Ticino

Cultura e pasticcio del governo, lo sconcerto della politica

Dalla commissione parlamentare Formazione e cultura giudizi critici sulle mosse del Consiglio di Stato. ‘Il settore necessita al più presto di aiuti’

Ti-Press
11 novembre 2020
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«Inaccettabile», «preoccupante», «grave»... Sono duri, durissimi i giudizi di alcuni granconsiglieri membri della commissione 'Formazione e cultura' sulle decisioni contraddittorie, e relative modalità di comunicazione, del Consiglio di Stato riguardanti il numero massimo di spettatori nei teatri e nei cinema ticinesi per contrastare la diffusione della pandemia. Domenica il governo fissa il limite di cinque persone, salvo elevarlo a trenta quarantotto ore più tardi in seguito all'accesa protesta del mondo culturale. «Questo repentino cambiamento suona come una presa in giro per gli operatori del settore, dopo che molti di loro lunedì si erano adeguati alle restrizioni rese note il giorno prima», afferma la presidente della commissione parlamentare Lelia Guscio (Lega), precisando di esprimersi a titolo personale -. È inaccettabile. Riconosco la gravità della situazione pandemica e la necessità di misure igienico-sanitarie, ci mancherebbe altro, ma le decisioni vanno comunicate in maniera chiara e spiegate. È anche una questione di credibilità».

Un problema, questo, rilevato anche da Alessandro Speziali (Plr): «Casi come questi rompono in un qualche modo la fiducia, e il riflesso naturale per chi si occupa di cultura, sport ed eventi è avere paura che questo valzer di decisioni continui, senza dare sicurezze». Con l’aggravante che «si parla di teatri, cinema, sport: mondi dove le distanze sociali tra spettatori possono essere rispettati, dove il tracciamento funziona. Dal momento che non possiamo né vogliamo un altro lockdown, queste attività permettono di continuare a vivere una vita il più possibile sociale in totale sicurezza». Il benessere, continua Speziali, «è certo la salute fisica, ma anche la possibilità di vivere la propria vita normalmente. Quindi con relazioni sociali, avere un posto di lavoro non a rischio, uscire dagli schemi della paura frequentando teatri, concerti». E lancia un avviso, Speziali. Nel senso che «spesso ci riempiamo la bocca che cultura, musica e sport sono essenziali e importanti. Ma all’atto pratico vengono ritenuti sacrificabili, da mettere in seconda fila. E non sono vizi, sono posti di lavoro e ambiti che hanno la stessa dignità di altre attività».

La premessa di Sergio Morisoli (Udc) è che «vista da fuori sembra stia venendo meno la coesione di governo che c’era durante la prima ondata. Con questo episodio abbiamo la dimostrazione che ci vuole un livello superiore, un giudizio della situazione molto più coerente. C’è già tanta indecisione tra gli scienziati, se si unisce anche la politica è la fine». Preoccupa però, e molto, che si stia parlando di redditi, sicurezza economica e prospettive di molti lavoratori, anche indipendenti. Serve più attenzione? «L’attenzione c’è, ma è messa in modo sbagliato» riprende Morisoli. Che spiega: «Ci sono il grande e il grosso, tra cui lo Stato, che hanno mezzi per sopravvivere. Poi c’è il piccolo, l’impresa individuale, l’indipendente nella cultura che non sa dove buttarsi, il danno economico e sociale può essere grande».

«Il Consiglio di Stato ne è uscito malissimo. Ma malissimo davvero». Non usa mezzi termini Cristina Gardenghi (Verdi), perché «il solo fatto che venga convocata una conferenza stampa di domenica, con urgenza, per poi dare direttive per niente chiare né studiate lascia dubbi, è preoccupante». Ed è emblematico, per Gardenghi, «che non ci sia stata una riflessione sulle conseguenze delle decisioni, lo trovo gravissimo perché è palese che significa come per il governo ci siano categorie di serie A e di serie B. La società oggi è ferita, non è giusto colpire nel contesto culturale chi ci aiuta ad arricchirci, a dare una lettura diversa della realtà e a crescere».

Per il socialista Raoul Ghisletta, autore di recente di atti parlamentari volti a sostenere il settore culturale e sportivo, è perentorio: «Il limite di cinque era una decisione scellerata, quello nuovo di trenta non cambia nulla. I contenuti delle due decisioni e i tempi e le modalità con cui sono state comunicate non agevolano di certo l'esistenza di coloro che sono professionalmente attivi nei campi della cultura e dello spettacolo e che già vivono una situazione drammatica: mi riferisco a enti e lavoratori, tra dipendenti e indipendenti». Ghisletta rinnova pertanto la richiesta: «Serviranno in ogni caso degli aiuti finanziari straordinari a fondo perso». A sollecitare aiuti è anche il popolare democratico Giorgio Fonio: «È fondamentale sostenere il settore e farlo al più presto: vanno stanziati dei contributi per scongiurarne la morte». Non solo. «È comunque auspicabile che in futuro - aggiunge Fonio - la comunicazione di decisioni da parte delle autorità sia chiara e lo dico pur comprendendo le oggettive e serie difficoltà derivanti dall'emergenza pandemica e l'impegnativo compito che il Consiglio di Stato è chiamato ad assolvere». 

Sandro Rusconi, ex direttore della Divisione cultura: ma non dimentichiamoci dell'emergenza sanitaria  

«D'accordo, la misura che ha comunicato domenica il governo avrebbe forse potuto meditarla meglio, valutandone tutte le conseguenze. In questi casi fare poi marcia indietro non va mai bene. Detto ciò, non dimentichiamoci però dell'emergenza sanitaria e della difficile situazione, tutt'altro che invidiabile, nella quale il Consiglio di Stato deve adottare dei provvedimenti per arginare il più possibile la diffusione del virus». Sandro Rusconi, ex direttore, in seno al Decs, della Divisione della cultura e degli studi universitari, prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche. «Non ne farei una tragedia. Se quello del governo è stato un peccato, si è trattato di un peccato veniale. Credo anche - aggiunge Rusconi - che quando aveva fissato a cinque il numero massimo di spettatori in teatri e cinema, non si fosse accorto dell'incongruenza con quello di trenta persone stabilito per le funzioni religiose. Ripeto: non dimentichiamo l'emergenza sanitaria e una certa, inevitabile, concitazione nel decidere rapidamente».

Cinema e teatri, afferma Rusconi, «avranno comunque bisogno di aiuti supplementari per attenuare il più possibile le conseguenze della pandemia. Un settore che comunque già adesso, tengo a ricordare, gode di un importante sostegno in Ticino da parte dell'ente pubblico. Per i teatri parliamo di due milioni di franchi all'anno. I soldi ricavati dalla tassa sugli spettacoli cinematografici il Cantone li ritorna integralmente per il sostegno alle sale periferiche e agli investimenti».