Ticino

Ticinesi 'obbligati a formarsi fino a 18 anni’

Il Decs presenta le misure di ‘Obiettivo 95%’: aumentare il numero di giovani con un diploma 'secondario II'. Bertoli: ‘Non lasciare indietro nessuno’

Ti-Press
13 gennaio 2020
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Ogni anno in Ticino 350 giovani escono dai radar del sistema formativo senza che abbiano raggiunto un titolo di studio secondario II. «Tanti», per il Dipartimento educazione, cultura e sport. «Possono sembrare poche persone», spiega Paolo Colombo, direttore della Divisione della formazione professionale, «ma sono comunque troppi. Corrono il rischio di finire ai margini della società, sentiamo forte la responsabilità nei loro confronti».

E quindi, dopo il primo messaggio governativo licenziato dal Consiglio di Stato a novembre – il progetto ‘Più duale’, che intende incrementare le possibilità di formazione per i giovani nelle aziende attraverso 800 posti di apprendistato in più disponibili presso le aziende stesse – il governo passa alla ‘fase 2’. Con il progetto ‘Obiettivo 95%’ presentato questa mattina alla stampa dal Decs, infatti, vengono messe in campo sei misure «per far salire il numero di giovani con un titolo secondario II entro i 25 anni. A oggi in Ticino siamo all’88%, la media nazionale è al 91%, annota Colombo.

Cosa è l'obbligo formativo

Come raggiungere, quindi, questo obiettivo? Con sei misure, partendo dalla più incisiva: creare, attraverso una modifica alla Legge sulla scuola, l’obbligo formativo fino a 18 anni. Un obbligo, rileva il direttore del Decs Manuele Bertoli, «che non è scolastico, quello non cambia. L’obbligo formativo non riguarda solo l’istruzione a scuola, è un sostanziale divieto di non formarsi fino al raggiungimento della maggiore età». Non per forza a scuola, rimarca Bertoli. Perché «una parte di chi non ha ancora trovato la propria strada è proprio in classe che ha avuto difficoltà». Occorre quindi cercare altri modi, percorrere altre strade «per non lasciare indietro nessuno, per non perdere questi ragazzi».

Ma una volta stabilito questo obbligo formativo fino a 18 anni, unica misura su cui dovrà esprimersi il Gran Consiglio poiché le altre sono di competenza del Consiglio di Stato, materialmente cosa intenderà fare il Decs per dare seguito alle proprie intenzioni? «La situazione di partenza è buona», riprende Colombo. Occorre «affinare l’esistente per riconoscere chi ha bisogno». Cambiare paradigma, insomma: «Passare da un approccio dove si osserva e si ricevono segnalazioni a uno proattivo, a governare il fenomeno invece che monitorarlo e basta».

Le misure nel dettaglio

Quindi, illustra il direttore della Divisione della formazione professionale, i provvedimenti che saranno messi in atto entro il 2023 saranno «un progetto pilota di aggancio e coaching dei giovani, inserendo tre operatori per avere appunto un approccio proattivo per raggiungere i giovani usciti dal sistema scolastico» e la volontà di «sviluppare percorsi individuali, strutturando la fase di preparazione all’apprendistato con percorsi differenziati e flessibili, dei preapprendistati, insomma».

Verranno «promossi e ampliati gli apprendistati biennali, con l’organizzazione di momenti informativi con le aziende» così come saranno ulteriormente sostenuti «programmi mirati per gruppi a rischio esclusione, consolidando le attuali ed efficaci misure come il recupero della licenza media o il progetto Lift». Infine, «anche se non pensata prioritariamente per questi giovani», avrà un ruolo anche la Città dei mestieri che aprirà a Bellinzona il 25 gennaio, «con workshop tematici e momenti d’incontro con le aziende, nonché consulenze private e sostegno ai giovani e alle loro famiglie».

Insomma, ‘Obiettivo 95%’ è un progetto che per il Decs «promuove un approccio proattivo e dinamico, investe sui giovani, valorizza e consolida le misure già esistenti e permette di sperimentarne di nuove».

Bertoli: ‘È nell'interesse di tutti i giovani, basta con la politica politicienne’

E se l’obiettivo di arrivare al 95% di giovani con il diploma secondario II è «sul lungo periodo», Bertoli auspica una celere entrata in vigore delle misure. Interpellato dalla ‘Regione’ sulle tempistiche, risponde come «ormai sia tempo che si superino certe questioni o piccoli steccati legati più alla ‘politica politicienne’ e si arrivi a un risultato che è nell’interesse di tutti i giovani. Anche perché i messaggi che ho fermi, tra risposte ad atti parlamentari e modifiche di legge, sono quasi quaranta. Sarebbe molto utile che il 2020 fosse un anno positivo per la scuola, per i giovani. E sarebbe un punto d’onore per tutti gli attori coinvolti».

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