Carobbio, neopresidente di Soccorso operaio svizzero, preoccupata per tanta nuova precarietà. ‘Dobbiamo evitare che i giovani rimangano esclusi dal mercato’
Weeda, 24 anni, è scappata dall’Afghanistan e oggi lavora in un ristorante a Sciaffusa, cucina piatti tipici del suo Paese, di tanto in tanto dà lezioni di cucina, il suo tedesco migliora di settimana in settimana. Grazie ad essKultur che sostiene i giovani migranti al loro primo impiego, Weeda potrà mantenersi. Kobob, 25 anni, vive a Zurigo con suo figlio, sognava di fare la giornalista quando è scappata dall’Eritrea, da qualche mese ha iniziato un’apprendistato come assistente di cura in una casa anziani. “Sono felice”, dice la mamma che potrà dare un futuro in Svizzera a suo figlio. Grazie al programma Amie che accompagna giovani madri senza formazione e lavoro. Infine, la francese Samantha, 27 anni, vive in Ticino, da anni è senza lavoro, ma ora ha recuperato fiducia in se stessa e sa come vendersi sul mercato, ha buone prospettive professionali. Grazie al programma Coaching SOS. La trentenne dopo tanti tentativi andati a vuoto potrà forse lasciare l’assistenza.
Come Weeda, Kobob e Samantha, altre migliaia di persone tagliate fuori dal mercato o mai entrate hanno una chance di integrarsi nel mondo del lavoro grazie ai programmi del Soccorso operaio Svizzero, che da ieri ha una nuova presidente: la consigliera agli Stati socialista Marina Carobbio che è stata eletta all'unanimità. Succede a Mattea Mayer che considerata la sua nuova funzione di co-presidente del PS, lascia questo incarico dopo poco più di due anni. La ticinese è alla testa della la più grande organizzazione che aiuta chi parte svantaggiato o chi resta indietro a integrarsi socialmente e professionalmente. In una Svizzera che vede crescere precarietà e povertà servono contromisure forti: “Un problema che va gestito con urgenza dalla Confederazione, non solo dai cantoni, in questo momento di crisi serve un piano contro la povertà. Una misura importante ad esempio, sarebbe il pagamento delle indennità di lavoro ridotto al 100% per i bassi salari”, dice Carobbio. Una cosa è sicura, la povertà si combatte permettendo alle persone di lavorare e avere un salario. Vediamo come.
Chi sono i nuovi esclusi dal mondo del lavoro?
Vediamo over 50, ex bancari, che devono riqualificarsi, come i giovani che stentano a trovare un posto di apprendistato o un posto di lavoro dopo la formazione. Oltre alla fuga di giovani cervelli dal Ticino che impoverisce il tessuto locale, vediamo sempre più donne sole con figli che devono reinventarsi per lavorare e fare la mamma. Poi c’è il grosso tema della migrazione, di come aiutare chi arriva da contesti di guerra a formarsi e inserirsi nel mondo del lavoro per rendersi autonomo. Il progetto di pre-apprendistato per giovani richiedenti l’asilo, voluto dalla Confederazione, seppur reso difficile dalla pandemia, è un importante investimento per dare a questi giovani le migliori chance di concludere un apprendistato. Prima di iniziarlo fanno un anno di formazione e lavoro in azienda, così da familiarizzarsi con la lingua, il mondo del lavoro elvetico e le sue regole.
Vediamo un aumento di precarietà e povertà. Un problema che per Berna va gestito dai Cantoni, ma che invece a mio parere deve essere affrontato con urgenza anche dalla Confederazione. Il SOS è partner della catena della solidarietà e ha portato aiuti puntuali per le fasce di popolazione più svantaggiate e toccate dalla crisi come, buoni pasto, computer alle famiglie meno abbienti per permettere ai figli di studiare e sostegno alla ricerca attiva di lavoro. Ad esempio aiutando finanziariamente lavoratori poveri, come le donne di pulizia (spesso mamme single) che improvvisamente si sono ritrovate senza lavoro e senza reddito. Ci vogliono però anche misure a medio e lungo termine per combattere la povertà ed evitare un aumento delle situazioni d’emergenza e precarie: in questo senso ho presentato una mozione, demandata ora a una commissione, che chiede un piano contro la povertà proprio in questo momento di crisi. Una misura importante sarebbe il pagamento delle indennità di lavoro ridotto al 100% per i bassi salari.
Perché Marina Carobbio alla presidenza del Soccorso operaio svizzero?
Mi sono sempre battuta per più giustizia sociale e per aiutare le persone in difficoltà in Svizzera come nel resto del mondo. Lavorare con SOS mi permetterà di portare avanti questi obiettivi a livello politico partendo da esperienze concrete e dai centri di competenza attivi a livello regionale. Sono a Berna da 13 anni, con l’elezione al Consiglio degli Stati ho deciso di dedicare più tempo a quei settori che hanno direttamente a che fare con le commissioni di cui faccio parte in modo da poter portare avanti delle richieste concrete a livello politico.
Quali le sfide future per il SOS?
