Dal primo gennaio la nuova legge sugli orari dei negozi ne vieterebbe la vendita agli esercizi aperti fino alle 22.30. I gestori prendono tempo
Sono le sette di un sabato sera, ti sei scordato il vino per la cena con gli amici: per rimediare alla solita figuraccia punti tutto sul benzinaio accanto a casa, che non sarà un’enoteca ma un merlottino passabile lo trovi sempre. Solo che al posto del vino trovi un cartello: “In conformità con la legge cantonale entrata in vigore il 1.1.2020, ci vediamo costretti a sospendere la vendita dei prodotti alcolici: lunedì-martedì-mercoledì-venerdì dopo le 19; giovedì dopo le 21; sabato dopo le 18.30; domenica dopo le 18”.
È una delle norme inserite nella nuova legge sull’apertura dei negozi, approvata in votazione popolare il 28 febbraio 2016 ed entrata in vigore quest’anno, dopo lunga gestazione e vigorosa opposizione (vedi sotto). Lo scontro era stato tutto giocato su quella mezz’ora in più di apertura serale, ma nessuno è parso accorgersi della disposizione sugli alcolici per quegli esercizi che possono comunque stare aperti fino alle 22.30: le stazioni di servizio, appunto, ma anche alcuni chioschi, i negozi situati nei camping e nelle località turistiche, e così via. Ora, invece, si grida al proibizionismo. Sui social, soprattutto, ché lì si grida meglio.
A dire il vero, alla nuova regola si sono adeguati ancora in pochi. L’Associazione ticinese stazioni di servizio (Atss), che difende gli interessi di categoria, prende tempo: “Grazie al periodo di adeguamento di un anno concesso dalla legge, l’Atss è fiduciosa di poter avere il tempo necessario alla formazione del personale e alla implementazione di accorgimenti tecnico/informatici in grado di gestire i divieti, così da garantire il rispetto della nuova legge a partire dal 1° gennaio 2021”, si legge in un comunicato. Accorgimenti che sarebbero necessari per permettere ai punti vendita, sottoposti a turni e avvicendamenti di personale, di escludere sistematicamente errori di gestione, infrazioni involontarie e conseguenti sanzioni.
Il problema è che la norma transitoria sulla fase di adeguamento «concede un periodo di un anno solo per l’adeguamento degli orari di apertura», ci spiega Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia, che conferma le limitazioni previste e specifica che «il mancato rispetto dei limiti d’orario previsti per la vendita di bevande alcoliche sarà trattato come previsto dalla legge». Anche se la polizia ha già fatto sapere che non sta effettuando controlli ‘punitivi’ e attende che gli shop si adeguino alle direttive. Lo stesso Rizzi, d’altronde, invita a un dialogo pragmatico: «Siamo a completa disposizione di tutti per eventuali chiarimenti». Quanto alle polemiche, nota che «queste disposizioni erano già contenute nel messaggio del Consiglio di Stato del 23 marzo 2011, dove è anche ampiamente spiegata la loro genesi» (vedi sotto).
Ma il divieto di vendita serale servirà a limitare l’abuso di alcol e i comportamenti a rischio, ad esempio le risse e la guida da ubriachi? Secondo Dario Gennari, psicologo e responsabile del settore alcologia di Ingrado nel Sopraceneri, «si tratta di trovare un equilibrio fra il libero accesso a un bene e la cautela necessaria con una sostanza psicoattiva come l’alcol. In generale, è vero che la limitazione della vendita in orari serali e notturni può prevenire comportamenti a rischio, soprattutto nelle fasce giovanili: penso alle intossicazioni acute, o al ragazzino che si compra la bottiglia di vodka e salta sul motorino».
A confermarlo sarebbe anche un programma pilota svolto in Canton Vaud: dal 2015 al 2018, la limitazione alla vendita di alcolici dopo le 21 avrebbe contribuito a evitare 200 ricoveri all’anno.
«Certo però – aggiunge Gennari – che una misura del genere non risolve il problema e richiede una strategia di sensibilizzazione, prevenzione e intervento più ampia. Presa singolarmente, non sarà questa limitazione a cambiare sensibilmente la situazione. Che poi i divieti da soli non servano e rischino anzi di antagonizzare la popolazione, lo dimostra già il Proibizionismo americano».