Per il dottor Lepori, vice capo area Eoc, è un errore riaprire tutto insieme, non sapremo che cosa incide sui contagi. Il rischio? 'Chiudere tutto di nuovo'
Di cure non ce ne sono, e l’unica via oggi per controllare la diffusione del coronavirus è stata di sospendere la vita di un Paese per scongiurare un’ondata ingestibile di casi e il collasso degli ospedali. Ormai lo sappiamo, ci dobbiamo convivere, infatti ci avviamo verso una nuova fase. Dopo l’11 maggio negozi, ristoranti, scuole dell’obbligo, bar saranno riaperti. Un passo forse imprudente per molti. Non tanto per i tempi ma per i modi. "Se a fine maggio i contagi risaliranno il rischio è di dover richiudere tutto, perché non saremmo in grado di stabilire con certezza quale tra le diverse misure di allentamento ha causato l’impennata di casi. Sarebbe stato più prudente riaprire a tappe, dopo ogni misura osservare la curva dei contagi, poi passare alla fase di riapertura successiva. Se l’epidemia ripartirà sarà difficile analizzare la situazione", ci spiega il dottor Mattia Lepori. Il vice Capo area dell’EOC è da mesi al fronte. "In Ticino siamo riusciti, grazie anche all’ottima collaborazione tra autorità e settore sanitario a proseguire con i piedi di piombo, un passo dopo l’altro, e anche le misure di riapertura della scuola saranno le più restrittive della Svizzera. Dal punto di vista sanitario questa riapertura non ci preoccupa quanto altre. Personalmente mi preoccupa invece la ripartenza, in contemporanea, di bar, ristoranti e negozi, ritengo siano attività più a rischio, potrebbero davvero far risalire i contagi e, da medico, non le considero essenziali”.
Il medico è sostenuto dai risultati di un importante studio appena realizzato. Un team dell’Università di Basilea e del Politecnico Federale di Zurigo, ha misurato l’impatto di ciascuna misura di contenimento (fino al 15 aprile) sulla curva dei contagi in 20 Paesi, tra cui la Svizzera. I risultati dell’analisi indicano che le misure che avrebbero influito maggiormente sulla riduzione dei contagi sono state la chiusura di ristoranti, bar, discoteche, delle frontiere al traffico individuale, delle attività commerciali non essenziali e degli eventi. Molto meno determinante sarebbe stato, secondo i ricercatori, l’impatto sulla diffusione del Covid-19 della chiusura delle scuole (una riduzione solo dell’8% dei contagi). A breve saranno disponibili i risultati Paese per Paese.
Per questo motivo il dottor Lepori, giudica imprudente riaprire insieme scuole, ristoranti, bar, negozi. “Da medico posso unicamente valutare solo i possibili rischi sanitari, Berna ha sicuramente anche considerato nella sua decisione aspetti economici e sociali che non ho le competenze per giudicare. Riaprendo l’11 maggio molte attività insieme, inoltre, si dà la sensazione che stiamo tornando alla normalità. Questo è il massaggio che rischia di passare. Ma non è così, il virus è sempre tra noi. Temo che stiamo facendo il passo più lungo della gamba, se queste decisioni della politica federale si riveleranno errate, le autorità corrono il rischio di una perdita di credibilità e la sanità potrebbe pagare un prezzo alto”.
Vediamo in concreto quali saranno alcuni rischi nella quotidianità: “Per chi torna in ufficio, la Segreteria di Stato dell’economia impone due metri di distanza. Quando non è possibile si deve avere la mascherina o un plexiglas che divide le postazioni. Mi dico che sarà più difficile rispettare le stesse norme al ristorante: per avere 2 metri di distanza servono tavoli di almeno due metri e mezzo, se poi mangi la mascherina non puoi metterla. Nei negozi di vestiti, tanti toccheranno lo stesso abito, se tra loro c’è un asintomatico, il virus rischia di passare da un cliente all’altro. E la sera tutti torneranno a casa dalle rispettive famiglie”.
La soluzione è una sola: continuare con un grande senso di responsabilità individuale e una ferrea disciplina, sapendo che le scelte di ciascuno impattano sulla collettività,. La popolazione ha ricevuto tutte le informazioni sanitarie e le sta rispettando, la pandemia ci ha resi più attenti. “Certo, ma le emozioni a volte sono più forti della razionalità e le lunghe code davanti a Mac Drive e fioristi appena riaperti devono andare di pari passo con tutte le norme sanitarie. Sovente vedo persone sole in auto che portano inutilmente la mascherina e altri che non l’hanno al supermercato o in luoghi dove spesso non si riesce a tenere le distanze”. Purtroppo basta una piccola disattenzione per contagiarci. Attualmente ci sono ancora un centinaio di persone ospedalizzate nei reparti.
Covid-19, la tempistica per ripartire, la preoccupa? “Il loro numero è in continuo calo, probabilmente entro l’11 maggio questi reparti saranno quasi vuoti. La tempistica è corretta. Approfittando del basso numero di contagi e forse della possibile, ma non confermata, stagionalità del virus, possiamo gradualmente allentare le misure. L’errore è riaprire troppi settori insieme, sarei stato più prudente. Se l’infezione riparte non sapremo dove abbiamo fatto il passo troppo lungo, rischiamo di avere poco margine di manovra, e ci troveremmo nuovamente confrontati con importanti misure restrittive.”
Tutto ciò è in mano ad ognuno di noi e alle autorità federali, che hanno la competenza in materia, il Ticino ha poco spazio di manovra, le finestre di crisi concesse da Berna sembrano per ora finite.
Quello che preoccupa la sanità, in caso di una seconda drammatica ondata, è anche il sommarsi dei pazienti non acuti rimasti in lista d’attesa a causa dell’emergenza Covid-19. “Il dispositivo d’emergenza c’è ed è collaudato. Solo ora stiamo però vedendo le ripercussioni della prima ondata, come ad esempio l’aumento della mortalità per infarti: chi aveva sintomi forse non è andato al Pronto Soccorso per paura del contagio. Una seconda ondata aumenterà ulteriormente il ritardo accumulato per operazioni elettive e nelle visite ambulatoriali che sono rimaste ferme”, conclude il medico.