Dopo la bocciatura della proposta di commissione d'inchiesta il presidente del Ppd torna alla carica con una mozione. E sul dibattito è polemica col Plr
Il presidente cantonale del Ppd Fiorenzo Dadò non molla sulla questione abusi, originata dalla vicenda dell'ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità condannato in primo grado per coazione sessuale e dai presunti silenzi e coperture che ci sarebbero stati nell'Amministrazione cantonale. Respinta dal Gran Consiglio la richiesta di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta, Dadò torna alla carica con una mozione al Consiglio di Stato. Mozione con la quale chiede che, per meglio capire come nell'Amministrazione cantonale, nella scuola e nelle aziende pubbliche si agisce nel caso di abusi e molestie “venga istituito un audit esterno indipendente che operi una valutazione generale delle direttive e prassi attualmente in vigore, e offra eventuali proposte di adeguamento per rafforzare la tutela delle persone da abusi e molestie”.
A seguito della bocciatura della richiesta di Cpi, scrive Dadò, “un lavoro di approfondimento indipendente e serio su quanto non ha funzionato e su cosa andrebbe eventualmente fatto, come detto, non verrà fatto”. E per il presidente del Ppd “al di là di ogni ragionamento sull'opportunità o meno di una Cpi, di fatto il problema del come vengono affrontati gli abusi all'interno dell'Ente pubblico non verrà analizzato e quindi rimane tuttora irrisolto o nel dubbio”. Una situazione, questa, che “non possiamo accettare nell'impassibilità, anche di fronte alle persone che hanno subito delle gravi ingiustizie o che, purtroppo, le subiranno”.
Per Dadò “di fronte a possibili casi di molestie sessuali in primis ma anche di altri abusi gravi (mobbing, stalking, violenze, intimidazioni, molestie in genere, minacce, umiliazioni, ecc), ogni datore di lavoro deve attivarsi perché essi vengano denunciati, e non invece messi a tacere, perché le vittime siano ascoltate da persone competenti, oltreché (ancora più importanti) attive nel prevenire tali possibili comportamenti”. Lo Stato qualcosa ha fatto, come ricordato dal Presidente del governo Norman Gobbi in parlamento giovedì. E lo riconosce anche Dadò, ricordando il gruppo di lavoro ‘Stop molestie’ e “altri servizi cui la persona che ha notizie, anche indirette, di un eventuale caso di abuso, può rivolgersi”. Però, “sull'efficacia o meno di questi servizi e sulle prassi oggi adottate e quindi sulla concreta possibilità per le vittime di ottenere giustizia, forse anche per la paura e l'ignoranza che serpeggia ancora attorno agli abusi sessuali, ci sono pareri discordanti che purtroppo, in assenza di una verifica seria e indipendente, non potranno che rimanere tali”.
Respinta la Cpi, l'obiettivo rimane: «Per questo abbiamo scritto la mozione. Mi auguro che tutti la sostengano senza se e senza ma, perché in Gran Consiglio anche i contrari alla Cpi hanno mostrato, almeno a parole, sensibilità nei confronti delle donne abusate e di queste gravi situazioni» commenta Dadò da noi raggiunto. E rincara: «Non potremo appurare per quali responsabilità nell'Amministrazione cantonale si è arrivati a una conoscenza tardiva di queste violenze, un ritardo che ha portato alla prescrizione e quindi alla mancata possibilità di perseguire penalmente e come si dovrebbe quei reati, adesso vogliamo sapere nel settore pubblico quali regole, quali prassi sono in atto. Sperando che chi subisce queste vergognose molestie possa sapere a chi rivolgersi e, soprattutto, da chi farsi ascoltare e credere». Il rammarico, conclude, «è l'aver fatto un passo indietro di almeno trent'anni nella lotta agli abusi, perché se neanche il parlamento, di fronte alle parole allarmanti del giudice Villa, ritiene di dover far qualcosa, immaginiamoci a chi dovrebbero ancora credere le vittime».
Bocciata la richiesta di Cpi non si placano accuse e polemiche. La Lega dei ticinesi con una nota stampa rileva che “ancora una volta, grazie al tandem Ps-Plr, prevalgono la doppia morale e l'insabbiamento”. I liberali radicali vanno anche oltre, vale a dire al post-dibattito e ad alcune reazioni soprattutto sulle reti sociali che al partito presieduto da Bixio Caprara non sono andate giù. Vale a dire ai “vili attacchi personali e regolamenti di conti privati dopo il no alla Cpi. Lo squallore di alcuni interventi - anche e soprattutto a firma di rappresentanti eletti dal popolo, su differenti canali comunicativi e in particolare sui social media - non fa che confermare i peggiori timori espressi dal Plr durante il dibattito”.
E aggiungono: “Ci batteremo con tutte le nostre forze per stigmatizzare questo genere di approccio, che sfrutta scientemente il paravento della difesa dei più deboli per meri fini personali. Non disdegnando neppure vili attacchi personali, ingiustificati e ingiustificabili, con grave disprezzo verso tutti coloro, rappresentanti di ogni partito politico che si sono permessi di dissentire, gravi al punto da mettere in discussione il principio della libertà d'espressione”. Un atteggiamento, conclude il Plr, “meschino e indegno di uno Stato di diritto”. Nomi non ne vengono fatti, ma è evidente il riferimento alle foto pubblicate sulle reti sociali da Dadò che ritraggono alcuni esponenti del Plr soddisfatti dopo il voto.
Secca è la replica affidata a ‘laRegione’ dal presidente cantonale del Ppd: «È sorprendente constatare come si atteggi a vittima chi sin dall'inizio ha cucinato la brodaglia e ha fatto di tutto per contribuire a insabbiare questa grave situazione all interno dell'Amministrazione cantonale, denunciata in modo chiarissimo dal giudice Marco Villa».