laR+ Pedofilia e autorità

‘Ha abusato di mia figlia, andava fermato prima’

Le denunce di una madre cadono nel vuoto, il curatore non vigila, l'Arp non approfondisce, la Procura non trova le prove. Una bimba rovinata per sempre

foto Keystone
27 ottobre 2020
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Ha ridotto sua figlia a un oggetto sessuale, abusando sessualmente di lei più e più volte, durante i diritti di visita, mentre la piccola gli dormiva accanto nello stesso letto, mentre facevano il bagnetto insieme. I campanelli d’allarme ci sono stati. Eccome se ci sono stati ! Come la serie infinita di segnalazioni della madre (anche della nonna materna) su comportamenti inadeguati del suo ex sia alla magistratura (una prima inchiesta del 2008 è finita con un decreto d’abbandono) sia alle due Autorità regionali di protezione che si sono succedute negli anni: tutte cadute nel vuoto. In aggiunta un curatore superficiale nel suo incarico di vigilanza. Il sistema non ha funzionato. Il risultato: una bambina che aveva tutto il diritto di sentirsi al sicuro tra le pareti domestiche, è stata ripetutamente abusata dal padre. Lui è stato condannato il mese scorso a 5 anni dalla Assise criminali di Lugano per coazione sessuale e atti sessuali con fanciulli tra il 2008 e il 2015. Sua figlia aveva dai 3 ai 10 anni. Per gli esperti l'uomo è un pedofilo, con un alto rischio di recidiva e dovrà seguire un lungo percorso terapeutico. 

‘La vigilanza deve migliorare’

Dietro le quinte di questo processo, tra le pieghe dei verbali di interrogatorio che abbiamo letto e della dettagliata perizia psichiatrica, emerge una drammatica approssimazione di chi era chiamato a vigilare. 
La madre della piccola, ci aiuta a ripercorre alcune tappe di una lunga storia di abusi e denunce cadute nel vuoto. Lei era nel giusto, ma non è stata ascoltata. “Non voglio che tutto ciò possa accadere di nuovo. Il sistema deve migliorare per tutelare i minori. Il mio ex compagno poteva essere fermato prima. Ora mia figlia porterà per tutta la vita le conseguenze degli abusi subiti”, racconta alla Regione Mara G. (nomi fittizi per tutelare la figlia). Durante il processo il legale dell’uomo, l’avvocato Stefano Pizzola, aveva già messo il dito nella piaga, anche se forse era una strategia difensiva: «Non è stato aiutato ad evitare quanto accaduto. Di campanelli d’allarme che avrebbero dovuto portare a proteggere la figlia ce ne sono stati, a partire dall’inchiesta del 2008».

Figlio di un pedofilo

La coppia scoppia quando Luna (nome vero noto alla redazione) ha pochi mesi. La madre Mara (18enne) e il padre Antonio (22enne in assistenza), entrambi del Mendrisiotto, non sono sposati. Lui si dimostra violento e per la piccola, affidata alla madre, viene decisa una curatela. Siamo nel 2005, Mara studia e vive dai genitori con Luna. Per Antonio (seguito dai servizi psicosociali di Mendrisio e da altri terapeuti per turbe psichiche) iniziano i diritti di visita, tre curatori si succederanno negli anni. Passa un anno e c’è il primo colpo di scena: nel 2006 il padre di Antonio viene arrestato (poi condannato nel 2010) per atti sessuali sul figlio. Antonio ammette di aver subito le stesse attenzioni del fratello. Si intensificano gli stati di ansia, rabbia, frustrazione... si legge nelle 64 pagine della dettagliata perizia psichiatrica voluta dalla Magistratura.

Informazioni non condivise

Passano due anni (siamo nel Natale del 2008) e Mara denuncia il suo ex Antonio: “Mia figlia che allora aveva 3 anni, mentre era con la nonna le ha chiesto: ‘Toccami il culetto davanti come fa il mio papà’”. Durante l’inchiesta, che dura 3 anni, vengono sospesi i diritti di visita. Antonio viene scagionato nel 2011 da un decreto di abbandono, contro di lui non ci si sono abbastanza prove. Interessante notare, che mentre la Procura lo indagava, Antonio riferiva al suo terapeuta (siamo nel settembre del 2010) di sogni dove abusa di sua figlia e si chiede se diventerà pedofilo come suo padre. Scoviamo questo particolare nella perizia psichiatrica. Peccato che l’informazione non sia stata condivisa con le autorità che lo seguivano. (Mamma e nonna erano nel giusto, infatti anni più tardi Antonio ammetterà quello che faceva già nel 2008. Sempre nella perizia leggiamo: “Toccavo mia figlia sulla vagina per mio eccitamento sessuale”).

