Coinvolte oltre venti capanne per sensibilizzare clienti e custodi sull’importanza di una gestione ecosostenibile
«Purtroppo solo con il buonsenso non tutti ci arrivano». E il tema della gestione dei rifiuti – o meglio, della loro non-gestione – può porsi anche in quota. «Il ‘littering’ non è un problema acuto, intendiamoci. Ma diciamo che dove si assiste a un aumento dei passaggi di turisti la questione si pone». Così Marcello Martinoni, coordinatore del progetto ‘Territorio e montagne pulite’ promosso dal Dipartimento del territorio in collaborazione con la Federazione alpinistica ticinese (Fat) e il Cas Ticino, e il sostegno di diversi partner. Un progetto di sensibilizzazione ad ampio raggio voluto per favorire la gestione efficace e lo smaltimento ecosostenibile dei rifiuti nelle capanne ticinesi. Più in generale, per richiamare l’attenzione di chi si reca in quota alla ricerca di natura sull’importanza di rispettare quanto ci regala il territorio. Era davvero necessario? «Margini di miglioramento ci sono, sia per i gestori delle capanne che per i loro clienti» rileva Martinoni a tre anni dall’avvio della campagna. Per quanto concerne i secondi, «non sono senz’altro gli escursionisti abituati a frequentare l’alta quota a dover essere informati sull’argomento. Quanto piuttosto i turisti che raggiungono mete più ‘passe-partout’, come ad esempio le capanne del Tamaro o del Monte Bar. Il problema del littering in questi casi può porsi, così come quello di avere clienti che non hanno idea di cosa significhi gestire una capanna». Perché per andare in montagna è necessaria una buona preparazione, che inizia col decidere cosa infilare nel sacco. La bottiglia di vetro, tanto per fare un esempio, alla quarta ora di traversata sotto il sole cocente tra Tamaro e Lema può trasformarsi in quei grammi di troppo che la fatica invoglia ad abbandonare sul sentiero... Da qui il messaggio ‘Grazie per portare a casa i tuoi rifiuti’, slogan che campeggia al centro dei poster e dei cartelli appesi tra l’altro nelle 21 capanne aderenti a ‘Territorio e montagne pulite’ (www.montagnepulite.ch).
È una delle azioni sul campo: giovedì riferivamo degli ambasciatori di Igsu (Gruppo d’interesse per un ambiente pulito), presenti sui valichi del San Gottardo e del San Bernardino per sensibilizzare chi staziona per un picnic a lasciare il posto come lo ha trovato. Sforzi tesi ad informare chi si reca in quota a riflettere sulla propria “impronta ecologica”, concetto decisamente... calzante. Le regole d’oro? “In montagna non lascio traccia”; “nella capanna sono un ospite e posso anche dare una mano”; “nascondere i rifiuti sotto i sassi non li fa sparire”; “se fumo, non getto il mozzicone nella natura, basta organizzarsi”. «Dove si sono attivati i gestori delle capanne abbiamo degli ottimi ‘feedback’ – valuta Martinoni a mò di bilancio –. Sul ‘progetto sherpa’ i frequentatori sono molto entusiasti e, oltre a sentirsi utili, imparano molto». In pratica chi lo desidera può proporsi per riportare a valle i rifiuti dalla capanna, partecipando anche a un concorso. Ma soprattutto alleggerendo i depositi del rifugio, che il più delle volte necessitano di essere svuotati tramite voli di elicottero. «Noi ci rivolgiamo però anche ai gestori stessi delle capanne: sono tutti molto attenti, ma miglioramenti sono sempre attuabili – aggiunge ancora Martinoni –. Tra le capanne aderenti al progetto favoriamo insomma lo scambio di “buone pratiche”, affinché dalle esperienze altrui si possano cogliere consigli e spunti». Ad esempio? «Un grosso capitolo è quello delle acque luride, sulla cui composizione intervengono i prodotti di pulizia, che devono avere il minor impatto ambientale possibile». La stessa indicazione vale, ovviamente, per chi prevede di pernottare. «La maggioranza dei visitatori ignora il fatto che a fine stagione ciò che finisce nella fossa settica sarà poi smaltito nei prati adiacenti la capanna. Se utilizzo prodotti per l’igiene qualsiasi, o utilizzo i gabinetti come cestini, questi scarti prima o poi finiranno nella terra». E poi nell’erba. E poi nella mucca. E poi nel latte. Perché, per citare un leone, “siamo tutti collegati nel grande cerchio della vita”.