Ticino

Il glaciologo: l'emergenza climatica è una realtà

Giovanni Kappenberger: la situazione attuale non è assolutamente paragonabile a quanto vissuto in passato, ecco i dati

3 aprile 2019
|

«C’è ancora chi fatica a capire la cosiddetta emergenza climatica. Me ne sono reso conto in occasione di varie presentazioni e discussioni sul tema». Ma i dati, fa presente Giovanni Kappenberger, glaciologo, non lasciano spazio a libere interpretazioni. «La concentrazione di anidride carbonica oggi ha oltrepassato i 400 ppm [vedi grafico a lato] e cresce sempre più velocemente, mentre durante l’intero periodo precedente [800mila anni] non aveva mai superato i 300 ppm!». Valori, precisa Kappenberger, che non sono delle stime, bensì sono stati ricostruiti dalle analisi delle bollicine d’aria intrappolate nelle carote di ghiaccio ad oltre tre chilometri di profondità dell’Antartico. «È quindi evidente come la situazione attuale non sia assolutamente paragonabile a quanto vissuto in passato, e come un ulteriore innalzamento della temperatura atmosferica media in assenza di immediati e drastici provvedimenti di riduzione della produzione di CO2 sia molto più di un rischio». Se la colonnina di mercurio del termometro terrestre dovesse salire anche solo di 2-3 gradi le conseguenze sarebbero molto importanti. Devastanti? «Beh, a titolo di paragone pensiamo al fatto che durante l’ultima era glaciale, ventimila anni fa, praticamente tutto il Ticino era ricoperto da ghiaccio. Sporgevano solo le creste e singole montagne come il Tamaro e il Generoso. Quanto è cambiata da allora la temperatura? Soltanto di cinque gradi. Ciò significa che un aumento della temperatura anche solo di 2 o 3 gradi non può essere banalizzato e comporterà drastici cambiamenti ai quali difficilmente sapremo adattarci. Mentre un aumento di ulteriori 5 gradi entro il 2100, come prevedono gli scenari elaborati in assenza di incisive misure di riduzione dei gas a effetto serra, avrebbe conseguenze catastrofiche». Fatti che, ribadisce il glaciologo ticinese, sono ormai riconosciuti dall’intera comunità scientifica mondiale. Eppure sembra esserci ancora chi nasconde la testa sotto la sabbia... «C’è ancora chi mi dice che il ghiacciaio del Basodino in passato è già scomparso, e che allora non ci sarebbe da preoccuparsi se capita anche oggi. E che in fin dei conti col riscaldamento climatico in atto il ghiaccio è ancora lì. Invece una differenza c’è, eccome se c’è». Le perdite annue sono di circa un metro di spessore, ciò che ne determinerà la scomparsa tra una ventina d’anni. «È un po’ come quando scongeli il congelatore: lasciare aperta la porta dell’apparecchio non basta per far sciogliere subito il ghiaccio, ci vuole tempo». Orizzonte 2040 e il ghiaccio lascerà spazio alle rocce. Anche quando morì Ötzi, 5400 anni fa, i ghiacciai si erano parecchio ritirati, forse più di oggi. Ma l’importante differenza è che attualmente il clima è già più caldo di allora e che i ghiacciai non sono in equilibrio con esso: ciò significa che il loro scioglimento proseguirà velocemente e porterà alla scomparsa di parecchi di loro». Lo sciopero e le manifestazioni di piazza promosse dai giovani a livello globale potranno portare a un cambiamento della politica mondiale? «Lo spero. Spero che le nuove generazioni abbiano la pazienza di andare avanti, perché fra loro vi sono gli elementi per cambiare le cose e mobilitare quelle persone che possono farlo».