Ticino

‘Pochi voti, quell’istanza l’avrei fatta comunque’

Ballottaggio, l’avvocato Padlina: ‘Da mie informazioni le buste pervenute ai Comuni in ritardo da ticinesi all’estero sarebbero già almeno una trentina’

23 novembre 2019
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La pubblicazione sul ‘Foglio ufficiale’ dei verbali di accertamento dei risultati elettorali dello scorso fine settimana, quelli del ballottaggio per il Consiglio degli Stati, non allontana l’ombra di un ricorso. Anzi, è proprio con questa pubblicazione, a far data da ieri, che scattano i trenta giorni di tempo per eventualmente ricorrere al Tribunale federale, come ricorda la Cancelleria dello Stato. Che precisa: “Il ricorso non sospende l’entrata in carica delle persone elette”. Ad ogni modo, dai risultati emerge una differenza di 46 voti tra il popolare democratico Filippo Lombardi (36’423) e la socialista Marina Carobbio Guscetti (36’469), uno in più rispetto al dato comunicato domenica scorsa dal Cantone, mentre Marco Chiesa, Udc, si conferma il più votato (42’548) con tre voti in meno rispetto a quelli resi noti inizialmente (come noto, i due seggi alla Camera alta sono andati a Chiesa e a Carobbio). Confrontando i dati elettorali del ballottaggio con quelli del primo turno – secondo calcoli fatti da un nostro lettore – emerge che gli elettori hanno fatto maggiore uso della preferenza unica domenica 17 novembre, rispetto a quella del 20 ottobre. In pratica al secondo turno sei votanti su dieci hanno apposto la crocetta su un solo candidato (62’624 schede). Al primo turno erano stati poco più di tre ogni dieci o meglio 33 su 100 (34’728 schede, pari al 32,8%). Questo sottolinea ancora una volta che il ticket formato da Lombardi e il liberale radicale Giovanni Merlini non è stato molto gettonato dagli elettori dei loro stessi partiti.

I giochi però non sono ancora del tutto fatti. A riaprirli, soprattutto su quella manciata di voti fra Carobbio e Lombardi, potrebbe essere appunto un ricorso ai giudici di Mon Repos. Cosa da non escludere alla luce dell’“Istanza di intervento urgente intesa all’adozione di misure provvisionali” inoltrata martedì da Gianluca Padlina e con la quale l’avvocato e consigliere comunale per il Ppd a Mendrisio ha chiesto al Consiglio di Stato di “dare disposizione a tutti i Municipi affinché conservino, sino a nuovo ordine, tutte le buste contenenti le schede di voto e le carte di legittimazione pervenute dopo il 17 novembre”. Comprese dunque le buste spedite dai ticinesi che vivono all’estero ai rispettivi Comuni nei cui cataloghi sono iscritti, facendo così capo al voto per corrispondenza. Alla ‘Regione’ Padlina ha dichiarato di aver saputo di ritardi nel recapito del materiale di voto: “Un ticinese che vive a Londra, per esempio, mi ha indicato di averlo ricevuto addirittura solo il 13 novembre”, ha affermato il legale, rammentando che la Legge cantonale sull’esercizio dei diritti politici “stabilisce che in caso di ballottaggio il materiale di voto deve essere ricevuto minimo dieci giorni prima dell’elezione”. Mercoledì il governo ha dato seguito all’istanza di Padlina finalizzata alla raccolta di prove, chiedendo ai Comuni di “conservare tutte” le buste pervenute dopo la chiusura dei seggi – ovvero a mezzogiorno della domenica del voto quando, prescrive la legge, comincia lo spoglio – e di “informarci nel merito”. Alcuni Comuni (pochi? Tanti?) potrebbero però averle già distrutte considerando buste e relative schede non più valide, in quanto giunte fuori tempo massimo, incluse pertanto quelle di residenti all’estero, penalizzati magari dalla ricezione tardiva del plico col materiale di voto. La questione non è nuova. Fu ad esempio al centro di un’interrogazione presentata nel marzo 2016 dai deputati del Plr Nicola Pini e Sebastiano Gaffuri.“Il recapito non tempestivo e il mancato recapito del materiale di voto all’estero non dipendono fondamentalmente dall’agire del Cantone o delle autorità comunali”, rispose, nero su bianco, una decina di giorni dopo il Consiglio di Stato. In altre parole, il funzionamento dei servizi postali di altri Paesi non dipende dalle autorità svizzere.

«Sono intanto una ventina i ticinesi residenti all’estero che mi hanno contattato lamentando la ricezione tardiva del materiale di voto – ci dice Padlina –. Una persona che vive a Milano mi ha segnalato di aver ricevuto la busta con il timbro di partenza dal Ticino del 30 ottobre: ha ricevuto il plico il 15 novembre». E aggiunge: «Da mie informazioni le buste pervenute dall’estero in ritardo sarebbero almeno già una trentina». Contattata mercoledì dal nostro giornale, la Cancelleria dello Stato affermava che tra il 28 e il 29 ottobre i Comuni ticinesi avevano spedito il materiale di voto. «L’istanza che ho fatto, l’ho fatta come cittadino e unicamente in questa veste – riprende Padlina –. Non sono stato sollecitato né dal Ppd né da nessun altro. E di fronte a uno scarto di appena 46 voti l’avrei fatta comunque, anche se i candidati fossero stati di altri partiti. Ricordo poi che chiunque può ricorrere al Tribunale federale, chiedendo se del caso il riconteggio dei voti o il rifacimento del ballottaggio». Il voto elettronico potrebbe essere la panacea? «Specialmente per i residenti all’estero potrebbe essere la soluzione – sostiene il Cancelliere Arnoldo Coduri –. Il Consiglio federale ha però deciso di sospendere qualsiasi uso del voto elettronico dopo i problemi con il sistema della posta, che non era sicuro al mille per mille. Posticipare di una settimana il ballottaggio? Secondo me non cambierebbe nulla. Se in un Paese le poste non funzionano, non cominciano a funzionare con una settimana in più».

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