Ticino

Il Ppd: ‘Più tutele per le madri adottive’

Con un'iniziativa cantonale si chiede la parificazione dei diritti rispetto alle mamme biologiche: vietare il licenziamento nei primi quattro mesi dall'adozione

Ti-Press
26 settembre 2019
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“I diritti delle madri adottive vanno parificati a quelli delle madri biologiche”, e va fissata nella legge “la loro protezione sul proprio posto di lavoro”. Ne è convinto il Ppd, al punto da presentare un’iniziativa cantonale per la tutela delle neo mamme di figli adottati, firmata dai deputati Giorgio Fonio, Fiorenzo Dadò e Maurizio Agustoni. Perché, sebbene giudicata “insufficiente” dagli stessi iniziativisti (negli scorsi mesi è stata presentata un’altra iniziativa per chiedere di prolungare il periodo fino alla fine del primo anno di vita del neonato), la protezione per le mamme biologiche “è regolamentata dal Codice delle obbligazioni: il contratto di lavoro non può essere disdetto durante la gravidanza e nelle sedici settimane dopo il parto”. Questa protezione “non è però garantita anche ai genitori di figli adottati che potrebbero quindi ritrovarsi nella spiacevole situazione di veder compromesso il proprio posto di lavoro senza protezione alcuna”. Tra 2006 e 2016 il numero di adozioni in Ticino è diminuito del 70 per cento, ricordano i popolari democratici: “Nel 2010 sono stati 34 i bambini adottati, solo 14 invece nel 2015”. E aggiungono che, rimanendo su questi numeri, “secondo Sabina Beffa, a capo dell’Ufficio dell’aiuto e della protezione, ‘la questione non sta tanto nell’interesse all’adozione internazionale, quanto nelle difficoltà legate a questo percorso’”. E se si parla di difficoltà, è opinione di Fonio, Dadò e Agustoni che “tra queste vi siano evidentemente anche quelle legate alle conseguenze lavorative della scelta di adottare un bambino. Le medesime difficoltà di cui sono vittime le neo mamme possono coinvolgere anche le mamme adottive”. Una questione che si fa, va da sé, sindacale, e viene deplorato il fatto che “rispetto alle mamme biologiche non si possiedono dati certi sul numero di licenziamenti post adozione”. Indipendentemente da questo, però, i tre granconsiglieri ritengono “necessario che le famiglie di figli adottivi possano godere degli stessi diritti delle famiglie con figli biologici”. Per il Ppd un esempio che potrebbe essere preso in considerazione è il modello italiano, “che prevede un divieto di licenziamento fino a un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. In caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della proposta di incontro con il minore in via di adozione”. Sulla materia a livello cantonale qualcosa, negli anni passati, è già stato fatto. “È importante specificare che il Gran Consiglio il 23 settembre 2014 ha deciso di valorizzare e riconoscere il ruolo delle famiglie adottive, approvando un’iniziativa parlamentare generica di Michela Delcò-Petralli e cofirmatari che chiedeva l’introduzione di un congedo d’adozione”. Durante la discussione in aula, tra gli argomenti a sostegno c’è stato quello “di voler abolire una disparità di trattamento tra madre biologica e madre adottiva a livello di congedo maternità e d’indennità di perdita di guadagno, come detto da Milena Garobbio a nome del gruppo Ps”. Un primo passo, appunto. Ora per il Ppd si tratta di “istituire una protezione sul posto di lavoro”.

‘Creare il legame richiede tempo’

«Se quanto chiede questa iniziativa venisse concretizzato, sarebbe di sicuro un passo nella giusta direzione». Isabella Formentini, fra le coordinatrici di Spazioadozione, associazione ticinese di genitori adottivi, guarda con favore alla proposta dei tre granconsiglieri. «Per instaurare un legame di attaccamento con il figlio adottivo ci vuole più tempo rispetto a quello consacrato a un figlio biologico e questo lo dico anche in base alla mia esperienza di madre sia biologica che adottiva – spiega la coordinatrice di Spazioadozione Ticino interpellata dalla ‘Regione’ –. I figli adottivi presentano un trauma dell’attaccamento, dovuto alla mancanza di figure di riferimento sicure nella loro infanzia o a traumi vissuti. Stabilire con loro un legame richiede pertanto diverso tempo. Non tutte le mamme adottive possono però stare a casa. Alcune di loro, e non sono poche, si trovano infatti nella necessità di dover lavorare». Per cui, aggiunge la coordinatrice, «ciò che si chiede con l’iniziativa cantonale tutelerebbe sul lavoro anche le madri adottive, riconoscendo loro – e sarebbe un giusto riconoscimento – gli stessi diritti previsti per la mamma biologica». Si colmerebbe dunque quella che oggi «è una lacuna». Sul tema adozione «vi è comunque in generale ancora molto da fare. Un tema al quale come associazione cerchiamo di sensibilizzare le istituzioni, come la scuola, per agevolare l’inserimento nella società e nel mondo del lavoro i figli adottivi».