Il direttore della Clinica Luganese Moncucco punta il dito sul Carnevale e sui campanelli d'allarme inascoltati da politica ed esperti.
"Malgrado evidenti segnali, dalle autorità un assordante silenzio". È un viaggio a ritroso quello presentato su 'ilCaffè' dal direttore della Clinica Luganese Moncucco di Besso, Christian Camponovo. Un viaggio alle origini della crisi sanitaria che ha stretto fra dolore e preoccupazione il mondo intero. E il suo è un indice puntato contro Bellinzona e Berna. Da una parte, è la sua lettura in un'ampia intervista rilasciata al domenicale, la politica del ‘‘diagnostica e isola’’ si è dimostrata un fallimento totale. Dall’altra, tutti quei campanelli di allarmi rimasti all'inizio inascoltati, a cominciare dal quarantenne sportivo intubato in Lombardia "che aveva dimostrato che il coronavirus che avevamo snobbato era ben più grave di una normale influenza".
Ripercorrendo lo sviluppo del covid-19 in Ticino, Camponovo spiega al settimanale quali sono stati, secondo lui, gli errori dell’approccio iniziale alla pandemia. A partire dallo svolgimento del Rabadan: "Il 21 febbraio, era il venerdì di Carnevale, ho letto che all’ospedale di Codogno, in Lombardia, era stato diagnosticato il primo caso. Un quarantenne intubato da più di una settimana per una polmonite atipica. Mi era bastata questa notizia per farmi fortemente dubitare della partenza, l’indomani, per la settimana bianca. Non solo il coronavirus era arrivato nel nord Italia, ma si era 'insediato' nel modo più subdolo almeno in una struttura sanitaria".
IL direttore della clinica, diventata poi con l'Ospedale La Carità di Locarno, nosocomio riservato ai soli pazienti covid, ricorda come nel weekend che precedeva il primo caso ticinese e svizzero (tra il 22 e il 23 febbraio) “la maggior parte delle persone in Svizzera, compresi i tanti professionisti del settore della salute, non si rendevano ancora conto di cosa ci attendeva”. Poi l’assenza di contatti diretti tra il primo e il secondo paziente (che non era stato in Lombardia) chiarì a tutti la presenza in Ticino del virus. Il direttore della Moncucco ha evidenziato al 'Caffè' come a pesare sulla forte progagazione del virus siano stati anche la scarsità dei tamponi e i tempi di reazione delle autorità, diversi da quelli del virus. Camponovo non manca di esprimere critiche anche all'Ufficio federale della sanità pubblica e all’Ufficio del medico cantonale, “non ci stavano aiutando”, dice. Fino a inizio marzo, aggiunge, non avrebbero prodotto scenari di crisi. Il primo, redatto tra il 6 e il 7 marzo, sarebbe stato frutto infatti della collaborazione tra Ente ospedaliero cantonale e la stessa Clinica Luganese Moncucco.