È crisi nera per sartorie, mercerei e negozi specializzati che in questo periodo dell’anno lavoravano molto bene
Nessun coriandolo sulle strade dei centri storici ticinesi. Nessuna ghirlanda, né occhiale colorato in vista. Così anche per zucchero filato e palloncini. E la maschera quest’anno è decisamente di tutt’altro tipo. Da sempre l’evento clou del Ticino, nel 2021 il Carnevale è solo un ricordo, lontano e un po’ malinconico, spezzato dalla prepotenza del virus. Devastanti le conseguenze per negozi specializzati, mercerie e sartorie. E gli aiuti stentano ad arrivare.
«In tempi normali, pre-pandemia, gli incassi di Carnevale ci portano oltre il doppio del fatturato di un mese qualunque. Si lavora già da novembre e si va avanti fino a metà febbraio» spiegano alla ‘Regione’ Ilaria Gioia della Sartoria Gioia di Biasca e Giulia Manenti, gerente della Sartoria Manenti di Lugano e Mendrisio. In linea con le disposizioni federali, le sartorie ticinesi sono operative come sempre, ma di lavoro, nel Sottoceneri come nel Sopraceneri, non ce n’è. «Sono aperta ma non entra nessuno. Non mollo, ma mi trovo in difficoltà», così Gioia. Ed è grazie al locatore del suo atelier se ancora riesce ad andare avanti, puntualizza: «Mi è venuto incontro e mi ha tolto due affitti, non so altrimenti come avrei fatto». Le difficoltà legate all’annullamento del Carnevale sono poi esasperate da altri aspetti legati alla congiuntura attuale. Nel mondo della sartoria classica gennaio e febbraio sono per natura un periodo un po’ morto, chiarisce Giulia Manenti. Questo perché, essendo pieno inverno, la gente non pensa ancora al guardaroba primaverile o estivo. E la posticipazione di matrimoni, comunioni, cresime ed eventi vari legati alle festività di certo non aiuta. «La gente non ha orli da aggiustare né abiti da far stringere o accorciare», conclude Gioia.
Vita dura anche per i grandi rivenditori di stoffe, costumi e accessori. Il Patchwork di Bellinzona e Locarno, storico negozio del Carnevale ticinese, ha dovuto per il momento chiudere le serrande. La gerente, Cristina Maffeis, si dice molto delusa. «È una contraddizione unica. Perché la profumeria può tenere aperto e noi no? Non ce l’ho con loro perché tutti abbiamo bisogno di lavorare ma non c’è una logica. Il mio negozio è in buona parte fai da te, eppure non posso tenere aperto. Mi chiedo: non siamo nessuno noi?». Anche il negozio generalista Da Moreno, con sede a Sementina, Bodio e Gravesano, offre un’ampia gamma di articoli per il Carnevale.
Attualmente, ci spiega il vicegerente Marco Confessore, può vendere solo il 30% del suo assortimento, perlopiù alimentari e prodotti per l’igiene. «Il Carnevale per noi rappresenta un mercato importante, negli ultimi anni in questo periodo il fatturato era circa il doppio di quello attuale». Sì, perché se di norma sono circa ventidue le corsie che suddividono gli spazi del negozio principale di Sementina, ora quelle accessibili al pubblico sono solo cinque o sei.
Rimangono un tasto dolente le misure di aiuto concesse da Confederazione e Cantone. Aiuti, nel caso di Giulia Manenti, molto in ritardo: «Al momento non abbiamo ancora ricevuto l’indennità di perdita di guadagno per la seconda ondata. Immagino che il lavoro burocratico che sta dietro a tutto questo sia tanto, quindi lo capisco. Spero soltanto che gli aiuti arrivino quando è ancora utile riceverli. E che non sia troppo tardi». Da ottobre a metà dicembre Ilaria Gioia, che risponde ai requisiti di lavoratrice indipendente, non ha avuto diritto a nessuna indennità, non avendo avuto un calo mensile del fatturato pari ad almeno il 55%, quota richiesta a livello federale sino al 18 dicembre. «Le condizioni per beneficiare dell’indennità erano diventate molto severe. Io non ho potuto fare domanda ma le mie perdite erano comunque molto elevate». Da metà dicembre questa soglia è stata abbassata al 40%: «Ho intenzione di fare richiesta per gennaio, però so che le attese sono lunghissime quindi dovrei in ogni caso continuare ad anticipare io i soldi per coprire le spese. Ma a un certo punto come fai?». Dal canto suo, Cristina Maffeis lamenta una mancanza di chiarezza: «Ho parlato con il mio contabile e persino lui fatica a capire la documentazione. Ancora non so a quanto avrò diritto ma è probabile che io non riesca nemmeno a pagarci l’affitto». E, con un velo di amarezza: «Ero arrivata a cinquant’anni contenta di aver raggiunto un traguardo con la mia attività, finalmente ci si poteva iniziare a rilassare un attimo. Invece ora mi sembra di ritornare a quando ne avevo trenta, e di dover ricominciare da zero».