Sia a livello svizzero sia cantonale il SOS lotta per garantire a tutti un lavoro, prospettive per il futuro, sono sfide più che mai attuali in questo periodo. In Ticino il mercato del lavoro ha problemi strutturali, perde in attrattività infatti molti giovani cervelli lasciano il Cantone per cercare un posto a Nord, c’è un problema di disoccupazione giovanile. La pandemia sta accentuando e aggravando una situazione già difficile, fragilizzando ulteriormente vari settori. C’è molto da fare. A livello nazionale l’impegno sarà politico su più fronti: favorire l’inclusione e l’integrazione, ridurre la disoccupazione giovanile.
Favorire l'integrazione e ridurre la disoccupazione giovanile, ha già in mente qualche pista?
All’inizio degli anni Novanta, quando la disoccupazione in Svizzera era in aumento, il SOS è stata una delle prime organizzazioni a sviluppare un’offerta per il reinserimento professionale. Oggi le undici Associazioni regionali del SOS e il Segretariato nazionale di SOS formano la più grande organizzazione svizzera attiva nell’ambito dell’integrazione professionale e sociale. Bisogna evitare che aumentino le persone escluse dal mondo del lavoro, favorendo progetti di riqualifica e reintegrazione professionale. La formazione è centrale per avere successo nell’inserimento professionale, bisogna quindi puntare sulla formazione continua migliorare la padronanza linguistica e l’utilizzo delle nuove tecnologie. SOS lavora con alcune aziende per sviluppare le competenze di base degli impiegati, affinché essi possano affrontare le sfide nel mondo del lavoro. SOS è socio fondatore dell’associazione mantello nazionale indipendente Check Your Chance la principale organizzazione mantello svizzera per la prevenzione della disoccupazione giovanile e l'integrazione dei giovani disoccupati in Svizzera mobilitando forze pubbliche e private. La disoccupazione giovanile arrischia di aumentare in maniera importante. Non è una fatalità, va combattuta, ci vogliono politiche pubbliche, consulenze e sostegno alle imprese che assumono giovani al termine della formazione, evitare che dei giovani rimangano esclusi dal mondo del lavoro è una delle nostre priorità.
La Svizzera ha assicurazioni sociali (disoccupazione, Avs, assistenza...) che tanti Paesi ci invidiano, che cosa va migliorato?
La crisi ha reso evidente che ci sono sempre più lavoratrici e lavoratori che non sono coperti dal nostri sistema di sicurezza sociale. Penso agli indipendenti, ai lavoratori autonomi che hanno piccole attività o lavorano nel settore della tecnica e della spettacolo, agli operatori della cultura che lavorano per contro proprio. Per sostenerli in questa fase di pandemia sono state estese transitoriamente le indennità perdita di guadagno anche a loro. Ma questa lacuna va colmata in maniera durevole. Ad esempio introducendo un’assicurazione generale di reddito che integri le diverse assicurazioni sociali settoriali che procurano redditi di sostituzione e includa anche i lavoratori autonomi e indipendenti. I costi fissi ci sono per tutti, come l’affitto e qui c’è molto da fare per avere più alloggi a pigione moderata e pigioni accessibili anche per chi ha piccole attività commerciali e l’urgente necessità di ridurre i premi cassa malati. La povertà si combatte permettendo alle persone di lavorare e avere un salario. Integrando chi è fuori dal mercato. I giovani vanno indirizzati verso quelle formazioni che hanno un futuro professionale come il settore socio sanitario, la cura delle persone anziane. Per chi ha una formazione commerciale è sempre difficile trovare lavoro.
Ma i vostri programmi occupazionali aiutano veramente le persone a trovare un lavoro fisso o rischiano di essere un ‘posteggio’ temporale?
La possibilità di prepararsi al mondo del lavoro, di seguire dei corsi di pre-apprendistato, di sviluppare nuove conoscenze linguistiche o tecnologiche non sono solo opportunità, bensì permettono anche l’acquisizione di competenze durature che favoriscono la ricerca di un impiego duraturo.
Avete tantissimi programmi in tutta la Svizzera, ce ne sono alcuni che l’hanno colpita per creatività ed efficacia?
Uno è certamente l’impresa sociale Sostare che coniuga attività imprenditoriali con finalità sociali e gestisce il ristorante Casa de popolo a Bellinzona dando opportunità a persone a beneficio di prestazioni assistenziali o a rifugiati. Oppure, per restare in Ticino, l’‘interpretariato’ e la mediazione interculturale tramite l’agenzia Derman che offre anche possibilità di formazione in questo ambito. Ma anche ‘Amie job’ a Zurigo che accompagna giovani madri con un passato migratorio a reinserirsi nel mondo del lavoro. Non li conosco ancora tutti, il mio obiettivo come presidente è di visitare tutte le associazioni regionali.
Come potremmo uscire rafforzati da questa crisi dovuta dalla pandemia?
Con più solidarietà, con misure per non lasciare indietro chi fa più fatica e con un modello di sviluppo più sostenibile. Ci vuole un patto sociale per diminuire le disuguaglianze e rafforzare la coesione sociale. Ma è anche necessario rivedere le priorità, come la necessità di investire più risorse nella sanità, nella formazione di personale infermieristico e di cura, valorizzando queste professioni essenziali.