Alla dichiarazione di fedeltà alle leggi fatta dai magistrati i moniti dei presidenti di parlamento e governo dopo la controversa procedura adottata dal Cdm
«La popolazione ripone grande fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie. Una fiducia - sottolinea il presidente del Gran Consiglio, ovvero il primo cittadino del Cantone, Daniele Caverzasio - che, inutile negarlo, negli ultimi mesi è stata purtroppo minata dagli eventi che hanno caratterizzato la procedura di rinnovo delle cariche in seno al Ministero pubblico». Una procedura condotta dal Consiglio della magistratura (Cdm) e considerata lacunosa, problematica dalla commissione parlamentare ’Giustizia e diritti’. Sulla stessa lunghezza d’onda di quest’ultima, il plenum del Gran Consiglio. Che nella seduta di lunedì 14 ha nominato per un ulteriore mandato decennale i diciannove procuratori uscenti (uno si era già ritirato dalla corsa), inclusi dunque i cinque magistrati la cui rielezione era stata preavvisata negativamente dal Cdm. Prima la commissione poi il plenum: una doppia sconfessione per l’autorità chiamata a vigilare sul funzionamento del sistema giudiziario ticinese. A poco più di una settimana c’è la dichiarazione di fedeltà alla Costituzione e alle leggi da parte dei pp eletti, fra i quali un candidato ’esterno’, il ventesimo, e del riconfermato procuratore generale Andrea Pagani. Una formalità. In altri tempi. Stavolta la cerimonia, svoltasi questo pomeriggio nell’aula del Gran Consiglio, ha un significato particolare dopo le vicende e le polemiche “degli ultimi” tre mesi. Nella grande sala del Palazzo delle Orsoline a Bellinzona è presente anche la responsabile, al Dipartimento istituzioni, della Divisione giustizia Frida Andreotti. Non c’è il giudice d’Appello Werner Walser, alla testa del Consiglio della magistratura: è assente «per impegni concomitanti», spiega Caverzasio iniziando la relazione.
Ed è il presidente del parlamento, parlamento che è anche autorità di nomina delle toghe, ad aprire la cerimonia. L’intervento del leghista Caverzasio entra nel vivo quando parla di fiducia dei cittadini nelle autorità giudiziarie «minata dagli eventi» che hanno contraddistinto la claudicante procedura adottata dal Cdm: rifiuto iniziale di trasmettere ai cinque pp gli atti su cui si sarebbero basate le sue impietose valutazioni dei procuratori in questione, audizioni non verbalizzate, dati statistici inseriti nelle colonne sbagliate... senza dimenticare i messaggi via WhatsApp del presidente del Tribunale penale cantonale al pg. Una fiducia, aggiunge Caverzasio, che «necessita» ora di essere ripristinata e di essere «rinsaldata» con «rinnovato vigore, voltando pagina, guardando al futuro alla ricerca dell’indispensabile serenità istituzionale tra tutti gli attori coinvolti». E ciò per il buon funzionamento «della giustizia penale e quindi nell’interesse della collettività». È allora «con questo spirito e una buona dose di sana autocritica che andranno affrontati i lavori di riorganizzazione del Ministero pubblico voluti dal parlamento», sostiene Caverzasio, riferendosi alla risoluzione proposta dalla maggioranza della ’Giustizia e diritti’ e approvata dal Gran Consiglio, il quale ha così deciso di avviare l’agognata riforma della Procura in collaborazione con la magistratura e il Consiglio di Stato.
Un Consiglio di Stato, afferma il suo presidente Norman Gobbi, intervenendo alla cerimonia, che «in ossequio al principio della separazione dei poteri, si è dovuto limitare a osservare - con preoccupazione - l’evolversi degli avvenimenti che hanno riguardato dapprima il Tribunale penale federale e il Ministero pubblico della Confederazione (presunti casi di mobbing nei due organi giudiziari con sede in Ticino) e in seguito il Ministero pubblico del nostro cantone». Avvenimenti, prosegue il capo del Dipartimento istituzioni, «che hanno comportato delle innegabili ripercussioni sulla credibilità, sull’immagine e sulla fiducia in queste istituzioni da parte della cittadinanza. In qualità di presidente del governo ritengo che queste situazioni, indipendentemente dalle dinamiche che le hanno contraddistinte, debbano fungere da monito per le istituzioni stesse affinché circostanze analoghe non si verifichino più». Un «auspicio», quello di Gobbi, che «deve anche tradursi in un dialogo e in uno scambio regolare fra i poteri dello Stato, che negli ultimi anni il Dipartimento da me diretto, e per esso la Divisione della giustizia, hanno voluto intensificare, sia con le autorità giudiziarie che con il parlamento».
Gobbi non ha dubbi: i lavori di riorganizzazione del Ministero pubblico devono partire «già all’inizio del nuovo anno». La riforma sollecitata dal Gran Consiglio con la recente luce verde alla risoluzione «coinvolgerà i tre poteri dello Stato allo scopo di condividere una soluzione volta a migliorare l’organizzazione e l’operatività del Ministero pubblico, a beneficio del suo funzionamento in termini di efficacia e di efficienza». Una riforma, precisa il consigliere di Stato, «che giocoforza non potrà limitarsi al Ministero pubblico, ma che coinvolgerà anche il Consiglio della magistratura e le altre istanze competenti, non solamente per quanto concerne la procedura di nomina dei magistrati o di rinnovo delle cariche. Queste riflessioni dovranno ritenere le problematicità sorte contestualmente al rinnovo delle cariche in Procura perché determinate situazioni non abbiano più a ripetersi, proprio nel rispetto di tutti i professionisti coinvolti, che in questi mesi difficili e incerti dal profilo lavorativo e da quello personale hanno continuato a operare assicurando con la consueta serietà e grande impegno il perseguimento penale».