Tre anni di lavoro e mezzo milione di franchi per la realizzazione di opere architettoniche volte a migliorare la qualità di vita delle persone anziane
A Monte, frazione di Castel San Pietro, c’è un progetto che ha l’ambizione di migliorare la qualità di vita delle persone anziane che tuttora vivono in località discoste. Un’esperienza sulla quale sabato si sono accesi i riflettori, inaugurando i vari interventi realizzati sin qui con un investimento di mezzo milione di franchi. Con il tempo il progetto è diventato, infatti, un modello di sviluppo sostenibile riconosciuto dall’Ufficio federale dello sviluppo territoriale e da altri otto Uffici federali. Il Progetto Monte ha assunto nel corso della sua evoluzione un carattere intergenerazionale. In effetti, attraverso gli scambi tra le generazioni si possono creare i legami sociali fondamentali per invitare anche giovani famiglie e non a ripopolare i piccoli villaggi delle nostre valli.
Iniziata come operazione prettamente architettonica, realizzata dallo Studioser di Rina Rolli e Tiziano Schürch di Zurigo, questo ‘esperimento’ ha generato un dinamismo sociale che ha portato al lancio di iniziative locali nell’ambito giovanile con Pro Juventute e di promozione della salute con l’Associazione per l’assistenza e la cura a domicilio del Mendrisiotto e Basso Ceresio. Inoltre, si è arrivati a riaprire il preasilo dedicato alla prima infanzia grazie all’Associazione Progetto Genitori, si è avviata la formazione di tutor di comunità con il laboratorio Liss, e si sono attivati progetti scolastici con il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport e la Summer School di architettura. Risultati presentati con orgoglio dal Municipio guidato dalla sindaca di Castel San Pietro Alessia Ponti nel corso di una cerimonia ufficiale che ha visto intervenire il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, la responsabile federale del Programma progetti modello Sviluppo sostenibile del territorio Melanie Gicquel, gli architetti Rina Rolli e Tiziano Schürch dello Studioser e l’ex consigliere nazionale Meinrado Robbiani.
Durante la giornata di festa è stata così offerta alla popolazione la possibilità di partecipare a visite guidate ai lavori, realizzati nell’arco di tre anni. A fare da ciceroni un architetto e un abitante di Monte, che ha regalato anche aneddoti sulla frazione. Punto di ritrovo e partenza dell’itinerario è stata ‘La Butega da Munt’, gestita da volontari e non, e considerata il vero e proprio cuore pulsante del paese. Illustra un’abitante: «Questa è la vera piazza del paese, sin da quando ero bambina. È sempre stato qui il luogo di ritrovo per grandi e piccini, pure di sera. Mentre si giocava sulla strada, le donne facevano la maglia». I visitatori hanno potuto poi curiosare in un piccolo mercatino con prodotti tipici della valle, ascoltare musica e conoscere l’esposizione di filmati allestita nella sala della Casa comunale e dedicata al progetto e ai lavori della Summer School, a cui hanno partecipato architetti di diverse nazionalità e università, tra cui l’Accademia di Mendrisio, il Politecnico di Zurigo e di Barcellona.
Altro interessante tocco di originalità è il logo del Progetto Monte, realizzato da Gwen Togni, e presente sul sacchetto portabiglie regalato ai partecipanti su cui sono rappresentate due montagne da cui rotolano delle biglie e che rappresentano l’elemento giocoso del paese. Altra visione è quella dell’adulto e il bambino che si osservano e interagiscono tra loro, simboleggiando l’intergenerazionalità. Perché proprio delle biglie? Lo ha spiegato Rina Rolli: «Durante la ricerca che abbiamo fatto per il progetto, una signora anziana del paese ci ha raccontato che sulla piazza del paese, quella vera sulla strada cantonale, c’erano quattro blocchi in pietra – tuttora visibili – con dei buchi che erano la distanza giusta del baldacchino del Santissimo che si portava in processione un giorno all’anno, nel resto del tempo invece i bambini giocavano con le biglie e le utilizzavano come tana. Da qui l’idea delle biglie. Poi a un certo punto abbiamo pensato anche di integrarle nel corrimano delle scalinate, elemento funzionale per gli anziani e giocoso per i bambini».
Di fatto nel corso dell’esperienza «ci si è domandato cosa volesse dire, come architetti, creare qualcosa che favorisse l’intergenerazionalità – ha fatto notare a ‘laRegione’ Tiziano Schürch –; ed è la multifunzionalità, ovvero il fatto che uno stesso elemento possa essere utilizzato in modo diverso quindi anche da persone diverse e questo è avvenuto in ogni intervento». Altro fondamentale obiettivo del progetto è quello di invitare nuovamente le persone e le giovani famiglie a ripopolare questi paesi, come ha confermato la stessa sindaca di Castello. «Abbiamo visto che ci sono sempre più famiglie che chiedono di vivere in valle, un po’ per il fatto che c’è meno traffico, il ritmo più soft, maggiore senso di collettività e di vicinanza con la popolazione e anche per una questione di affitti».
È l’esempio di una coppia del posto: «La nonna di mio marito è nata qui e sua mamma è stata la prima dispensiera della bottega, che all’epoca era cooperativa, e aveva 15 anni quando l’ha aperta. È davvero bello vedere di nuovo il paese popolato e attivo con tante famiglie giovani. Questo mi fa ricordare quando ci siamo sposati e vivevamo qui con la nostra prima figlia, c’erano 35 abitanti e si diceva ‘Monte va a morire’. Invece adesso sono un centinaio di abitanti e anche noi ci siamo appena ritrasferiti. Insomma, ritorniamo al paese di mio marito, nella casa vicino al luogo dove abitavano i suoi genitori».
Cosa avverrà in futuro? Qui a rispondere è Alessia Ponti. Che ha spiegato: «Adesso ci piacerebbe, visto appunto il successo del progetto e le attestazioni di fiducia e stima che abbiamo ricevuto dalle autorità federali, che si possa andare avanti e magari pian piano aggiungere degli altri tasselli che fanno parte di un progetto più completo».