Genini (Uct): ‘Il vero problema è se continuerà, per ora si regge’. Berardi (Agrifutura): ‘Il pericolo sono i parassiti che col clima mite non vengono debellati’.
Questo inverno un po’ sui generis, con temperature massime spesso ben al di sopra dei 10 gradi, forte vento e precipitazioni più che ridotte se non assenti (vedi articolo in basso), «al momento non desta preoccupazioni particolari per la nostra agricoltura». È categorico, da noi contattato, Sem Genini, segretario agricolo dell’Unione contadini ticinesi: «In questo periodo dell’anno non è ancora preoccupante il livello dei fiumi o dei laghi, per il nostro settore, ci tengo a ribadirlo. Anche se certo, non sarebbe male piovesse un po’». Per affrontare più tranquillamente, va da sé, il periodo primaverile, «dove le colture riprenderanno», e quello estivo.
Ed è proprio riguardo alla primavera che si concentrano le preoccupazioni di Genini. Già, perché se nell’immediato la carenza di precipitazioni in pianura e il clima mite non recano problemi all’agricoltura, c’è un’altra faccia del cambiamento climatico che invece non fa dormire sonni molto tranquilli. «Le gelate tardive – riprende il segretario agricolo – per esempio possono invece creare molti problemi. Due anni fa, nel 2017, ad aprile siamo stati colpiti da gelate che hanno danneggiato fortemente intere colture, perché è il periodo dell’anno dove tutto riparte e il gelo può provocare danni molto gravi, soprattutto alle vigne, quando la fase vegetativa ha già ripreso e viene bruscamente interrotta. Inoltre preoccupano molto, più in generale, i cambiamenti climatici che capitano sempre più frequentemente e che sono così repentini e bruschi».
E per quanto riguarda gli animali e l’allevamento, un inverno mite quali conseguenze può portare? Anche in questo caso, non ce ne sono moltissime. «Gli animali, grazie alle nostre leggi svizzere molto rigorose sul loro benessere – annota Genini –, escono dalle stalle regolarmente anche in inverno. È chiaro che se la temperatura è gradevole e il clima mite sembrano essere più felici, ma ripeto, non ci sono grandi differenze». Anche perché, conclude il segretario agricolo, «gli animali per loro natura, ed è giusto così, stanno bene dove hanno cibo di buona qualità e a sufficienza, oltre alle attenzioni. Se sanno di avere del fieno in stalla, ci restano o ritornano molto volentieri anche se di fuori è una bella giornata, ma l’erba purtroppo non è presente».
Al momento «è prematuro trarre le conseguenze di questo periodo con scarse precipitazioni» rileva dal canto suo Giovanni Berardi, presidente di Agrifutura. Ma il clima mite, con temperature ben al di sopra delle medie stagionali, «possono avere importanti conseguenze per quanto riguarda i parassiti». Nel senso che «col freddo determinati parassiti vengono regolati, debellati. Invece, con temperature superiori a zero gradi, riescono a svernare con più facilità». E questo «può sicuramente essere un problema in vista della primavera, e penso in particolare alle vigne».
Ma siamo o no in un periodo di siccità? Lo abbiamo chiesto a Luca Panziera di MeteoSvizzera e no, «in realtà meteorologicamente per parlare di siccità bisogna confrontarsi con un periodo di almeno due mesi, quindi di fatto noi, quello attuale, lo chiamiamo semplicemente ‘periodo asciutto’». Ma se in Ticino la situazione è questa, con giornate quasi primaverili, a Nord delle Alpi pioggia e neve – soprattutto quest’ultima – imperversano con vigore. Il motivo di questa Svizzera divisa in due? Tecnicamente è semplice: «Ci sono state correnti da nord persistenti, tranne qualche pausa, nelle ultime tre settimane – rileva Panziera –. Un flusso molto forte, a sua volta legato alla presenza di un anticiclone sull’Atlantico, che è rimasto molto stazionario, e sul margine di questo anticiclone arriva l’aria fredda da nord». Il risultato, di conseguenza, «è il generarsi di precipitazioni a Nord delle Alpi, dove l’aria umida sale il pendio alpino, condensa e crea la precipitazione». In Ticino, invece, «si è creato l’effetto opposto, cioè quello di un riscaldamento perché l’aria, scendendo, si riscalda e quindi il poco vapore che contiene... evapora. È quello che definiamo ‘effetto favonico’».
E nei prossimi giorni, la situazione non dovrebbe cambiare di molto. Nel senso che sì, arriverà della pioggia, ma poca. «Si tratterà di precipitazioni molto deboli. Per adesso l’ipotesi più probabile è tra giovedì e venerdì, di pochi millimetri: 5 massimo 10. Che, di fatto, non cambieranno purtroppo minimamente la situazione secca. Ci sarà anche un calo termico, ma che per noi altro non vorrà dire che rientrare nelle medie stagionali, partendo da una situazione anomala con addirittura anche 10 gradi oltre la media». Questo inverno non molto freddo si inserisce in un trend? Non proprio. «Per quanto riguarda le precipitazione invernali, gli scenari verso metà secolo vedono un aumento attorno al 10 per cento. Il dicembre povero di precipitazioni, quindi, non rientra a pieno titolo nel quadro delineato dai modelli climatici, è un po’ un’anomalia. Chiaramente, però, quando si parla di cambiamenti climatici bisogna osservare una tendenza distribuita su molti anni»