Via libera dopo ormai tre ore di dibattito al Puc tratteggiato dal Consiglio di Stato per il futuro pianificatorio del comparto
La svolta verde ci sarà. E Valera tornerà a essere un’area agricola, un luogo dove ricaricarsi a due passi da casa e un angolo di natura protetto. Potere di un Puc, un Piano di utilizzazione cantonale, che oggi traduce i vincoli del Piano direttore sul… terreno. Il comparto, con i suoi oltre 160mila metri quadrati nel ‘cuore’ del Distretto, sarà dunque riqualificato. E il Mendrisiotto ringrazia. Del resto, da queste parti ci speravano fin dal 2012. Ovvero da quando 6’850 cittadine e cittadini firmarono la petizione lanciata da Unione contadini, Wwf, Pro Natura e ’Cittadini per il territorio’.
Adesso che sul progetto cala il sigillo (in pratica unanime) del Gran Consiglio, per la regione è una giornata davvero da incorniciare. Certo prima di poter calpestare quella terra passeranno ancora degli anni. Non fosse altro perché i proprietari terrieri della zona (in particolare i due maggiori), con tutta probabilità, si appelleranno alle istanze superiori (anche in questo caso). Sta di fatto, che il voto parlamentare odierno rappresenta, comunque, una pietra miliare (se non addirittura una Prima a livello cantonale). Lo è soprattutto nel segnare il cambiamento di mentalità nel rapporto con l’uso del territorio. Un cambio di passo peraltro codificato, da tempo, oltre che nelle mappe cantonali in una serie di sentenze del Tribunale federale.
Alla fine, dopo un dibattito parlamentare di quasi tre ore (e non tutto in punta di fioretto), erano tutti (o quasi) pro Valera. Eppure all’inizio non sembrava così scontato. Nei corridoi (non solo di Palazzo delle Orsoline) qualche timore sull’esito della votazione c’era. Tagliare il traguardo del Puc, in effetti, non è stato semplice. È costato fatica. E non solo perché ci sono voluti quasi vent’anni, a ben vedere, per ossequiare la volontà popolare. Il rischio di vedere, prima, rinviare un dossier – una «prerogativa» di cui si è avvalso Sebastiano Gaffuri (Plr), unico ‘no’ alla conta finale –, poi rimetterlo in discussione, sull’onda dell’emendamento firmato da Tamara Merlo e Maura Mossi Nembrini. Una postilla a un articolo (il 2) del Decreto legislativo che, accanto al ‘patrimonio’ Valera, sull’altro piatto della bilancia, ci ha messo le attività industriali che saranno espropriate. Quasi a contrapporre il recupero territoriale e ambientale ai posti di lavoro.
Un esercizio «pericoloso», ha reso attenti il granconsigliere socialista Ivo Durisch. A conti fatti (delle mani alzate), la manovra non è riuscita: bocciata al 67 per cento dei parlamentari. Ma qualche breccia – in particolare tra i banchi del Plr – l’ha aperta, facendo affiorare «parecchie riserve», come motivato da Alessandro Cedraschi. Il nodo del contendere? La gestione dei rapporti con il privato e la sottovalutazione dell’impatto di una scelta verde. Una scelta ormai obbligata per i sostenitori del Puc. «Questa – ha sottolineato Daniele Caverzasio (Lega) – è l’occasione per riscrivere il nostro paesaggio».