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La prostituzione riparte, ma non è come prima

Con l'apertura delle frontiere e il prolungamento degli orari si spera di tornare alla cifra d'affari d'un tempo. Ma i problemi restano. Parola a operatrici e gerenti

(TI-PRESS)
22 giugno 2020
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Anche il settore della prostituzione comincia a riprendere vigore. Certo, siamo ancora ben lontani dai numeri pre-pandemia – il giro d’affari di alcuni è dimezzato, per altri va anche peggio – ma un giro di pareri tra i professionisti del settore registra un prevalente ottimismo: «Diciamo che da questa emergenza siamo usciti con un occhio blu, ma ci stiamo riprendendo, anche se siamo ancora all’inizio», spiega il direttore del Bar Oceano Bernhard Windler. E aggiunge: «L’attività attualmente gira circa al 60% rispetto a prima della crisi sanitaria. Per noi è stata decisiva in particolare la riapertura delle frontiere, e per fortuna da questa settimana potremo prolungare l’orario di apertura oltre la mezzanotte. Resta il fatto che molte ragazze sono ancora bloccate nel loro paese, ad esempio in Romania». Anche Stefano Taroni, uno dei responsabili del Maxim Club di Chiasso, sottolinea l’importanza di poter tenere aperto fino alle due o alle tre di notte: «Ora capita che i clienti arrivino di notte e debbano tornare indietro». Un problema che si aggiunge a quello delle distanze imposte dai piani di protezione, che ha reso necessario un contingentamento del personale: «La paura si direbbe superata, sia da parte dei clienti che delle ragazze: abbiamo una lunga lista d’attesa di operatrici che vorrebbero tornare da noi, ma devono attendere per via del contingentamento», prosegue Taroni; intanto «il nostro giro d’affari si aggira ancora attorno al 20% di quello precedente la chiusura, ma stiamo ripartendo bene, non posso negarlo». Quanto alla salute, «ci adoperiamo per garantire la sicurezza di tutti e tutte: il personale utilizza le mascherine e misuriamo la temperatura a chiunque entri. Non prendiamo invece i contatti per il tracciamento: lo dico perché si tratta di una cosa che preoccupa alcuni potenziali clienti». Anche dal Bar Oceano arriva conferma della stessa politica di rispetto della privacy e di analoghe misure di protezione.

Ma a essere provate sono anzitutto le prostitute, dopo mesi trascorsi senza lavoro: alcune di loro si sono trovate chiuse nelle zone rosse, altre bloccate nel loro paese d’origine, altre ancora hanno scelto di spostarsi da un cantone all’altro man mano che avanzava il domino delle serrate. «Sono rimasta bloccata in Italia e ho dovuto sopravvivere coi miei risparmi», ci dice una di loro. Una sua collega guarda il bicchiere mezzo pieno: «Per chi ha clienti fissi un po’ di ripresa c’è stata, non mi posso lamentare. Non ho paura del virus, e mi pare che anche i clienti l’abbiano superata. Certo, faccio attenzione per quanto possibile a mantenere le distanze e a fare sesso in posizioni che limitino il contatto faccia a faccia. Se il cliente lo preferisce, indosso anche la mascherina». Altre però temono che il timore del contagio non sia ancora davvero evaporato: «I clienti hanno paura di venire al night», ci racconta un’altra ragazza, che fa subito notare come non sempre l’attenzione all’igiene contro il virus faccia il paio con quella sessuale: «Molti vogliono pagare un po’ meno e avere di più, magari anche sesso non protetto: vai a capire con che testa ragiona certa gente! Comunque di clienti ne ho persi, e ora la mia principale preoccupazione non è il virus: sono le tasse». Un’altra prostituta conferma: «I clienti hanno più paura, certi tipi di rapporto non vogliono più averli, sono meno intimi, alcuni chiedono anche di indossare la mascherina. Per me non è un problema, e fortunatamente ora sono tornata a guadagnare più o meno quanto prima delle chiusure. Però, non essendo residente qui, non ho avuto diritto a indennità per la perdita di guadagno». La speranza di molte, intanto, è che nelle prossime settimane la ronda del piacere ritorni all’intensità di sempre.

 

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La psicologa: 'Per molte era difficile anche mangiare'

È dal 1995 che la psicologa Vincenza Guarnaccia segue la vita delle prostitute ticinesi: come responsabile di Primis – l’iniziativa di Zonaprotetta rivolta proprio alle professioniste del sesso – ha potuto vedere da vicino le difficoltà di questi mesi. «In assenza di reddito, per molte prostitute è diventato difficile anche solo mangiare, trovare un posto dove dormire e pagare le bollette. Per questo insieme a MayDay – l’antenna del Soccorso Operaio Svizzero dedicata agli stranieri a statuto precario, ndr – abbiamo organizzato un servizio di supporto. Prima della chiusura delle frontiere abbiamo aiutato una decina di persone a rientrare in Romania, mentre a chi è rimasto qui abbiamo messo a disposizione buoni pasto e fondi per le spese urgenti. In questo ci è venuta in aiuto la Catena della solidarietà», il braccio umanitario della radiotelevisione Srg Ssr impegnato nella raccolta fondi per iniziative benefiche. «Inoltre – prosegue Guarnaccia – abbiamo aiutato le prostitute con regolare permesso a percepire le indennità per la perdita di guadagno, anche se nemmeno quelle bastavano per far fronte ai loro bisogni. Non parliamo poi di chi opera senza permesso, che si è trovato in una situazione di ulteriore difficoltà ed esposto a gravi rischi di sfruttamento».

Ora che si rientra al lavoro, Primis si è impegnata a diffondere il piano di protezione elaborato da ProCoRe, la rete svizzera delle associazioni che sostengono le lavoratrici del sesso. Tra le indicazioni c’è l’utilizzo di disinfettanti e mascherine, ma anche l’esclusione di pratiche e posizioni considerate più rischiose per la trasmissione di goccioline di saliva. «All’inizio si è notata una certa preoccupazione, credo comune a tutti. Va anche detto che la prostituzione non è spesso un mestiere che si sceglie, anche se non si può generalizzare; sono numerose le situazioni nelle quali si tratta di una scelta obbligata per mantenere sé e la famiglia, e poi ci sono casi di vero e proprio sfruttamento, ad esempio da parte di quei partner che manipolano i sentimenti di ragazze giovanissime e approfittano del loro reddito. Le difficoltà del momento attuale si innestano quindi in questo quadro già problematico, specie per le lavoratrici che operano magari da vent’anni e per le quali diventa sempre più difficile reinventarsi». E poi ci sono anche i casi vulnerabili dal punto di vista sanitario: «Parlavo appena ieri con una prostituta affetta da una malattia cronica: il pericolo per chi ha patologie pregresse è quello di dover rinunciare al reddito oppure esporsi a rischi molto elevati». Ma lavorare bisogna.