Ticino

Influenza, il picco previsto verso metà gennaio

Secondo l’esperto di malattie infettive Enos Bernasconi: il vaccino di quest'anno dovrebbe difendere bene dalla 'grippe'

31 dicembre 2018
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I primi casi di influenza in Svizzera fanno ben sperare, il vaccino di quest’anno dovrebbe essere efficace e proteggere dal malanno invernale. «Nei primi casi isolati nel Paese, il virus riscontrato è del tipo A-H1N1 e H3N21: per entrambi la copertura del vaccino stagionale dovrebbe essere buona. E questa è una buona notizia», dice il dottor Enos Bernasconi. Il viceprimario di medicina interna e malattie infettive all’Ospedale regionale di Lugano sta già curando le prime complicazioni, chi dall’influenza si ritrova a dover fare i conti con una polmonite. L’influenza è una malattia infettiva per nulla banale, ogni anno causa mediamente in Svizzera fino a 250’000 consultazioni mediche, migliaia di ospedalizzazioni, circa 1’500 decessi e costi sanitari diretti per 100 milioni di franchi. L’influenza costituisce ancora un’importante causa di mortalità per i pazienti più vulnerabili. In Ticino, si stimano una settantina di decessi dovuti all’influenza che è bene non sottovalutare per alcuni gruppi a rischio, come ci spiega il dottor Bernasconi.

Quando è previsto quest’anno il picco influenzale? 

Per ora ci sono casi sporadici e focolai regionali in Europa, mentre si registra più attività negli Stati Uniti. In Svizzera nelle ultime settimane abbiamo avuto vari casi di influenza A, ma non siamo ancora nella fase epidemica. I casi dovrebbero aumentare nelle prossime settimane e si può dunque stimare che il picco sarà tra metà e fine gennaio.

Per chi è pericolosa, quali sono i soggetti più a rischio?

È debilitante ma non pericolosa se contratta da bambini e adulti sani. Mentre a pazienti cronici – affetti da malattie polmonari, cardiache e diabete – e ad anziani può causare gravi complicazioni tali da compromettere ulteriormente il loro stato di salute. Anche le donne in gravidanza, soprattutto al secondo e terzo semestre, sono più vulnerabili,  ogni anno abbiamo due o tre casi che finiscono in cure intense a causa di complicazioni. Sempre più ginecologi per fortuna consigliano la vaccinazione.

Come capire se è un raffreddore o l’influenza che arriva? 

Di regola, l’influenza inizia col mal di gola, raffreddore e tosse fastidiosa, poi arrivano i dolori muscolari e articolari, la febbre anche alta, mal di testa e un senso di debolezza che dura tipicamente una settimana. In alcuni casi ci possono essere complicazioni anche gravi.

Basta il riposo o ci vogliono medicamenti per mettersi in piedi più velocemente?

Di regola si curano i sintomi con un analgesico, si evitano gli sforzi ed è opportuno idratarsi bene. Gli antibiotici non servono per l’influenza. Ma se dovesse insorgere una polmonite batterica li prescriviamo. Ai pazienti oncologici o immunodepressi è possibile dare un antivirale se arrivano nelle prime 24-48 ore della malattia.

Alcuni si ammalano e altri no: come si può rinforzare il sistema immunitario?

Ci sono tanti prodotti in commercio che hanno lo scopo di rinforzare il sistema immunitario, non si può escludere che diano un leggero aiuto, ma di evidenze scientifiche al riguardo non ce ne sono.

Evitare luoghi affollati, lavarsi le mani spesso  

I virus dell’influenza si trasmettono facilmente attraverso goccioline emesse dalle persone infette, starnutendo, tossendo o parlando. Oppure, indirettamente, attraverso il contatto con oggetti o superfici di uso comune come la maniglia di una porta dove il virus può sopravvivere per qualche ora. La prevenzione migliore resta il vaccino, ma anche sapere cosa evitare. «Semplici misure igieniche sono importanti e raccomandate come lavarsi le mani regolarmente con acqua e sapone, tossire e starnutire in un fazzoletto di carta, stare ad un metro di distanza quando si parla, evitare di dare la mano se possibile», spiega il dottor Enos Bernasconi. L’esperto di malattie infettive precisa che «un adulto infetto è contagioso già dal giorno che precede la comparsa dei sintomi fino a dopo la scomparsa degli stessi».

Chi è davvero influenzato stia a casa

Posti di lavoro comuni, supermercati, cinema e altri luoghi affollati sarebbero da frequentare con misura. «Effettivamente evitare i luoghi affollati diminuisce il rischio di contagio, ma ricordiamo che un’epidemia può durare anche dodici settimane. Sarebbe comunque opportuno che chi è veramente ammalato stia a casa soprattutto per non trasmettere il virus a colleghi», aggiunge il medico.

Mettersi una mascherina durante la fase epidemica può preservare in teoria dal contagio. «Il problema è che le mascherine convenzionali hanno un’efficacia protettiva limitata a un paio d’ore per cui bisogna cambiarle regolarmente. Ciò è difficilmente praticabile al di fuori di ospedali e case di cura», conclude.