Scagionato continua ad abusare della figlia

Essendo stato scagionato dalla prima inchiesta, riprendono, contro la volontà della madre, i diritti di visita (e purtroppo anche gli abusi sulla figlia di 6 anni) finché nel 2015 il nome di Antonio emerge nell’operazione internazionale Pacifer contro la condivisione di materiale pornografico illegale nel dark web. Antonio tenta di nascondere gli hard-disk sotto un tappeto, ma la polizia scova tutto e lui ammette di aver ricercato e visionato materiale pedopornografico dal 2007. Vengono nuovamente sospesi i diritti di visita. “Anche in questo frangente, dall’Autorità regionale di protezione (Arp) non abbiamo avuto sostegno. Mi hanno consigliato di mentire a mia figlia sui motivi della sospensione. Non sapevo che cosa dirle”, commenta mamma Mara.

Il curatore che non vigila e Arp miope

Punto dolente di questa brutta storia è l’autorità regionale di protezione (Arp), chiamata a vigilare sulla bambina e il suo rapporto col padre. Se ne sono succedute due. Nessuno ha approfondito le infinite lamentele della madre Mara (lei sì che era nel giusto!) che, più e più volte, ha segnalato quei comportamenti inappropriati dell’ex compagno, come smantellare la camera da letto di Luna, come dormire nello stesso letto con la figlia durante i diritti di visita (entrambi nudi come è emerso a processo), come le lamentele della piccola su strani giochi col padre, come gli scatti di ira dell'uomo. “Le diverse sospensioni dei diritti di visita hanno destabilizzato mia figlia. L’Arp non ha creduto alle mie segnalazioni, accusandomi di essere una manipolatrice, cedendo invece alle pressioni del mio ex che insisteva per vedere Luna. Ora lui è stato condannato”, precisa la madre.

Come poteva accorgersi che la bambina, durante i diritti di visita, dormiva nel letto col padre, a causa dell’inagibilità e della sporcizia della sua stanza?

Mentre Mara sollecitava l’Arp ad intervenire, il curatore incaricato del caso non ne sapeva nulla. Almeno così ha detto l’uomo agli inquirenti a febbraio 2020. Si legge nel verbale d’interrogatorio: “Queste lamentele (della madre ndr.) non venivano rivolte a me, ma all’Arp che non mi ha mai chiesto d’intensificare le verifiche”. E di verifiche quest’ultimo curatore (in carica dal 2013) ne ha fatte poche. Per mandato doveva i monitorare i “comportamenti evolutivi” della minore: a verbale ammette che non ha mai discusso con la bambina. Altra sua responsabilità era verificare regolarmente se l’abitazione del padre fosse adeguata ad accogliere la minore: sempre dal verbale d'interrogatorio si legge che non ha mai fatto una visita a domicilio a sorpresa, addirittura a volte incontrava il padre al Piccadilly sotto casa o lo sentiva al telefono. Come poteva accorgersi che la bambina, durante i diritti di visita, dormiva nel letto col padre, a causa dell’inagibilità e della sporcizia della sua stanza? Quando gli inquirenti glielo hanno fanno presente, lui ha risposto ‘Ok’. La storia di Antonio, costellata di abusi e sospetti, doveva far alzare le antenne al suo curatore, alle Arp. Non è stato così.

‘Mi hai rovinato la vita, io mi fidavo di te’

Delusa Mara formula tante domande: “Perché l’Arp non ha verificato le mie segnalazioni? Perché il curatore non ha fatto il suo lavoro? Se almeno avessero contattato chi aveva in cura Antonio, avrebbero scoperto che aveva fantasie morbose su nostra figlia. Si poteva fermarlo prima”, commenta amaramente la madre. A denunciare Antonio lo scorso anno è stata direttamente sua figlia Luna 14enne. A gennaio di quest’anno l’uomo è stato arrestato e condannato a settembre. In una lettera, Luna scrive a suo padre: “Mi hai rovinato la vita. Io mi fidavo di te”.

Gobbi: ‘Serve personale specializzato’

La storia di Luna è arrivata sul tavolo del presidente del governo. Il ministro Norman Gobbi, sollecitato da mamma Mara, le risponde in una lettera che le Arp vanno riorganizzate al fine di funzionare meglio e soprattutto avere personale specializzato che sarà in grado di leggere situazioni critiche, agendo a titolo preventivo. Proprio quello che nel caso di Luna non è successo.