Gli Uffici federali dell'ambiente e dello sviluppo territoriale sollevano delle riserve sul progetto di una corsia autostradale per i mezzi pesanti
Sulla corsia dei Tir lungo l'A2 ormai si è allo scontro, e a suon di botta e risposta. Su un fronte c’è l'Ustra, l'Ufficio federale delle strade, che tira dritto e considera la nuova area di dosaggio fra Coldrerio e Balerna “l’unica variante possibile”. Sull’altro chi si oppone (in testa i sei Comuni) e contesta il progetto dalla prima all’ultima riga. Ora però, tra lo scambio di un allegato e l’altro, in questi mesi a lanciare una luce diversa e con evidenti punte critiche sul dossier sono due Servizi federali, ovvero l’Ufam, l’Ufficio federale dell’ambiente, e l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (Are). I nodi venuti al pettine durante la procedura ricorsuale? Essenzialmente due: la mancanza di un Esame di impatto ambientale - che Ustra non ha ritenuto necessario vista la tipologia di intervento - e, di fatto, una motivazione troppo debole a favore del parcheggio per i mezzi pesanti a fianco della corsia di emergenza dell’autostrada. Quanto basta per “consigliare” a chi firma l’operazione di colmare le lacune.
Di rado due ‘contendenti’ sono rimasti tanto granitici sulle loro posizioni. Del resto, mai come in questa occasione un progetto ha saputo catalizzare un moto contrario che attraversa le istituzioni locali (con i Municipi di Balerna, Chiasso, Coldrerio, Mendrisio, Novazzano e Stabio anche la Commissione regionale dei trasporti, Crtm), la politica e l’opinione pubblica. Nessuno vuole avere fino a 130 camion diretti a sud in sosta, in attesa di sbrigare le pratiche doganali a Brogeda. Non a caso sul tavolo di Berna sono giunte undici opposizioni. Di controcanto, nel batti e ribatti di prassi delle osservazioni ecco che l’Ustra non perde un’occasione per difendere la corsia messa in cantiere da qui al 2028, e che ribadisce essere “utile e necessaria”. Tanto da essere pronto a investirvi quasi 20 milioni di franchi nell’ambito di un’opera di manutenzione e rinnovo (così come la definisce l’Ustra) della tratta che globalmente comporta una spesa di oltre 55 milioni.
Sta di fatto che anche agli occhi dell’Ufam il progetto avrà un impatto ambientale di “non poco conto”, a fronte altresì della durata del cantiere, tre anni. Come dire che vi sarà una ricaduta superiore a quella indicata da Ustra. Ecco che a suo dire sarebbe opportuno, dunque, andare più al fondo di ciò che comporta realizzare le numerose strutture previste. Infrastrutture che prospettano, come si rilevava già a inizio anno in una missiva dell’Ufam, un impatto sul paesaggio, un maggiore utilizzo del suolo, oltre all’occupazione di superfici agricole e interventi in prossimità di biotopi e del corridoio faunistico di importanza regionale, senza trascurare il Parco della Valle della Motta. In ogni caso per poter dare “un parere dettagliato e definitivo” servono più informazioni, e l’Ufficio federale delle strade, fa notare l’Ufam, “non ha fornito tutti i documenti richiesti dal Cantone”, il che, si precisa, rende “giustificate” le sue riserve.
C’è, però, un altro punto dolente dell’incarto e che l’Are non manca di far notare. Ovvero l’analisi di tutte le opzioni possibili sul campo autostradale, e fuori. Una strada che gli stessi Comuni, nel perorare la loro causa e avversare in veste formale (un anno fa) la corsia dei Tir, avevano chiesto di battere, facendo leva sull’aspetto pianificatorio e la necessità di “verificare se sono disponibili altri luoghi più idonei”. In effetti, concede l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale, una soluzione come quella proposta da Ustra, dal punto di vista prettamente pianificatorio risulta essere “in linea di principio valida e sensata, in quanto comporta un utilizzo di superfici e un impatto ambientale molto modesti”. Ma ciò non basta: si ritiene infatti che “l’analisi di possibili alternative effettuata sia eccessivamente leggera e adempia solo parzialmente alle esigenze” normative ancorate all’Ordinanza sulla pianificazione del territorio.
In effetti, un’altra variante rispetto alla corsia sull’A2 è stata indagata. Ma così come è stata presa in considerazione è stata anche scartata da Ustra. Difficile, ora affermare, quale delle due, messe su un piatto della bilancia, pendano più a favore del territorio del Distretto. A dire di più sulla seconda opzione messa sul tavolo per risolvere il problema della sosta dei veicoli pesanti sull’autostrada è lo stesso Ufficio federale delle strade in una sua presa di posizione successiva all’opposizione dei Comuni e che appare più incline a comprendere le resistenze della popolazione che quelle delle autorità locali. L’unica alternativa possibile valutata da Ustra è un’area di dosaggio esterna all’A2 e posta in una superficie di 16mila metri quadri in località Lündria, sul territorio di Novazzano. Una risposta che per i tecnici dell’Ufficio, come si legge nel documento, “non appare più favorevole dal profilo ambientale, anche considerando che il fondo è situato nelle immediate vicinanze di insediamenti abitativi e oltretutto si trova in zona Sac (Superficie di avvicendamento colturale), mentre l’area interessata dalla creazione della nuova corsia è un’area residua non sfruttabile a nessun titolo”. In altre parole, nel cambio si andrebbe a incidere maggiormente sull’uso e gli effetti sul suolo.
Sta di fatto che secondo l’Are il rapporto tecnico allegato al dossier Ustra, e che fa rifermento a uno studio del 2012 condotto a livello nazionale, è troppo sommario. In più “le argomentazioni pro e contro le due alternative studiate avrebbero dovuto essere approfondite maggiormente con l’aiuto di valutazioni qualitative e quantitative”. D’altro canto, si ribadisce, il documento del 2012 “non impone la realizzazione della corsia di sosta dei veicoli pesanti, ma sembra piuttosto sostenere che sia ipotizzabile prendere in considerazione anche altre possibili soluzioni al di fuori del sedime autostradale tra Bellinzona e Coldrerio”.
Ecco che le ragioni portate da Ustra sulla mancanza di opzioni esterne all’A2 vengono definite scarne e lacunose. Di conseguenza, in assenza di dati più concreti - in particolare con un occhio alla tratta Rivera-Chiasso e agli svincoli esistenti e futuri, come quello di Sigirino -, l’Are ribadisce di non poter né confermare, né smentire le valutazioni di Ustra. La raccomandazione dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale, a questo punto, è chiara: l’Ufficio federale delle strade dovrebbe “completare il dossier con argomentazioni puntuali su tutte le alternative e varianti vagliate lungo il tracciato Bellinzona-Chiasso”, mettendo in risalto ciò che ha convinto a escluderle. E ciò a maggior ragione visto che a supporto dell’area di dosaggio si rivendica un “interesse pubblico preponderante”.
Una cosa è certa, per difendere l'interesse della popolazione, se sarà il caso Comuni e Crtm sono pronti, come ci ha detto a suo tempo il presidente della Commissione Andrea Rigamonti, ad andare a bussare anche al Tribunale amministrativo federale.