La direttrice della Divisione Giustizia Andreotti anticipa come il Governo pensa di rivoluzionare il settore della protezione della famiglia
Il settore delle tutele e curatele cambierà volto. Da un modello amministrativo comunale/intercomunale, il Consiglio di Stato intende proporre un modello giudiziario cantonale, più autorevole senza perdere la sensibilità sociale. Le attuali sedici Autorità regionali di protezione (Arp), costantemente in affanno, saranno sostituite da una nuova autorità giudiziaria specializzata nel diritto di protezione. “Un modello innovativo, un unicum in Svizzera, che prevede di suddividere le competenze in materia di diritto di famiglia su due autorità giudiziarie, le attuali Preture e una nuova autorità giudiziaria, le nuove Preture di protezione. Insieme creeranno una sorta di “sistema della Pretura della famiglia”, ci spiega Frida Andreotti. Incontriamo la direttrice della Divisione della giustizia con il collaboratore scientifico Cristoforo Piattini che si sta occupando direttamente della riorganizzazione. Ci anticipano alcuni punti di quella che sarà una vera e propria rivoluzione: “Ci siamo focalizzati soprattutto sulla riorganizzazione dell’autorità giudicante ipotizzando delle nuove autorità giudiziarie presenti sul territorio proprio per l’importanza della prossimità ai cittadini, dirette da dei pretori di protezione e composte da un collegio giudicante a tre membri (un pretore o un pretore aggiunto, uno psicologo o pedagogista e un assistente sociale). In aggiunta, ci saranno dei servizi di supporto giuridico, amministrativo e contabile. Una novantina di persone stimate in totale”, spiega Piattini. Riassumendo: una cantonalizzazione e professionalizzazione del settore, il ruolo dei comuni è tutto da ridefinire come pure il profilo dei curatori, come ci spiega Andreotti.
Il messaggio è quasi pronto per la consultazione che sarà autorizzata dal Consiglio di Stato. Nel corso del prossimo anno passerà poi in Governo e quindi in Parlamento. Sui costi (le attuali 16 Arp costano ai comuni attorno ai 7 milioni di franchi) della nuova autorità giudiziaria e altri dettagli la direttrice Frida Andreotti non si sbilancia, i costi complessivi saranno comunque più elevati, tenendo conto del necessario potenziamento del personale, probabilmente parzialmente a carico del Cantone.
Diversi casi, anche penali, hanno dimostrato l’inadeguatezza delle Arp. Da anni si parla di una riforma, in tempi brevi, delle tutele e curatele. Tutti concordano che così non funziona, ma il parto è davvero lungo, a che punto siamo?
Sì, è un dossier difficile, perché ci muoviamo in un ambito delicato e complesso, che coinvolge molti attori e autorità diverse, ma siamo a una svolta, entro fine anno metteremo in consultazione il nuovo modello giudiziario, che manterrà anche una connotazione sociale. C’è un messaggio del 2014 pendente in Parlamento che prevede l’accorpamento delle Autorità di protezione nelle Preture. Questa soluzione non ha trovato un consenso e il dossier è tornato in dipartimento per approfondimenti. Coi miei collaboratori ci stiamo lavorando dal 2016, abbiamo analizzato a fondo le criticità del settore arrivando a proporre, grazie al lavoro svolto con un apposito Gruppo di progetto istituito costituito dal Governo, un nuovo indirizzo organizzativo che prevede l’istituzione di una nuova autorità giudiziaria specializzata nel diritto di protezione. Il cittadino si aspetta, a ragione, di essere trattato allo stesso modo ovunque. Oggi non sempre avviene. La nuova autorità giudiziaria lo permetterà.
La nuova autorità giudiziaria specializzata nel diritto di protezione sarà affiancata dalle attuali Preture? Avranno competenze diverse?
Le due autorità saranno indipendenti e autonome, secondo le competenze loro attribuite dal Codice civile nell’ambito del diritto di famiglia. Le attuali Preture, oltre al resto del diritto civile, continueranno dunque come oggi a giudicare i casi del settore del diritto di famiglia che il Codice civile sottopone al “giudice di prima istanza”, mentre le nuove Preture di protezione saranno competenti per i casi che il Codice civile sottopone “all’Autorità di protezione” (diritto di protezione).
Quale ruolo avranno i comuni?
