Il Consiglio degli anziani torna sul tema del possibile conflitto tra misure di protezione e libertà, con uno studio e diversi dibattiti
Davvero strano, distribuire come gadget un calendario che inizia da settembre. La scelta del Consiglio degli anziani del cantone Ticino – riunitosi oggi in assemblea – vuole essere emblematica: «Un simbolo di rinascita» dopo il famigerato ’letargo’, «dopo una chiusura che ci ha posto di fronte a un dilemma etico fondamentale». Ovvero, come spiega la presidente Maria Luisa Delcò: «A che punto la protezione mette a rischio la nostra dignità?» Per cercare una risposta, l’organizzazione-mantello che garantisce il dialogo tra over 65 e Cantone finanzierà uno studio sul tema ‘Anziani, dignità sociale e Covid-19’ e da metà ottobre organizzerà un ciclo di tavole rotonde (date e informazioni: info@consiglioanziani.ch)
Per Delcò si tratta di chiedersi: «Con le restrizioni introdotte per proteggerci, dove va invece a finire il benessere? La salute non è solo assenza di malattia, ma è benessere psicofisico, relazionale e sociale». È d’accordo anche Raffaele De Rosa, che durante l’incontro a Sant’Antonino si scusa per le restrizioni, anche se durante l’emergenza «era importante introdurre divieti. Proprio l’amore che si prova per le persone care può spingere, nella fretta e nelle difficoltà di una crisi così violenta, a prendere misure che col senno di poi magari si potevano calibrare un po’ meglio». Il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità ricorda ad esempio «il divieto di fare la spesa, poi corretto invitando a lasciare fasce orarie per l’accesso degli anziani», man mano che anche la conoscenza del virus aumentava. L’esperienza ha permesso anche di capire come l’età sia solo uno degli indicatori di vulnerabilità, specie nella misura in cui si associa a patologie più o meno croniche.
Lo studio sostenuto dal Consiglio sarà coordinato dalla Fondazione Sasso Corbaro e dal Centro competenze anziani della Supsi, e si rivolgerà ai partecipanti over 65 della ricerca Corona Immunitas. Tramite colloqui individuali si chiederà agli anziani di definire il loro concetto di dignità e di descrivere il loro vissuto alla luce del lockdown, per capire in che misura ciascuno privilegi la protezione oppure la libertà d’azione e movimento. A nome della fondazione che sostiene la ricerca nelle Medical Humanities, il professor Roberto Malacrida ha spiegato come l’analisi permetta di valutare la giusta proporzionalità tra i due estremi, «un equilibrio che coinvolge i medici, ma anche i politici». «Pienamente difendibile» secondo il medico quanto intrapreso nel momento dell’emergenza, ma senza dimenticare come si sia visto che «nelle case per anziani un lungo isolamento può avere conseguenze che toccano anche la loro prognosi».
A proposito di case anziani, Delcò saluta con favore le maggiori possibilità di visita e mobilità appena introdotte: «Attendevo molto gli allentamenti, ci hanno permesso di riavvicinarci ai nostri cari, di restituire gioia e vicinanza». Proprio il Consiglio ha sostenuto con quasi 60mila franchi le case sul territorio ticinese, sponsorizzando in particolare progetti e strutture per agevolare le visite almeno all’aria aperta. Sul tema dei focolai occorsi in alcuni istituti la presidente rimette agli esperti eventuali giudizi, ma stigmatizza le strumentalizzazioni: «È stato anzi emozionante che alla proposta del nostro aiuto una direttrice ci abbia subito ringraziato: finalmente qualcuno si ricordava di loro, dopo tante critiche». Anche per le case anziani, invece, rimane aperto il quesito su salute e dignità. «Occorre chiedersi: preferisco vivere tre mesi di meno, ma liberamente, oppure no? È un interrogativo etico difficile per l’intera società».