Marta, 20 anni, è scesa nell'inferno delle droghe e ci racconta come sta cercando di uscirne. 'Un tossicodipendente lo resta per tutta la vita'
Ecstasy e cocaina prima, psicofarmaci poi, tanto alcol e infine il crack. La ticinese Marta, 20 anni, cercava la felicità ma ha imboccato la strada per l’inferno. La droga l’ha divorata e lasciata sola. Da un giorno all’altro si è ritrovata in un film dell’orrore. Uscirne è dura come ci racconta in questa lettera. Vorrebbe evitare ad altri adolescenti la sua Via Crucis. Un cammino imboccato da tanti, troppi giovani ticinesi.
La felicità è soggettiva. Ognuno la trova in qualcosa di diverso: hobby, sport, lavoro, famiglia, figli. Forse è proprio qui che io mi sono persa.
Avevo bisogno di sentirmi superiore agli altri e ho sempre preso tutto come una sfida con me stessa, un gioco, ma quello che non sapevo, era che il gioco si chiamava roulette russa.
Canne, MDMA, anfetamina, benzodiazepine, cocaina e infine... crack.
La prima volta che ho fumato la cocaina mi sono sentita diversa. Era una sensazione strana, un brivido che partiva dal cervello ripercorreva tutto il corpo. Mi sono sentita sicura di me, priva di ansia, concentrata solo e unicamente su di me e quella strana sensazione. Fu solo allora che mi chiesi: “È così che si sentono le persone felici?”.
Quell’esatto istante, mi piace definirlo, l’inizio della fine.
Per me quella era la felicità che da tanto tempo cercavo, e non volevo smettere di assumere la felicità anche se costosa. I soldi in fondo vanno e vengono, mi dicevo. Tutto quello che volevo era sentirmi bene. Così cominciai a usare. Prima una volta al mese, poi una volta a settimana e infine tutti i giorni. Iniziai a scappare di casa, mentire e rubare. Era giusto? No. Ma io volevo in fondo solo essere felice, quindi mi andava bene.
Passano i giorni, poi i mesi, poi gli anni. Il tempo corre. L’istante in cui fai, dici, pensi, è già passato. Tutto vola via ancora prima che tu lo concepisci.
‘Sono caduta in un buco nero. Più mi facevo, più andavo a fondo. Ho ucciso dentro la mia famiglia. Ho visto ragazzine prostituirsi per una dose.’
Ho buttato via due anni della mia vita alla ricerca della felicità. Era tutto rose e fiori all’inizio. Poi sono iniziate le discese all’inferno. Ero caduta in un buco nero. Il famoso buco nero della droga. Più mi facevo più andavo a fondo dopo. Più la botta saliva, più scendeva una volta svanito l’effetto. Ero arrivata al punto di domandarmi se prendere il treno o se buttarmici sotto al posto di tornare a casa.
Ho ucciso dentro la mia famiglia. Di amici non ne avevo più. Un obiettivo di vita non mi sfiorava la mente. Ho perso due conoscenti per overdose. Ho visto due persone quasi morirmi davanti. Ho visto ragazzine prostituirsi per una dose. Gente con conseguenze a livello cerebrale. Persone che andavano in paranoia, altre che avevano attacchi di rabbia. Mentre per quanto riguarda me, fumavo talmente tanto da sentirmi svenire. Passavo uno, due o addirittura tre giorni senza dormire o mangiare, drogandomi e basta.
Ero arrivata a dar di matto dopo essere stata portata in Pronto Soccorso e dover essere ricoverata in forma coatta in clinica psichiatrica per mesi.
Allora c’era qualcosa che non quadrava: la felicità dovrebbe fare l’esatto opposto, o forse mi sbaglio?
La droga, di fatto, mi aveva distrutta. Ero diventata succube della sostanza e di conseguenza non ero più io che comandavo la sostanza ma era lei che comandava me. Lei aveva i fili e io ero il suo burattino. Era la mia mantide religiosa, che dopo avermi fatta innamorare di lei, mi aveva divorata.
‘La droga ti divora e ti lascia per strada. Ti toglie tutto, distrugge tutto ciò che un individuo crea. Un tossicodipendente lo resta per tutta la vita.’
