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Sulla Smart ticinese dove ‘qualcuno mi vuole fare la pelle’

I contorni della rissa con omicidio fra due ultras dell’Inter portano nel nostro cantone dove l’utilitaria era stata noleggiata

Gli ultras nerazzurri
(Keystone)
5 settembre 2024
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Era stata noleggiata, per un periodo di una settimana, presso una società a garanzia limitata (Sagl) con sede nel Mendrisiotto, la Smart bianca su cui viaggiavano il pregiudicato Antonio Bellocco e il capo dei tifosi della squadra di calcio dell’Inter Andrea Beretta. Ad avere la peggio, in quella che è stata descritta come una feroce lite, il primo, 36 anni, legato al clan della 'ndrangheta calabrese di Rosarno, ucciso con una coltellata alla gola dal 49enne leader della curva nerazzurra colpito a sua volta da un proiettile alla gamba. Una dinamica che ad ogni modo non appare del tutto chiara agli inquirenti.

L'omicidio è avvenuto nell’hinterland milanese, a Cernusco sul Naviglio, alle porte del capoluogo lombardo e nei dintorni di una palestra, considerata il punto d’incontro dei supporter della Curva Nord. Arrestato con l'accusa anche di detenzione illegale di arma da fuoco, Beretta è stato portato in un primo momento in codice giallo all’Ospedale San Raffaele di Milano dove era piantonato dalla polizia, per poi essere trasferito al carcere di Opera.

Pizzo o regolamento di conti?

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la sera prima del delitto, avvenuto nella mattinata di martedì, Beretta e Bellocco hanno giocato a calcetto insieme ad alcuni amici-rivali milanisti. Nulla, come si suol dire in questi casi, aveva lasciato presagire la tragedia che sarebbe avvenuta l’indomani.

O forse non da quella stessa mano: “Qualcuno mi vuole fare la pelle – sono le parole a freddo pronunciate da Beretta una volta fermato dai Carabinieri e interrogato dai pubblici ministeri Paolo Storari e Sara Ombra – per questo giravo con la pistola”. Così che quando Bellocco lo disarma e comincia a sparargli “ho tirato fuori il coltello e l'ho colpito da 7 a 10 volte”.

E se l’inchiesta sta ora facendo il suo corso, la stampa italiana fa emergere, il giorno seguente, nuovi dettagli sulla tragica lite. Secondo Beretta, infatti, che gestisce a Pioltello in provincia di Milano un negozio di merchandising della Curva nerazzurra, Bellocco avrebbe “preteso la divisione degli utili dello store” fino ad arrivare a minacciare lui e la sua famiglia. Una sorta di regolamento di conti? La richiesta di un pizzo?

Noleggio nei dintorni di Chiasso

Certo è che pare quantomeno insolito o addirittura inusitato che una persona, tanto il leader degli ultras che il pregiudicato, a seconda di chi lo abbia fatto, decida di percorrere diversa strada, oltrepassare il confine con la Svizzera e recarsi, dopo una manciata di chilometri, in una società di autonoleggio momò giusto per affittare per una sola settimana una piccola vettura, per due persone, targata Ticino. Solo nei dintorni di Milano, del resto, senza contare quelle presenti in città, se ne trovano decine.

Una minuscola vettura, ora sotto sequestro, che presenta peraltro la targa anonimizzata. Sul registro della Sezione cantonale della circolazione, aperto al pubblico, e consultabile anche online, la targa risulta ‘schermata’, un diritto riconosciuto dalla legge e che può essere by-passato solo a determinate condizioni contenute nell’articolo 89g della Legge federale sulla circolazione stradale. Ovvero, le autorità cantonali competenti per l’ammissione alla circolazione possono comunicare i dati del detentore e dell’assicurazione alle persone solo in tre casi: che partecipano alla procedura d’ammissione; coinvolte in un incidente stradale; che fanno valere per scritto un interesse sufficiente in vista di un procedimento.

Informazioni transfrontaliere

Esperienza in questo campo l'ha guadagnata nei vent’anni che ha diretto il Centro di cooperazione di polizia e di dogana di Chiasso Christophe Cerinotti. Da lui, che ha passato il testimone da oltre un anno e mezzo, raccogliamo alcune considerazioni generali: «Il nostro era in questo senso un lavoro quotidiano. Quando le autorità inquirenti italiane necessitavano di un supporto dopo il fermo di una persona con documenti svizzeri o di una vettura con targhe ticinesi o di un altro cantone ci contattavano o ci inviavano una richiesta per conoscere le generalità della persona o la proprietà dell'auto o del veicolo, così come se fossero stati noleggiati o rubati, tanto da definire eventuali vittime di reato o complici. Lo stesso potevamo fare noi con loro. Posso dire che siamo stati molto sollecitati in questo e che diverse sono state le casistiche».

Del resto sta proprio qui l’anima del Centro chiassese di cooperazione chiamato a interfacciare la Svizzera con Italia e viceversa, con gli stessi compiti attuati a Ginevra dalla sede che collega nella comunicazione di polizia e di confine la Svizzera con la Francia.