Il Gran Consiglio approva la proposta da Viscardi (Plr) ma boccia il limite di un solo atto a testa per sessione. Sull'urgenza deciderà l'Ufficio presidenziale
È una stretta a metà quella che il Gran Consiglio ha votato questo pomeriggio sull’istituto dell’interpellanza. Resta il concetto d’urgenza: l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio deciderà sulla richiesta, appunto, di urgenza che accompagnerà le interpellanze. Quelle che non verranno giudicate urgenti saranno trasformate automaticamente in interrogazioni, con risposta scritta. Alle interpellanze che per contro l’Up definirà urgenti sarà data risposta orale dal Consiglio di Stato davanti al plenum del Gran Consiglio. E se resta dopo il voto anche l’obbligo di presentare l’atto parlamentare attraverso un formulario sulla scorta di quanto avviene alle Camere federali, cade invece una delle pietre della discordia che hanno acceso non poco gli animi durante il dibattito: la possibilità da parte di ogni parlamentare di presentare non più di un’interpellanza a sessione. Cade perché a schiacciante maggioranza il Gran Consiglio ha accolto un emendamento del Pc che chiedeva di togliere questo stretto vincolo, andando incontro a richieste analoghe portate dal Ppd e da Più donne e appoggiate dal Ps. Niente da fare invece per la richiesta popolare democratica avanzata dal capogruppo Maurizio Agustoni sul tema dell’urgenza: non una scelta a maggioranza dell’Ufficio presidenziale, ma il Consiglio di Stato che chiede di non ritenere urgente un’interpellanza e l’Up che all’unanimità deve ratificare. Emendamento bocciato e, appunto, niente da fare.
Tanta è stata la confusione in aula durante una discussione che, soprattutto durante l’esame degli emendamenti, ha portato più di un parlamentare a chiedere lumi su cosa si stesse discutendo. Non male per un dibattito che avrebbe dovuto, nelle intenzioni, portare chiarezza sul mezzo dell’interpellanza. Tant’è. Dopo due ore e venti minuti di dibattito con 42 favorevoli e 37 contrari le proposte emendate hanno ricevuto luce verde.
In entrata è la leghista Sabrina Aldi, autrice di una delle due iniziative da cui prendeva le mosse il rapporto commissionale, a rilevare che «lo scopo è mettere ordine nelle sedute, perché se l’interpellanza rispetta i criteri di urgenza e interesse pubblico ben venga. Ma è chiaro che negli ultimi tempi le sedute si sono allungate perché le interpellanze sono aumentate in maniera importante». E fa i conti: «Ogni mezza seduta in più costa 18 mila franchi, che in un anno diventano 180 mila franchi. È giusto avere riguardo per i soldi del contribuente». Per Aldi «basterebbe avere buon senso e rispetto delle istituzioni per evitare questi eccessi, ma non è stato il caso. E quindi mettiamo ordine per forza di cose legiferando». Sulla stessa lunghezza d’onda la relatrice commissionale Giovanna Viscardi (Plr): «È un buon compromesso questa proposta, l’aggiunta del carattere di urgenza è chiara. Ultimamente delle interpellanze si è fatto un uso eccessivo, nella misura in cui si è cominciato a chiedere di tutto e di più perdendo di vista l’interesse pubblico generale. Per stessa ammissione dei contrari a queste iniziative, le interpellanze sono l’unico mezzo per darsi una voce. Ma non è vero: esistono interrogazione, mozione, iniziativa generica, elaborata…». Con un avviso finale: «Più si abuserà di questi mezzi, più saremo noi stessi obbligati a darci un limite. Questo parlamento ha bisogno di darsi una regolata».
A opporsi è il Ps, con il capogruppo Ivo Durisch ad annotare come «è pericoloso delegare il carattere d’urgenza all’Up, dove le minoranze non sono rappresentate. E soprattutto l’urgenza così può dipendere dalla sensibilità di chi la decide: ad esempio, forse, la povertà non interessa a tutti, ma a una parte di parlamento sì». Libertà di coscienza in casa Udc, ma Lara Filippini aggiunge che «anche i consiglieri di Stato dovrebbero evitare risposte eccessivamente lunghe e articolate, e si potrebbe prendere più esempio da Claudio Zali che è cintura nera di risposte rapide».
Il verde Andrea Stephani porta nella discussione il convitato di pietra: il deputato Mps Matteo Pronzini: «Non abbiamo mai sostenuto leggi ad personam, ma neanche contro le persone. L’obiettivo è spuntare le armi dei gruppi minori e in particolare dell’Mps». Pronzini, dal canto suo, accusa l’aula di essere «frustrata» perché non sa come affrontare l’opposizione portata avanti dai tre deputati del Movimento per il socialismo. I quali, in un anno e mezzo di legislatura, hanno già presentato oltre 150 interpellanze.
A bocciare il rapporto di Viscardi anche Tamara Merlo (Più donne) perché «gronda di antipolitica, se ci fossero degli abusi sull’uso delle interpellanze mi piacerebbe venissero segnalati» e Massimiliano Ay (Partito comunista): «State punendo i partiti minori, facendo il gioco di chi volete zittire».