Ma quindi, era davvero felicità quella che provavo? La risposta è ancora no. Se ti droghi non sei felice. Assumi solo sostanze chimiche sintetizzate per farti sentire bene mentre la verità è che ti portano a fare cose che non faresti mai, ti divorano e ti lasciano per strada.
Ti tolgono famiglia, amici e futuro. Distruggono tutto quello che ogni singolo individuo crea nella vita.
Sono passati diversi mesi, di impegno e sofferenza, ora sono pulita.
Uscirne non era più un gioco. Non era divertente e non mi faceva sentire superiore.
Quello che ho imparato è che non esistono gli ex tossicodipendenti. Un tossicodipendente lo resta per tutta la vita. Di fatto, è una lotta. Una continua lotta tutti i giorni. Mi sveglio la mattina e mi sento forte, arriva sera e mi devo obbligare ad essere forte.
‘Da vari mesi sono pulita, ma lei è sempre dentro di me, è parte di me. La mia parte tossica. È difficile tenerla a bada giorno dopo giorno.’
Lei mi cerca ancora. Lei è dentro di me, è diventata parte di me. La mia parte tossica.Io la accetto. La accetto come mia, ma la cosa più difficile è riuscire a tenerla a bada. Giorno per giorno.La mia famiglia mi ha perdonata, ma vive con il terrore. Ho ritrovato le vecchie amicizie, a fatica. Sto facendo un percorso terapeutico e scolastico. Sono più lucida e viva.
Non sono stata fortunata, ho solo scelto la vita alla morte.
La felicità è sicuramente soggettiva, ma un’altra cosa che so per certo è che non la troverò mai nella droga.
lettera di M. M. (20 anni)
prese come caramelle, in un brodo di alcol. Ad Ingrado arrivano sempre più giovanissimi intrappolati in pericolose dipendenze. «Ci preoccupa lo sdoganamento dello sballo. Vediamo pericolosi mix tra droghe, medicamenti e alcol. Su cervelli in crescita, giocare con queste sostanze è molto pericoloso. Si rischia di scatenare tratti psicotici latenti, ridurre le proprie capacità scolastiche e imboccare una strada di esclusione sociale», spiega la psichiatra Gea Besso. La direttrice sanitaria di Ingrado, confrontata quotidianamente con questa ‘moderna’ schiavitù, commenta la lettera della ventenne Marta. «Sono colpita dalla lucidità e dall’intelligenza di questa ragazza. Racconta meglio di qualsiasi specialista, le tappe di questo percorso di sofferenza». Molti iniziano seguendo un amico e sottovalutano i rischi delle sostanze psicoattive (cannabis, benzodiazepine, codeina, alcol, cocaina, ecstasy...). «C’è una sorta di luna di miele, dove si vivono gli aspetti piacevoli delle droghe per scivolare velocemente nella dipendenza. In poco tempo, il piacere lascia il posto ad una terribile brama di farsi, per placare il dolore». È un meccanismo fisiopatologico che gli esperti ora conoscono bene. «L’abuso di sostanze psicoattive causa alterazioni cerebrali. Si attiva, ad esempio, il circuito della ricompensa, che scatena una brama terribile, non controllabile. La dipendenza non è un vizio, ma una vera e propria malattia».
L’esperienza clinica mostra che le sostanze hanno effetti diversi su persone diverse. «Non tutti quelli che si avvicinano alle droghe sviluppano una dipendenza. Il problema è quella parte che perde il controllo. Quando la droga ti leva la tristezza e medica un disagio, ci si incammina verso la dipendenza e una grande sofferenza».
Non c’è una pillola miracolosa che guarisce, si interviene su più piani e il rischio della ricaduta è sempre presente, come per un alcolista. Lo dice anche Marta: “Giorno dopo giorno devo tenere a bada la mia parte tossica”.
«Resta una sorta di memoria nel cervello, che può riattivare la dipendenza. Occorre evitare le tentazioni, alcuni riempiono la vita di attività che li arricchiscono, altri decidono di cambiare aria per non incappare nelle vecchie amicizie, almeno fino a quando non si sentono abbastanza forti per farcela. All’inizio è dura resistere all’impulso di farsi, si deve tenere duro, poi la brama piano piano diminuisce», conclude la dottoressa.