’indipendenza della magistratura e del Gran Consiglio fra “le situazioni che vanno affrontate” (vedi l’edizione di ieri). La commissione parlamentare di cui parla - e di cui fa parte - il presidente e deputato del Ppd è la ’Giustizia e diritti’, istituita dalla nuova legge sul Gran Consiglio entrata in vigore nel maggio 2019. Tra i compiti della giovane commissione quello di proporre al plenum del parlamento, autorità di nomina di giudici e procuratori pubblici, l’elezione di questo o quell’aspirante magistrato, tenuto conto anche del preavviso sulle candidature (idonee o non idonee) espresso dal gruppo di esperti.

Dadò, perché oggi non si riesce più a lavorare nella ’Giustizia e diritti’?

Non c’è più quel clima di fiducia che dovrebbe esserci nelle commissioni parlamentari tra i deputati che rappresentano i vari partiti e soprattutto non c'è più tra i partiti. Ciò che è capitato lunedì in Gran Consiglio ne è la dimostrazione.

Immagino che alluda all’elezione del nuovo pretore di Vallemaggia.

Esattamente. Ora, non è normale che una commissione dopo aver discusso, svolto audizioni, fatto approfondimenti e stilato un rapporto firmato dall’ottanta per cento dei propri membri, appartenenti a più forze politiche, nel quale viene proposto il candidato ritenuto migliore, venga poi sconfessata dal plenum del Gran Consiglio. Dunque non solo dai liberali radicali, che nella 'Giustizia e diritti' si erano opposti alla proposta della maggioranza commissionale di eleggere un candidato presentatosi come indipendente. Il plenum, con il voto segreto, ha invece optato per la candidata di area Plr.

È comunque il plenum del parlamento ad avere l’ultima parola sulla nomina dei magistrati...

Certo, ma allora come si giustifica l’esistenza di una commissione che proprio il Gran Consiglio ha voluto per portare ordine - su un tema importante e delicato come la nomina dei magistrati - nella procedura di elezione di procuratori e giudici? Cosa ci sta a fare se le sue indicazioni, suggellate con le firme in calce a un rapporto, vengono smentite dal plenum? Che senso ha impiegare parecchio tempo in commissione e nei gruppi parlamentari per trovare una convergenza su un candidato, del quale la stragrande maggioranza della 'Giustizia e diritti' propone l'elezione, se in seguito si è sconfessati? Così non c'è più nessuna garanzia di serietà.

Come se lo spiega allora il ribaltone di lunedì in Gran Consiglio?

Evidentemente la maggioranza raggiunta all’interno della ’Giustizia e diritti’ si è sciolta come neve al sole nelle settimane seguenti, tra la firma del rapporto e il voto in parlamento. E si è sciolta a causa di inaccettabili interferenze esterne. Giacche tirate e telefonate anche da parte di magistrati in carica. Siamo ormai a questi livelli: magistrati che esigono giustamente, in virtù della separazione dei poteri, che i politici non interferiscano nella loro attività, ma che poi si permettono di intromettersi nella procedura di nomina come se fosse affar loro. Aggiungo un’altra cosa. Mi dispiace dirlo, ma il clima negativo in commissione è stato provocato dall’atteggiamento di alcuni deputati del Plr, partito che oltretutto è già fin troppo rappresentato nei palazzi ticinesi di giustizia, considerato che oltre il quaranta per cento dei magistrati è di area liberale radicale. Questo atteggiamento non c'è stato solo in occasione dell'elezione del pretore di Vallemaggia, lo abbiamo visto anche lo scorso autunno nella procedura di rinnovo dei mandati in seno al Ministero pubblico. Pur di non far rieleggere cinque procuratori, un quarto della squadra di inquirenti, questi deputati si sono opposti fino all’ultimo ad approfondimenti e a perizie. La maggioranza della ’Giustizia e diritti’ ha dovuto lottare per incaricare un ex giudice del Tribunale federale per verificare se la procedura seguita fosse regolare. Confermando anche i cinque pp, la cui rielezione era stata preavvisata negativamente dal Consiglio della magistratura, il plenum del parlamento ha dato ragione alla maggioranza della commissione, riconoscendo la piena validità degli approfondimenti effettuati.

Insomma, secondo lei la commissione ha mancato l’obiettivo per cui è stata introdotta.

Constato che da quando c’è, le interferenze e le polemiche sulle nomine sono aumentate.

Quindi?

Quindi così non si può più continuare, occorre vera indipendenza e trasparenza. Io e colleghi di altri partiti stiamo valutando se proporre modalità di nomina di procuratori e giudici diverse da quella vigente. Penso all’elezione popolare. Oppure al sorteggio dei candidati, preliminarmente giudicati idonei a ricoprire la carica da una commissione di tecnici veramente indipendenti. Non sarebbe una novità, la Costituente del 1892 demandò la nomina del Tribunale d'appello e dei pretori al popolo dopo che eccessive interferenze in parlamento manipolavano le elezioni.

Un segnale positivo è però nel frattempo giunto dalla commissione ed è la convergenza sull’aumento del numero dei magistrati inquirenti, con due procuratori in più.

Una convergenza doverosa dopo che per anni si è detto che il Ministero pubblico va potenziato a causa della mole di lavoro. Non si può non investire nel potere giudiziario e l’investimento prioritario sono le risorse umane. Tuttavia se il clima in commissione non cambierà, e non mi faccio soverchie illusioni, temo che il bello, anzi il brutto, lo vedremo fra qualche mese quando si tratterà di nominare quei due procuratori.