Il Consiglio di Stato presenta il messaggio sull'iniziativa 'Per la qualità e sicurezza delle cure ospedaliere' del 2017. De Rosa (Dss): 'Un tassello importante'
“Più qualità e sicurezza nelle cure ospedaliere”. Questo chiedeva un’iniziativa popolare legislativa elaborata lanciata nel 2017 e depositata forte di oltre 12mila firme. E questo vuole garantire il Consiglio di Stato con un messaggio governativo licenziato la settimana scorsa e presentato oggi alla stampa. Sostanzialmente, spiega il direttore della Divisione della salute pubblica Paolo Bianchi, si tratta di «ancorare alla Legge cantonale di applicazione della legge federale sull’assicurazione malattie (Lcamal) il concetto di interesse pubblico e di ribadire la necessità che gli ospedali pubblici e privati ottemperino ai requisiti di qualità, appropriatezza delle cure e sicurezza». Detta breve: una consuetudine viene messa nero su bianco nella legge, «in questo modo come abbiamo scritto nell’apposito articolo di legge che gli istituti di interesse pubblico sono tenuti al rispetto dei requisiti alla base dell’attribuzione dei mandati».
Di quali requisiti si tratti lo illustra il medico cantonale Giorgio Merlani, annotando come il punto di partenza per queste norme che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2021 è la formazione di una commissione di qualità e sicurezza «che sarà composta da almeno dieci membri». Vale a dire il medico cantonale stesso, assieme a un giurista del Dipartimento sanità e socialità, quattro medici (due del settore pubblico e due del privato) due direttori amministrativi (uno del pubblico e del privato), un esperto di qualità e sicurezza e un infermiere. A questo punto si andrà alla definizione dei requisiti vincolanti per il rilascio dell’autorizzazione, e quindi per diventare istituti di interesse pubblico, previsti dal regolamento sulla qualità e la sicurezza in applicazione della Legge sanitaria: «Concernono la struttura, quindi l’organizzazione, la situazione logistica, il numero delle persone formate e la qualità della formazione», annota Merlani. Ma anche il processo, «che riguarda le procedure operative, la compilazione della cartella clinica, o situazioni come ad esempio il time-out in sala operatoria. Il tutto per avere ovunque le stesse regole». E, infine, l’esito. Nel senso che, rileva il medico cantonale, «conta ovviamente anche il risultato finale delle cure, la soddisfazione del paziente».
Si tratta, fondamentalmente, di recepire quanto previsto dal Cantone di Zurigo e ormai recepito da moltissimi cantoni. E perché oggi? «Per far compiere un salto di qualità alle cure ospedaliere» afferma il direttore del Dss Raffaele De Rosa. Un settore che «ricopre un’importanza centrale e non può lasciare indifferente nessuno, poiché riguarda non solo gli addetti ai lavori ma tutti noi». Ed è forte la soddisfazione di De Rosa nel comunicare che «il dialogo con gli iniziativisti è stato fruttuoso, al punto che davanti alle conclusioni del nostro messaggio governativo è stato detto che se il Gran Consiglio darà luce verde ritireranno l’iniziativa».
Il dottor Brenno Balestra, primo firmatario del testo, ricorda che «le motivazioni principali che hanno spinto un gruppo di professionisti della salute a raccogliere le firme senza l’egida dei partiti erano il fissare il concetto di interesse pubblico, anche per superare una dicotomia tra pubblico e privato che nei fatti non c’è più e di conseguenza occorrono requisiti uguali, e promuovere i concetti di qualità e sicurezza». Perché, riprende Balestra, «in un caso su dieci si incappa in un incidente in corsia, con scambi o dosaggi di medicamenti o eventi avversi come cadute o infezioni contratte in ospedale». Criticità che «nel 50 per cento dei casi sarebbero potenzialmente evitabili se si lavorasse ancor di più sulla sicurezza».
Ma detto di questi elementi chiesti e che, sebbene già presenti sono stati ‘ufficializzati’, a Balestra preme ricordare anche quello che risponde all’appropriatezza: «Vengono svolti troppi esami di laboratorio, troppe tac, risonanze, terapie. I cittadino medio usa troppi farmaci, i parti cesarei sono ancora tanti». Insomma, per il primo firmatario dell’iniziativa «si stima che il 20-30 per cento dei costi sono portati da prestazioni futili”. Da qui l’invito rivolto ai cittadini, ma soprattutto ai medici, “di usare più appropriatezza perché c’è molto spazio di miglioramento».
Adesso, conclude De Rosa, «la palla è nel campo del Gran Consiglio. La pandemia ha duramente colpito il Ticino, ma lo ha reso anche più sicuro sulla solidarietà e sull’importanza di avere un sistema sanitario efficiente e all’avanguardia».