La ‘mostra di ricerca’ su Depero e Clavel a Chiasso ci racconta un po' dei nostri tempi, anche grazie a del materiale inedito
Forme, colori, matericità. C‘è tutta la forza vitale del Futurismo in quell’inconsueta opera d'arte di stoffa che cattura subito lo sguardo del visitatore, lì nell'atrio del m.a.x. museo di Chiasso. È la ’Danza di diavoli‘ che racconta molto della percorso personale e artistico del roveretano Fortunato Depero (1892-1960) e del suo sodalizio con l'intellettuale svizzero Gilbert Clavel (1883-1927). Decidere di aprire (e chiudere) così, con un arazzo, la mostra che sino al 7 aprile prossimo accende i riflettori sulla loro collaborazione creativa, del resto, è parte di una scelta precisa. Perché dietro a quelle opere vi è la storia di un insuccesso trasformato in una vera intuizione (anche imprenditoriale). E c’è pure un insegnamento; che pure nei periodi più infausti - questi testimoni del loro tempo si sono ritrovati stretti d'assedio, da una parte gli echi della Grande guerra, dall'altra il ventennio fascista - l'arte rappresenta una luce di speranza nel buio.
Il progetto di realizzare dei ballerini-marionetta per un balletto russo in cartellone a Parigi, il ‘Canto dell’usignolo’, su musiche di Stravinskij, naufraga, sullo sfondo la guerra, gettando nello sconforto Depero. Ma non tutto è perduto. Ed è Clavel a suggerire all'amico una via d'uscita. In effetti, come ci spiega la direttrice Nicoletta Ossanna Cavadini, curatrice con Luigi Sansone della mostra, lo studioso svizzero consiglia «di non gettare quei pannolenci coloratissimi giunti dalla Spagna e con cui immaginava di vestire i suoi automi». E allora perché non scucire gli abiti e riutilizzare altresì i rotoli avanzati. «Così attraverso il disegno di mascherine, si mette al lavoro, grazie al supporto della sua compagna, Rosetta Amadori, che con le sue mani cuce con punti sottilissimi i panni. L'intento, realizzare questi quadri arazzi per elementi parietali con colori fortissimi e con modalità compositive tipiche del futurismo».
Nasce in questo modo la ‘Danza di diavoli’. «Lo crea pensando al ‘Cabaret del Diavolo’ di Roma – inaugurato il 19 aprile del 1922, ndr –. In quegli anni i futuristi concepiscono l’arte totale: locali dove declamano le loro poesie, parole in libertà, musica, danza e momenti di incontro. Luoghi volutamente immersivi, diremmo oggi, ovvero decorati, colorati e con degli arredi fatti appositamente, per restituire un clima di sogno, evasione, ‘magico’», ripercorre la direttrice. E queste tarsie in panno magiche lo sono per davvero. Tornato nella sua Rovereto (in Trentino) negli anni Venti, Depero, che porta con sé l'esperienza trascorsa nella colonia di Artopoli a Capri e Anacapri, sviluppa l'intuizione dell'arazzo, «che piacerà moltissimo», ci fa notare Nicoletta Ossanna Cavadini.
Ed è qui che si tuffa in una nuova avventura: aprire una tessitura con la compagna Rosetta e altre donne del posto. La missione futurista? Realizzare delle tarsie «per la casa moderna». Di fatto con i loro 12 metri quadrati a tutta parete rappresentano un vero inno a una abitazione che abbia «anche modalità di arredo e decoro moderni, molto colorati e diversi dalla tradizione». Ecco che questi arazzi entrano nei salotti culturali futuristi di Milano, che lo aiutano a commercializzarli. Atmosfere che parlano dalle foto d'epoca che occhieggiano dall’esposizione.
Depero, insomma, vuole mandare in soffitta i tappeti persiani, per fare largo a un nuovo stile che si proietta nel mondo del futuro. La parola chiave, richiama la curatrice, è innovare, «nelle arti come nel modo dell'abitare, che diventa più creativo in una casa che ha moti colori ed elementi anche ludici, piacevoli. Nello stesso pannolenci realizzerà anche dei cuscini da mettere sui sofà». Ci troviamo, annota ancora Ossanna Cavadini, di fronte a una visione antesignana del design, nella quale tutti gli oggetti, anche queli dell'uso quotidiano come l'abbigliamento, possiedono un carattere. «Gli stessi futuristi per distinguersi indossavano il panciotto (non gilet, niente vocaboli esterofili, ndr) di pannolenci, pure coloratissimo». E la mostra qui agli amanti dei dettali d'arte propone il panciotto di Filippo Tommaso Marinetti: «Per l'epoca anche questo – ci ricorda la direttrice del museo – era innovativo, come il farfallino utilizzato al posto della cravatta».
Una volta di più il viaggio tra le oltre 200 opere proposto dal m.a.x. museo sa sorprendere e andare al di là di una semplice esposizione di tele o documenti. Anzi, nel rileggere le vite e il lavoro di Depero e Clavel e nel farci riscoprire - va detto - un movimento come il Futurismo, i curatori si sono avventurati in una vera e propria indagine conoscitiva; che ha riservato persino qualche sorpresa. «In effetti – ci conferma Nicoletta Ossanna Cavadini – questa è una mostra di ricerca», come testimoniano pure le frasi tratte dallo scambio epistolare intercorso tra i due intellettuali e che accompagnano le diverse sale. Una ricerca che si addentra tra scritti, schizzi e le invenzioni del teatro plastico, e che si imbatte anche in inediti, come le foto vintage. «Lì abbiamo vissuto un momento davvero particolare – ci svela la direttrice –: sono state trovate nella Torre di Clavel e fanno parte del momento significativo dell'incontro tra Clavel e Depero.
Nella libreria della Torre a Positano c’è infatti un sécretaire che custodiva i libri messi all'indice. «Dopo il 1922 si stringono i controlli e Clavel nasconde anche i disegni di Depero, in particolare le illustrazioni del suo libro ’Un istituto per suicidi‘. Testimonianze – annota la curatrice – ritrovate negli anni Novanta e portate al Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Durante le ricerche per la mostra ci sembrava strano ci fossero, però, solo dei disegni. Quindi parlando a lungo con il guardiano della Torre, mi sono informata sull'esistenza di altro materiale. E a quel punto è emerso che c'era eccome, nell’archivio privato della famiglia a Roma. Ed è cominciata la pista di ricerca che ci ha condotto a delle cassette. Al loro interno c'erano delle foto vintage, plastici, taccuini di Fortunato Depero con suoi schizzi e appunti, e fogli sparsi di Clavel, suo mentore. Ciò che ha permesso a questa esposizione di avere dei documenti inediti, che al termine verranno dati in comodato d'uso al Mart. È bello che si arricchisca la conoscenza di Depero grazie alla ’pista svizzera'».
Arriviamo anche noi in fondo a questo viaggio d'arte e ci ritroviamo a chiudere il cerchio davanti al secondo arazzo in mostra, datato 1923. Ci compare ‘Lizzana’, con il suo campanile ma le forme e i colori di Positano. Del resto, proprio gli anni di Artopoli e il rapporto con Clavel, chiosa Nicoletta Ossanna Cavadini, «sono stati fondanti per tutto quello che sarà il Depero che conosciamo». Anche questa volta ci lasciamo alle spalle il museo con la consapevolezza di saperne di più sul Futurismo e su due figure straordinarie; e che ci dicono molto anche sui tempi che stiamo vivendo.