laR+ Mendrisiotto

Rischia il rimpatrio forzato in Etiopia, appello per India

Per la giovane di Morbio Inferiore torna a mobilitarsi la sua docente delle Medie. Presentata un’istanza per un permesso di dimora per caso di rigore

Alla ragazza e alla sua famiglia è stato negato lo statuto di apolide
(Ti-Press)
21 dicembre 2021
|

‘Rimpatrio forzato’. Sono solo due parole ma per India e la sua famiglia oggi suonano quasi come una condanna. Se quelle parole, infatti, saranno tramutate in fatti, la giovane, sua madre Munaja e il fratello maggiore Nur dopo dieci anni trascorsi in Ticino dovranno raccogliere le loro cose e partire con destinazione l’Etiopia, un Paese al quale non sentono di appartenere e in cui si combatte (ancora) anche se Berna lo classifica come ‘sicuro’. Solo un paio di anni fa, era l’ottobre del 2019, avevamo lasciato questa adolescente e le sue amiche ed ex compagne della IVC di Morbio Inferiore con nell’animo la speranza di convincere Berna a staccare un permesso. Una delegazione di studentesse guidata dalla loro prof, Dania Tropea, aveva preso infatti un treno per la capitale, in mano le oltre 2mila firme raccolte a sostegno della ragazza ‘sans papiers’ in poco più di un mese, nel cuore la fiducia nelle istituzioni. Tutto però si è infranto il mese scorso sul ‘no’ delle autorità calato sulla richiesta di riconoscere al nucleo famigliare che risiede a Morbio Inferiore lo statuto di apolide. Una decisione che ha gettato tutti nello sconforto, per prima la docente della Scuola media di Morbio, che ora lancia un nuovo appello rivolto all’Ufficio della migrazione a Bellinzona.

Istanza a Bellinzona, è ‘l’ultima spiaggia’

Questa azione di sostegno già nel corso della giornata di ieri è corsa veloce di bocca in bocca nel Mendrisiotto, suscitando un vero moto di solidarietà (così come era successo nel 2019). E non resterà la sola iniziativa messa in campo a favore di India, oggi diciannovenne, e dei suoi famigliari. La legale che in questi anni ha accompagnato la giovane in questa battaglia che invoca il rispetto dei diritti umani, Immacolata Iglio Rezzonico, sempre ieri ha indirizzato all’Ufficio della migrazione anche un’istanza formale al fine di ottenere il rilascio di un permesso di dimora come caso di rigore. Del resto, di ragioni e di motivazioni a conforto della domanda, ci fa capire la patrocinatrice, davvero non ne mancano; confidando che Bellinzona formuli un preavviso positivo all’indirizzo della Sem, la Segreteria di Stato per la migrazione. In questi anni, infatti, le istituzioni hanno dimostrato una evidente tolleranza nei confronti di India e dei suoi famigliari, dando modo ai ragazzi (arrivati qui da minorenni) di frequentare la scuola e seguire una formazione pur non potendo vivere in modo compiuto - essendo sprovvisti di un permesso -, esiliati fra le quattro mura di casa.

L’avvocato, d’altro canto, non usa giri di parole: questa istanza rappresenta «l’ultima spiaggia». Di fatto quest’ultimo è un tentativo che fa seguito al primo veto definitivo giunto nel 2015 sulla domanda d’asilo e a tutta una serie di istanze di riesame. Se non verrà accolta la richiesta presentata dall’avvocato, infatti, l’ipotesi di un rimpatrio forzato - certo non a brevissimo - incomberà davvero sulla famiglia. Tanto più, fa notare Immacolata Iglio Rezzonico, che la mancata volontà di tornare in quello che viene considerato il Paese di origine - la famiglia è già stata chiamata per verificare le sue intenzioni e redigere un verbale - «per la legge svizzera purtroppo risulta come una non collaborazione con le autorità, e quindi come un possibile motivo per procedere con una carcerazione amministrativa». Ecco che la paura di un rimpatrio si è ingigantita.

‘Si abbia un occhio di riguardo’

Giunti sin qui la legale formula, dunque, un augurio: «Spero - ci dice con una attitudine più positiva del solito - che nella situazione di india e della sua famiglia ci sia un occhio di riguardo e a tutti i livelli: sociale, istituzionale, legale; che ci sia davvero una certa elasticità e ci si chini con coscienza. Insomma, che non ci si limiti allo stretto ambito delle norme ma si guardi anche all’aspetto umano. Una legge che schiaccia l’aspetto umano, del resto, non è più una legge». La sollecitazione della patrocinatrice è chiara: ogni caso andrebbe valutato con attenzione ed empatia.

‘La loro è una non-vita di attesa’

Per Dania Tropea così come per le persone vicine a India l’eventualità di una loro partenza obbligata, in effetti, è difficile da accettare. Come mette nero su bianco nell’appello accorato reso pubblico ieri, la sua allieva ora è “in pericolo“. L’insegnante non si permette “di criticare né di mettere in dubbio alcunché, ci sono leggi e procedure che vanno rispettate e di cui non conosco minimamente la complessità - spiega nel suo scritto -. Di sicuro però qualcosa si è inceppato e India, Munaja e Nur vivono da svariati anni in un limbo, una non-vita di attesa, di incertezza”. E questo dopo essere fuggiti da un luogo sospeso fra Etiopia ed Eritrea. Eppure, certifica ancora, questa famiglia passata dal suo arrivo nel 2012 da Biasca a Cadro a Morbio, ha dimostrato di sapersi integrare nella realtà locale ed è "straordinariamente resiliente e amabile”. Come docente e cittadina da tempo la prof non riesce proprio a mandare giù, dunque, una situazione divenuta "intollerabile”. Difficile per lei nascondere preoccupazione, frustrazione e sdegno per quella che definisce una “tragedia assurda” che si sta consumando in silenzio.

In conclusione per Dania Tropea, che spera in un regalo di Natale, “il nostro Paese, il nostro Cantone, ha i mezzi per ridare umanità a una situazione divenuta disumana: accordare il permesso di dimora, per caso di rigore, a India, alla sua mamma Munaja e a suo fratello Nurhusien. Dare loro la possibilità, finalmente, per cominciare davvero a vivere la vita”. A incrociare le dita sono in tanti.