Il loro ruolo dei Comuni andrà ridefinito e adeguato con loro proprio per la prossimità al cittadino che li contraddistingue, un aspetto che riveste ancor più importanza nel settore della protezione. Ipotizziamo un ruolo attivo comunale, probabilmente saranno attivi prima e dopo la presa di decisione delle nuove Preture di protezione, ad esempio nella fase di accertamento dei casi o nell’esecuzione delle decisioni prese dalla nuova autorità giudiziaria.
Le attuali Arp lamentano di essere sotto dotate: è solo questo il problema o mancano le competenze?
Le attuali 16 Autorità regionali di protezione (Arp) hanno approcci anche molto diversi che variano in base alla disponibilità di risorse e al grado di preparazione dei membri. Abbiamo un vincolo di specializzazione, sancito dal diritto federale, che però varia molto tra le varie Arp. Ad esempio, Lugano ha investito molto, la sua Arp è ritenuta un modello da parte della Camera di protezione del Tribunale di appello, autorità di vigilanza del settore. L’Arp di Lugano dispone in particolare di membri con competenze specialistiche, mentre in altre Arp il grado di specializzazione non è il medesimo, anche perché la figura del delegato comunale storicamente è ricoperta da cittadini con conoscenze radicate sul territorio che non necessariamente dispongono di quella specializzazione che impone il diritto federale dal 2013. Con la nuova autorità giudiziaria saranno quindi imposte le competenze specialistiche in ambito psicologico o pedagogico e lavoro sociale. Il cittadino si aspetta, a ragione, di essere trattato da parte di un’autorità allo stesso modo ovunque sia oggetto di una decisione. Oggi non sempre avviene. La nuova autorità giudiziaria mira a permetterlo.
Dunque, chi decide oggi non è sufficientemente formato per farlo. Altre criticità?
A livello organizzativo non v’è un coordinamento tra le 16 Arp, ciò che ha delle ripercussioni sull’eterogeneità delle stesse. Si registra inoltre una carenza generalizzata di personale, anche se negli ultimi anni, grazie anche al lavoro di sensibilizzazione promosso d’intesa con la Camera di protezione del Tribunale di appello, alcuni Comuni hanno introdotto dei potenziamenti. Dal profilo procedurale spesso si assiste a una sovrapposizione delle competenze tra Arp e Preture, che rende il processo farraginoso. Dal punto di vista del riconoscimento dell’autorità nei casi internazionali - quando ad esempio un coniuge si sposta all’estero e si deve decidere sul domicilio dei figli – si riscontrano, in particolare con l’Italia, delle difficoltà nel riconoscimento di decisioni estere rese da un’autorità amministrativa, visto che in tale Paese le stesse decisioni vengono prese da un’autorità giudiziaria.
Come possono curatori non formati ad hoc, gestire ad esempio padri separati e potenziali pedofili che spesso sono abili manipolatori?
Per gestire casi simili sarebbe indicato un curatore educativo, con un’adeguata formazione e delle competenze specifiche, ma sono merce rara. Ogni Arp deve vigilare sui curatori ma molte non hanno il personale sufficiente per farlo e questo oggi è un problema. Stiamo comunque improntando delle misure volte a supportare tale figura, partendo dalla mappatura dei curatori attivi sul territorio ticinese, visto che oggi non disponiamo di un elenco complessivo unico condiviso tra le Arp. Una prima misura, sarà la pubblicazione entro fine anno a tutti i curatori del “Manuale del curatore privato”, uno strumento pratico che permetta ai curatori di gestire al meglio il mandato che è affidato loro dalle Arp.
In futuro i curatori saranno più formati?
È un tema aperto, come avviene già in altri Cantoni, vorremmo fissare un numero minimo di curatele per il quale sarà obbligatorio seguire una formazione specifica su come gestire il mandato affidato dall’autorità. Una maggior formazione rafforzerà le competenze di questa figura. Rammento che quando il curatore causa un danno nel suo operato, è il Cantone ad esserne responsabile. Abbiamo una decina di casi l’anno segnalati da privati e la tendenza è all’aumento. Con la formazione si mira anche a limitare le cause di responsabilità civile contro lo Stato.
Con l’organizzazione attuale le vittime sono realmente tutelate?
Il concetto di vittima non è prettamente legato all’attività delle Arp. Il loro compito è tutelare il bene del minore e delle persone bisognose di protezione. Per decidere si basano anche su perizie e rapporti fatti da altri servizi esterni, ciò che causa l’allungamento dei tempi decisionali. Dobbiamo migliorare ed essere più efficaci. Con la nuova organizzazione questo aspetto è stato considerato: la maggior specializzazione dell’autorità contribuirà a migliorare anche le tempistiche del processo decisionale.