Licenziata per non aver firmato il contratto, l’ex dipendente di una ditta di Stabio reagisce al licenziamento e fa causa al datore di lavoro
È ‘solo’ una giovane donna. Ma ha dimostrato di avere un grande coraggio. Da sola, messa davanti al Contratto collettivo di lavoro targato (allora) TiSin e promosso da Ticino Manufacturing ha detto di ‘no’. E per tutta riposta ha ricevuto dal suo datore di lavoro, la Tecnomatic di Stabio, la lettera di licenziamento dopo cinque anni di collaborazione. Lei, in effetti, è stata l’unica dipendente dello stabilimento a ribellarsi anche solo all’idea di assoggettarsi a un accordo che, di fatto, aggirava la norma e l’applicazione del salario minimo (oggi un obbligo a tutti gli effetti). E la sua lotta non si è esaurita lì. La disdetta tra le mani, ha deciso infatti di chiedere giustizia, al suo fianco il sindacato Ocst. E ha portato la sua storia davanti alla Pretura di Mendrisio nord. Una vicenda che riaccende i riflettori sulla strategia messa in campo, l’autunno scorso, da un drappello di industrie manifatturiere del Mendrisiotto – oggi all’esame dell’Ispettorato del lavoro –; azione che nei mesi scorsi ha animato di nuovo il dibattito sul salario minimo e il rispetto della legge.
Il primo atto è andato in scena oggi, venerdì, con un tentativo di conciliazione fra le parti. Tentativo, però, naufragato. «In effetti, non si è raggiunto alcun accordo – conferma a ‘laRegione’ il segretario regionale dell’Ocst Giorgio Fonio –. Riteniamo che la controparte non abbia dimostrato l’apertura necessaria, visto la situazione vergognosa in cui si è trovata la lavoratrice. Ci appelleremo a tutte le sedi legali per difenderla da una decisione che, ribadisco, è stata vergognosa». In buona sostanza, ci fanno capire a margine, nell’ora circa di udienza non si è visto alcun reale margine per una trattativa.
Dopo aver rifiutato quel contratto e aver reagito al licenziamento, per l’ex dipendente era difficile accettare una proposta (l’unica) messa sul tavolo dai titolari della Tecnomatic – in aula era presente l’amministratrice unica –, ovvero una somma che non sfiorava nemmeno una mensilità di salario. Da un’azienda leader di settore – quanto a lavorazione meccanica e montaggio di componenti elettrotecnici e termoplastica –, si lascia intendere dagli ambienti sindacali, ci si aspettava ben altro. Da noi interpellato, il legale dell’impresa, l’avvocato Daniele Molteni, ci ha fatto sapere che nel merito non si sarebbe rilasciata alcuna dichiarazione.
Quindi si va avanti?, chiediamo di rimando a Giorgio Fonio. «Certo, andiamo in causa. D’altro canto, ne va del rispetto della dignità di questa giovane donna, umiliata dal suo datore di lavoro».
A livello sindacale pensate che questa storia possa fare scuola? «Si tratta di una vicenda vergognosa – rimarca una volta di più Fonio –. Non dimentichiamo che questa lavoratrice si è vista mettere alla porta solo per non aver acconsentito ad aggirare le norme».
La lavoratrice sa che di coraggio dovrà ancora averne tanto. La strada da qui alla decisione del giudice è ancora lunga, soprattutto ora che ha scelto di procedere e di depositare una azione semplificata in Pretura. Nei prossimi mesi vi sarà lo scambio della documentazione, la presentazione di ulteriori mezzi di prova e l’eventuale citazione di testimoni, passaggio obbligato per giungere, poi, all’udienza vera e propria.
L’ex dipendente, però, non si scoraggia. Il piglio sembra quello di una persona agguerrita. «Agguerrita? Diciamo che sono tranquilla nella mia posizione – risponde a ‘laRegione’ –. Certo sono dispiaciuta per quello che ho vissuto e subìto. Anche oggi in Pretura non è stato un momento facile: ascoltare quella proposta estremamente umiliante. È stato come ricevere una mancia».
La tenacia a questa donna, del resto, non manca. Lo ha testimoniato con il suo agire. Ci vuole coraggio, però, a mettersi contro il proprio datore di lavoro?, le domandiamo. «A volte ci sta – ci dice con semplicità –. È bello poter avere le proprie convinzioni e quando, con quel contratto davanti, ho visto che non rispettava il salario minimo previsto, ho risposto che non avrei firmato».
E quale è stata la reazione dei titolari? «Un giorno di fine novembre ci è stato illustrato il nuovo accordo di TiSin e la giornata successiva sono stata convocata e, davanti alla conferma che non accettavo, poche ore dopo ho ricevuto la lettera di licenziamento».
A quel punto, da ciò che si è compreso oggi, non si è arresa. «No. Ho chiamato subito il sindacato Ocst: quella disdetta era ingiusta». Da quel momento, quindi, si è preparata ad affrontare una causa? «Esatto».